Storia come ricerca
Premesse
Lo scorso anno insieme alla collega di classe ho partecipato a una esperienza promossa dell’Indire sulla didattica della storia. Facevamo parte di un gruppo di ricerca verticale che ha prodotto esperienze per valorizzare la didattica laboratoriale facendo uso di fonti documentarie, il nostro impegno era con il primo ciclo. Non si tratta di una cosa nuova, ma nuova è la volontà di trovare all’interno del tempi scolastici sempre più limitati riservati alla storia un ambito specifico dedicato al laboratorio, cioè a mettere in condizione gli allievi e le allieve di lavorare direttamente nell’analisi e nell’interpretazione delle fonti. Mentre nello studio di quella che viene chiamata “storia generale” la fonte documentaria viene presentata solo come illustrazione di un processo interpretativo che è già stato compiuto dallo storico, nel laboratorio la fonte viene letta e interpretata direttamente dallo studente, rendendolo attivo secondo modalità che ricalcano quelle messe al lavoro dallo storico. Nell’esperienza di laboratorio i bambini sono posti di fronte ai documenti con il solo ausilio di una scheda di lettura fornita dagli insegnanti che suggerisce le principali domande da porre alla fonte: quando è stato prodotta, da chi, con che intento, se è affidabile.
Nella lettura laboratoriale delle fonti le inferenze dei bambini non vanno valutate se giuste o sbagliate ma se coerenti logicamente con il retroterra culturale posseduto dai bambini, quindi ogni interpretazione di una fonte va letta e valorizzata non per quanto ci dice su quel reale fatto storico ma per i processi cognitivi che mostra di avere attivato. Ciò che si valorizza nel laboratorio è la messa al lavoro storiografico del bambino e della bambina, non la produzione di contenuti storiografici (fino ad apprezzare l’inferenza sbagliata ma logicamente coerente con le premesse conosciute dal bambino, situazione che accade quotidianamente al ricercatore che affina le sue ipotesi progressivamente, e che al contrario tendenzialmente non viene tollerata nel lavoro in classe).
Fino a prima della sospensione delle attività didattiche quindi il lavoro sulle fonti per una quarta e quinta della scuola primaria poteva consistere nell’analisi di cartoline degli anni Settanta del Novecento, di testi prodotti da bambini a scuola negli anni Cinquanta, poteva concentrarsi sull’analisi di fumetti degli anni Trenta e sul confronto con i fumetti contemporanei, poteva prendere in considerazione un vecchio telefono fisso con il disco rotella. Oggi, a un mese dalla sospensione dell’attività didattica per l’epidemia di coronavirus, quelle esperienze sono state interrotte. Attualmente la pratica nella scuola distanza ci impone prima di tutto di mantenere un collegamento con i bambini e le famiglie, di sostenerli emotivamente, di organizzare pratiche comunicative e didattiche plurali in modo da cercare di raggiungere più bambini e più famiglie possibili e di proporre attività che non aggravino situazioni familiari già messe a dura prova.
In questo contesto fortemente problematico è possibile utilizzare la materia Storia come occasione di comunicazione didattica? Non è un problema trascurabile; mentre materie come la matematica e la comprensione del testo sono state fortemente valorizzate negli ultimi quindici anni per effetto dei test Invalsi, materie come la storia, la geografia e le educazioni hanno subito una perdita di status che induce spesso gli insegnanti a trascurarle, e quindi a non tenerle in considerazione come contenuti con cui operare prioritariamente in questa occasione di emergenza. Eppure anche la storia si può prestare per attività di questo tipo.
Prima di passare a formulare degli esempi, facciamo un’ultima premessa generale: a distanza e con allievi di questa età la cosa più complessa da fare è introdurre nuovi argomenti. In storia il predominio della cosiddetta “storia generale” strutturata sull’età antica fa sì che gli insegnanti vedano come impegno principale la spiegazione delle civiltà previste dal sussidiario, e tendenzialmente ritengano quindi indispensabile riprodurre a distanza situazioni di didattica frontale in cui avanzare con il “prossimo capitolo”, la “prossima civiltà”.
