Storia. 1989, l’invasione di Panama: per gli Usa una “giusta causa”
Nei mesi finali dell’indimenticabile 1989, mentre Gorbacëv ritira le truppe dall’Afghanistan e libera dalla cappa del dominio sovietico i paesi dell’Europa orientale, l’omologo americano, George Bush senior, invia 26.000 soldati del suo esercito a invadere Panama. I militari a stelle e strisce sbarcano sulle coste del Paese centro-americano il 20 dicembre, sostenuti da 300 velivoli dell’aeronautica militare. Il film Il sarto di Panama, girato nel 2001 da John Boorman sulla scorta del romanzo omonimo di John Le Carré, permette di rivivere il momento.
Se il canale di Panama è noto a tutti fin dai banchi di scuola, non altrettanto lo sono le vicende del Paese nel quale si trova. Il piccolo Stato centro- americano, dalla modesta estensione di 75mila kmq e con appena 4 milioni di abitanti, gode di una posizione geografica invidiabile sotto l’aspetto strategico. Situato sull’istmo che collega le due Americhe, quella centrale a quella meridionale, congiunge l’Oceano Atlantico e il Pacifico mediante un canale artificiale progettato nel 1903 e completato nel 1914. Viene realizzato dagli Stati Uniti che hanno sostituito la Colombia nel controllo politico e militare dell’area e si arrogano il diritto di sfruttare il canale a tempo indeterminato. Non si tratta di un brutale dominio coloniale, quanto piuttosto di una forma di Protettorato che vede alternarsi alla guida dello Stato panamense politici locali di dubbia moralità ma fedeli a chi li controlla e ossequienti ai loro interessi.
Infatti nel 1946, in pieno clima di “guerra fredda”, il Paese caraibico viene scelto come sede del Quartier Generale del Comando Sud dell’esercito americano Southcom, e della famigerata Scuola della Americhe. I governi locali non riescono a esercitare alcuna forma di controllo sulla gestione del canale almeno fino agli anni Sessanta, quando, sull’onda dei movimenti di liberazione anticoloniali, scoppiano rivolte che rivendicano la sovranità panamense sul canale stesso. Ma dovranno passare ancora diversi anni prima che ciò si realizzi.
La Scuola a cui abbiamo accennato viene creata dal governo statunitense nell’ambito della Dottrina di Sicurezza Nazionale. Si tratta di un centro di formazione e addestramento militare finalizzato a ostacolare la penetrazione del comunismo nel “cortile di casa” degli Usa e a contrastare i gruppi rivoluzionari, molto attivi nelle Americhe dopo l’insurrezione cubana. Dal 1946 al 1984 a Panama si diplomano più di 60.000 militari e poliziotti di 23 Paesi dell’America Latina. Alcuni di loro sono diventati tristemente famosi per il contrasto senza quartiere alle agitazioni contadine, operaie e studentesche, come i generali Leopoldo Galtieri e Manuel Noriega che si renderanno responsabili di crimini contro l’umanità. Quest’ultimo ci interessa particolarmente perché lo troveremo Presidente della Repubblica al momento dell’invasione del 1989. Fino a qualche anno prima era un ufficiale addetto alla sicurezza, al servizio del Presidente Omar Torrijos che negli anni Sessanta sarà il primo politico panamense a rivendicare maggiore autonomia dagli Usa. Noriega studia presso la Scuola delle Americhe e si dedica al controspionaggio all’epoca in cui proprio Bush senior è a capo della Cia. Gode di un salario medio di 100 mila dollari l’anno che già allora arrotonda, incontrastato, con i lauti proventi della droga.
Torrijos, che governa Panama dal 1972 al 1978, è il Presidente più stimato del Paese per aver indotto Jimmy Carter a sottoscrivere nel 1977 un trattato in base al quale il canale e la sua gestione potranno tornare ai legittimi proprietari nel 1999. Vent’anni sono lunghi da passare ma il popolo appoggia il Presidente che promuove anche la tutela dei diritti umani e apre il paese a rifugiati di ogni appartenenza politica. Torrijos morirà in un incidente aereo il 31 luglio 1981.
