Storia del malpaese. Quel che resta del caso Moro
La prima domanda che verrebbe da porsi approcciandosi al libro di Stefania Limiti è perché un altro libro sul caso Moro? Il tema è stato trattato in abbondanza anche, come ricorda l’Autrice, dal cinema. Quello che rende il libro in questione interessante è l’analisi politica del rapimento e dei 55 giorni del sequestro, questo permette di leggere questi fatti anche alla luce di quello che è accaduto successivamente nel nostro Paese. Una storia politica del sequestro Moro richiede di affrontare il fenomeno Brigate Rosse in modo ‘politico’ e non superficiale come spesso vien fatto, scrive l’Autrice: ‘L’immigrazione, la famiglia, la scuola, la fabbrica, i movimenti, la piazza, l’università, il carcere: l’esperienza della lotta armata “prima di diventare romanzo criminale nasce altrove e non come fatto criminale”, ma queste radici si sono perse dietro alle omertà e alle omissioni dell’uccisione di Moro’ [pag. 16].
Considerare le BR da un punto di vista politico, quindi come soggetto politico, non vuole dire legittimare il sequestro e l’uccisione Moro ma tentare di capire quello che è successo. Nel libro di Stefania Limiti non si troveranno documenti inediti rimasti nascosti 50 anni in qualche cassetto, si troverà invece la capacità, già dimostrata, di mettere in fila gli eventi per permettere una lettura approfondita e critica. Per un giudizio sulla morte di Moro non si può non citare quello che affermò Henry Kissinger in una conferenza Sull’Italia e sull’eurocomunismo tenuta un anno prima dell’assassinio dello statista democristiano, laddove il politico statunitense affermò che ‘la partecipazione dei comunisti al governo avrebbe sovvertito la struttura del mondo quale noi la conosciamo dal dopoguerra ad oggi e i rapporti dell’America con le sue più importanti alleanze’ [pag. 15].
Il fatto che ci fossero poteri importanti che volessero bloccare il progetto di Moro non vuole dire che le Brigate Rosse erano manovrate, vuole invece dire che dall’altra parte l’obiettivo degli apparati statali non era quello di liberare l’ostaggio. L’Autrice riporta le parole di Prospero Gallinari che affermò: ‘bastava una mossa per salvare Moro, noi saremo stati costretti a lasciarlo andare’ [pag. 28], dall’altra parte però ‘la paralisi degli apparati, a meno che non si voglia credere a un loro addormentamento, doveva esser stata innescata in qualche punto della catena di comando, dove si deve aver scelto l’arresto di una ricerca razionale’ [pag. 34]. Il ruolo che giocarono gli Stati Uniti attraverso Pieczenick è centrale, l’obiettivo dell’invitato statunitense non era la liberazione di Moro ma evitare la destabilizzazione dell’Italia e per destabilizzazione si intende un diverso collocamento internazionale del nostro Paese.
Dietro a questo ruolo giocato dagli statunitensi si inizia a scorgere la nuova Italia, possiamo dire che la cosiddetta Prima Repubblica muoia nel 1978, Stefania Limiti riporta quello che scrisse Moro durante la prigionia: ‘seppi poi, ed il fenomeno divenne sempre più vistoso, che non mancarono all’ambasciata [statunitense N.d.A.] occasioni d’incontro politico-mondano, al quale peraltro, senza alcun mio dispiacere, non venivo invitato. Si trattava di questo, per quel che ho capito, di una direttiva cioè del Segretario di Stato Kissinger, il quale per realismo continuava a puntare sulla D.C., ma su di una nuova, giovane, tecnologicamente attrezzata e non più su quella tradizionale e non sofisticata alla quale appartenevo io’ [pag. 91]. Interessante è notare che di questa ‘nuova DC’ faceva parte Mariotto Segni, che tanta parte ebbe nella nascita della seconda repubblica attraverso l’introduzione del sistema maggioritario.
Così come gli USA trovarono nuovi interlocutori dentro il maggior partito di governo anche il PCI iniziò ad essere oggetto di attenzione, ‘proprio nei giorni del sequestro tre dirigenti importanti del partito (Macaluso, Pecchioli e Napolitano) poterono contare su contatti frequenti con l’ambasciatore Gardner che si era adoperato per il visto che permise a Napolitano il suo lungo giro di conferenze nelle università statunitensi’ [pag. 119].
Racconta Stefania Limiti che il 9 maggio era iniziato sotto buoni auspici, la liberazione di Moro sembrava possibile, la DC stava mutando la sua posizione e una soluzione era a portata di mano, arrivò invece la notizia dell’uccisione di Moro. Cosa spinse le BR ad agire in questo modo e sopratutto perché notizie potenzialmente destabilizzanti come quelle dell’esistenza di Gladio non furono rivelate, diversamente da quando promesso? queste sono le domande che ancora pesano e che potrebbero permetterci non sono di fare chiarezza sul caso Moro ma anche di capire l’Italia contemporanea.
Marco Pondrelli
4/1/2024 https://www.marx21.it/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!