In realtà da anni le Indicazioni lasciano ai docenti la libertà di declinare il lavoro didattico scegliendo i contenuti, e nulla più del contesto di emergenza in cui si troviamo ci invita a tenere conto di ciò. Il digital divide, l’età dei bambini e le problematiche in casa nello stare al loro fianco mentre si collegano al computer, le difficoltà nel presentare un argomento ex-novo e nel risolvere i dubbi a distanza senza avere il contatto fisico con i corpi e le menti dei bambini, fanno sì che non sia la strada più facile procedere in questa direzione. Molto meglio quindi dapprima concentrare le proposte su argomenti già insegnati per lavorare secondo tre direttrici: il ripasso e la verifica delle comprensioni, la produzione di piccoli lavori di ricerca utilizzando il web, la proposta di esperienze concrete tra la storia e scienze-tecnologia da riprodurre a casa. Vediamone degli esempi, ipotizzando una quarta classe che abbia già affrontato a scuola nei mesi scorsi lo studio della civiltà egizia.
a. Ripassare attraverso le fonti
Come accennato, l’uso delle fonti in classe tendenzialmente serve a confermare una tesi già presente nella narrazione del sussidiario. In questo modo, ovviamente, vengono scelte le fotografie e vengono prodotti i disegni inclusi nei sussidiari. Eppure se usciamo dal contesto predeterminato rigidamente (la tesi sostenuta e la fonte documentaria esemplificativa) entriamo nel campo della storia come ricerca, dei documenti come ricchi contenitori di informazioni. Questa forzata interruzione della scuola in presenza e delle programmazioni già formulate può essere occasione per mettere al lavoro bambine e bambini direttamente sulle fonti. Prima di tutto le fonti materiali, archeologiche. Abbiamo belle raccolte di materiali egizi tra la documentazione disponibile nei siti dei musei e questi preziosi oggetti possono venire presentati agli alunni chiedendone una lettura che non sia al servizio di una narrazione predeterminata. Avere già presentato il quadro socio-storico cui si riferiscono i documenti ha il vantaggio di chiedere la descrizione e le inferenza a chi ha già una idea generale del contesto in cui quei materiali furono prodotti e utilizzati; solitamente questa richiesta di lavorare su fonti dalla lettura non predeterminata produce inferenze interessanti per chi insegna, permette di rendersi conto di quanto del percorso di studio è divenuto abilità acquisita (o competenza) e quanto invece rimane conoscenza difficilmente trasferibile in un diverso contesto. Inoltre solitamente le bambine e i bambini che lavorano direttamente sui documenti sono capaci di formulare inferenze interessanti e inaspettate, ricordandoci quanto ricco è il campo delle informazioni e delle ipotesi che si possono trarre da uno stesso documento.
b. Ricercare le fonti nel web
Abbiamo già detto che il web è pieno di fonti documentarie, in gran parte riproduzioni fotografiche dei patrimoni conservati nei musei (per l’antico Egitto questa ricchezza dei musei europei è anche la misura della spoliazione perpetrata dai tempi di Napoleone al processo di decolonizzazione). Questi mesi di “strana scuola” stanno diventando per forza di cose una esperienza accelerata di contatto con la rete e le sue possibilità, dalle più frivole alle più preziose, sia per i docenti che per gli allievi. è quindi il momento giusto per ridare forza alla didattica della storia come ricerca, mettendo i ragazzi alla caccia dei siti dei musei che hanno patrimoni egizi, per fargli cercare le riproduzioni, scaricarle, utilizzarle per approfondire aspetti particolari della civiltà già studiata per linee generali. Da insegnanti si possono suggerire i temi: la scrittura, la navigazione, la religione, la sepoltura, l’agricoltura… e si può agevolare lo scambio delle fonti tra i bambini nel corso della ricerca. Il percorso sarà anche occasione per insegnare a citare almeno il museo in cui il reperto è conservato e per mostrare che spesso le fonti migrano dai siti dei musei per venire utilizzate sul web nei contesti più disparati e fuorvianti, primo passo di una critica delle fonti 2.0 sempre più indispensabile per i nuovi cittadini di domani.
c. Esperienze concrete da riprodurre a casa
Un terzo filone di attività mira specificamente a impegnare i ragazzi lontano dai computer e dai cellulari. Nella scuola primaria il processo di apprendimento passa attraverso esperienze spesso concrete per cui l’ambito della storia si nutre di piccoli esperimenti di storia della tecnologia. Questi esperimenti quando possibile non vanno interrotti in questo periodo non solo perché sono realizzabili anche a casa, ma soprattutto perché sono divertenti, coinvolgenti, concreti e riescono a coinvolgere i genitori nel reperimento di materiali e nell’esecuzione, alleviando un poco l’alienazione che stiamo vivendo in quarantena.