Pochi anni dopo, al suo posto troveremo il generale Noriega che non ha alcuna delle doti del predecessore. Di scarsa esperienza politica, esordisce con un maldestro tentativo di coinvolgere i giapponesi negli affari del canale, provocando le furie dell’amministrazione Reagan e delle aziende Usa che hanno investito copiosamente nel settore e hanno mal tollerato le promesse di Carter. Si consideri che dal canale transita il 60% delle merci da e per gli Stati Uniti.
Noriega rientra nei ranghi e li appoggia per i rifornimenti clandestini di armi alle milizie dei Contras che si oppongono ferocemente al governo sandinista del Nicaragua. L’importanza del suo ruolo viene alla ribalta nel 1986 in occasione dell’Affair Iran-Contras che rivela un traffico illegale di ordigni bellici tra gli Stati Uniti di Reagan e l’Iran di Khomeini, su cui vige l’embargo del Congresso americano. Il ricavato della vendita passa dagli ayatollah ai Contras con la mediazione del Presidente panamense. A questo punto lo stesso, già noto per i suoi servizi alla Cia, diventa ingombrante per gli Usa che, non potendo più ignorare il suo coinvolgimento nel traffico di stupefacenti e nel riciclaggio di denaro sporco, cercano di sostituirlo nel governo di Panama mediante inchieste giudiziarie a suo carico promosse dallo Stato della Florida. Noriega riesce a sottrarsi all’arresto, ma, per garantire maggiore autonomia al Paese, irrita ulteriormente il governo Usa allontanando dal suolo panamense la Scuola delle Americhe. George Bush senior, succeduto a Reagan, dopo aver tentato invano di rimuovere Noriega con un colpo di Stato, decide di invadere Panama. Qualche anno prima, nell’ottobre 1983, gli Usa avevano soffocato con le armi il tentativo di instaurare un governo socialista nell’isola caraibica di Grenada, non tollerando che dopo Cuba e il Nicaragua, anch’essa uscisse dall’orbita del capitalismo.
Riteniamo che avendo ormai metabolizzato la sconfitta del 1975 in Vietnam, gli Usa intendano ribadire con forza la loro vocazione imperiale. Mentre a Grenada sono sufficienti 1500 marines per riportare all’ordine gli insorti, l’operazione panamense per eliminare Noriega richiederà un impegno militare più corposo. Infatti, il 20 dicembre 1989 gli Stati Uniti invadono Panama con aerei, carri armati e diverse migliaia di uomini, dando il via all’operazione Just Cause. Vengono bombardati luoghi strategici, infrastrutture e l’aeroporto civile. Difficile il bilancio di morti e feriti in quanto non è stato permesso ad alcun giornalista di entrare nella zona di combattimento. La stima oscilla da 500 a circa 3.000 civili uccisi, assieme a poche decine di militari da una parte e dall’altra, mentre si contano circa ventimila senza tetto in seguito a bombardamenti indiscriminati anche sulle abitazioni civili. Noriega viene catturato e resterà in carcere per molti anni, sostituito al governo da un politico locale più accomodante.
Il 22 dicembre 1989 l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) deplora l’invasione, chiede il ritiro delle truppe statunitensi e approva una risoluzione di condanna per la violazione dello status diplomatico dell’Ambasciata del Nicaragua a Panama da parte delle forze speciali Usa. Nulla da fare. Il 23 dicembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite respinge la richiesta del ritiro immediato delle forze statunitensi presentato da sette nazioni. La bozza viene bloccata da tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Francia e Regno Unito), che rivendicano il diritto di autodifesa degli americani presenti nella Zona del canale di Panama. In segno di protesta per l’invasione il Perù richiama il suo ambasciatore negli Stati Uniti.
Agli inizi del Duemila la gestione del canale torna ai panamensi. Nel 2007, l’Assemblea Legislativa di Panama stabilisce che ogni 20 dicembre, data dell’invasione, venga celebrata una giornata di lutto nazionale.
Antonio Mazzoni
3/12/2024 https://www.ilmanifestoinrete.it/
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