Facciamo due esempi calibrati sempre sull’antico Egitto. Prendiamo la mummificazione dei corpi, vale a dire, in termini scientifici, la loro disidratazione per motivi religiosi. Possiamo benissimo riprodurre il fenomeno con una semplice zucchina e – al posto del natron – con sale da cucina. è sufficiente coprire l’ortaggio di sale (da cambiare ogni giorno facendo asciugare il sale già usato per utilizzarlo il giorno seguente) per ottenere in una settimana una piccola “mummia”.
Oppure prendiamo l’effetto delle piene del Nilo sulla fertilità dei terreni. Possiamo riprodurre il fenomeno del limo, cioè della sospensione dell’argilla e dell’humus nell’acqua del Nilo in piena, introducendo in una bottiglia piena d’acqua un po’ di terriccio dai vasi di piante. Agitando la bottiglia si simulerà il moto vorticoso delle acque del fiume in piena e la sospensione delle particelle più leggere, mentre lasciando riposare la bottiglia si assisterà al deposito delle particelle (riproducendo il deposito del limo sul terreno dei campi in questo modo fertilizzati).
I più piccoli: due filoni di lavoro
Nelle prime classi non è utile distinguere una particolare tipologia di apprendimenti come storia, essendo tali apprendimenti e campi di esperienza così intrecciati e distanti dalla fisionomia delle disciplina codificata nel mondo adulto che è utile lavorare in interdisciplinarità o predisciplinarità. Tuttavia due particolari attività sono talmente legate alle azioni proprie degli storici che possono essere qui suggerite per riprodurre esperienze a distanza divertenti e utili.
a. Esperienze concrete sul tempo
La storia ha a che fare con il tempo, con i cambiamenti che nel tempo si producono nella vita degli uomini e nella natura. Proponiamo quindi piccole esperienze per osservare i cambiamenti nel tempo. Possiamo invitare a tagliare una mela e a fotografarla ogni giorno alla stessa ora per una settimana e poi a descrivere i cambiamenti. Possiamo suggerire di seminare piante nei vasetti e di fotografarne l’evoluzione… L’obbligo a rimanere in casa rende facili queste esperienze e stimolante la loro riproduzione fotografica e la condivisione.
b. Lettura delle tracce del passato
Gli storici cercano di leggere il passato attraverso i documenti. Esiste una categoria di documenti particolari che sono privilegiati dalle bambine e dai bambini piccoli, sono i documenti scartati, smarriti, perduti. A scuola possono venire ritrovati direttamente dai bambini raccogliendoli nel giardino, ora il divieto di uscire va aggirato inviando loro le riproduzioni fotografiche di questi oggetti. Una impronta di cane nel terreno cosa ci dice? Che un cane, di una certa taglia, è passato in quel luogo quando quel terreno era umido e ha lasciato la sua impronta. Cosa stava facendo? Perché è passato di lì? Qui lettura del documento e la costruzione dell’ipotesi si incrociano, producendo un’attività che mescola inferenza e creatività. Una carta di caramella ritrovata in giardino cosa ci dice? Chi l’ha lasciata? Era una persona maleducata o l’ha perduta? Possiamo intuire i suoi gusti in fatto di caramelle? Il gioco delle tracce è divertente e appassionante, perché mette la bambina e il bambino nel ruolo degli investigatori, sollecitando logica e fantasia, alla ricerca delle ambigue zone di confine tra queste due forme della nostra mente.
Gianluca Gabrielli
storico e insegnante di scuola primaria. Il suo ultimo libro è Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento (Ombre corte, 2016), dal quale è tratta l’omonima mostra. Altri suoi articoli sono leggibili qui.
Foto di Frauke Feind, tratta da Pixabay
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