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Destabilizzazione Gladio-P2. Scavi nella memoria: Stato, mafia, Gladio e altre orribili cose vicine a tutte/i noi… che è necessario ricordare (o scoprire)
Con un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia ma colpisco un po’ a casaccio perché non ho più memoria
(Fabrizio De Andrè)
Il concetto di «destabilizzazione italiana-Gladio-P2» andrebbe allargato a un periodo ben più ampio di quello degli anni ’70/’80.
I soggetti coinvolti sotto Gladio, nel corso degli anni, passano dal terrorismo politico-eversivo alla mafia, attraverso attentati dinamitardi nelle piazze (Fontana, Loggia), nei treni e nelle stazioni (Italicus, Gioia Tauro, Bologna), nei luoghi della socialità per poi passare ai magistrati più impegnati e ai luoghi storico-artistici simbolo della «bellezza italica».
Dal 1964 ad oggi – generale De Lorenzo docet – assistiamo a un processo continuativo della «strategia della tensione» in cui cambiano non solo i rapporti “cittadino-violenza-paura” ma anche i soggetti che la perpetuano.
I soggetti utilizzati da Gladio e poi P2 cambiano a secondo del momento storico in cui ci si trova ad operare. Eppure è come se una mano militare invisibile regnasse su tutti indistintamente e allungasse il filo della storia senza mettere mai in discussione questa strategia. Sappiamo dunque che questa Entità oscura non morirà per una vicissitudine economico-politica o nel momento in cui uno “storico”segnerà la fine di un’epoca.
E’ soprattutto per questo fenomeno sistemico che l’Italia non sta avendo un’evoluzione, in termini sia economici che culturali.
Su questo Paese grava una sperimentazione di lungo corso che ha radici nel lontano fascismo e che non è affatto morta con la fine dei suoi esponenti principali. Semplicemente assorbita da un’Entità camaleontica superiore, questa sperimentazione continua cambiando pelle e adattandosi. Come un serpente si è insinuata nelle vite delle persone, distruggendone gli affetti, i sogni, i desideri e le aspirazioni future.
Una strategia della tensione che inizia in Sicilia nel 1947 con la strage di Portella della Ginestra a opera di politici, mafiosi ed apparati militari statunitensi contro i lavoratori che festeggiavano la vittoria delle sinistre alle prime libere elezioni. Il rapporto fra politica italiana, mafia e apparati militari Usa era noto già al tempo dello sbarco alleato nella seconda guerra mondiale per solidificarsi da questo momento, per tutti gli anni a venire e con diversi gradi d’intensità.
Negli anni ’60 e ’70 uno spartiacque: sinistra extraparlamentare e destra eversiva, la strategia violenta delle bombe e dei sequestri passa attraverso una società in divenire, infarcendo l’ideologia e la politica di una violenza incredibile, inusuale rispetto al resto d’Europa
che pure non è un posto calmo.
Dentro questa melma la struttura Gladio si insinua. Un “gioco” divisivo in cui esplodono le bombe neofasciste e degli apparati. Ma prima ci sono le morti degli “scomodi” Enrico Mattei, Aldo Moro e moltissimi giovani di una fazione e dell’altra, fino alle stragi della stazione di Bologna il 2 agosto 1980 e del Rapido 904. Quest’ultima sembra preannunciare una stagione successiva che abbraccia i massacri di Capaci, via D’Amelio e gli attentati dell’estate del 1993.
A ogni cambio sistemico in cui il governo italiano si trova in difficoltà avvengono tragedie atte a distrarre la popolazione anche attraverso opinionisti di maniera e scandali giornalistici. Dentro a questo calderone si possono collocare forse anche certe indagini reticenti sul “Mostro di Firenze” e sulla banda della Uno bianca, della quale nessuno (neppure a Bologna, così duramente colpita) ha mai voluto sapere “troppo”.
La Storia formale raccontata a blocchi insegna che con la stazione di Bologna termina «la strategia della tensione». In realtà cambiano solo i partecipanti passando dai passamontagna con la pistola (ricordiamoci dell’assassinio di Giorgiana Masi e di ciò che disse e fece in proposito Francesco Cossiga) ai soggetti mafiosi. Tutto si veicola nel principale apparato dirigente (e digerente) dello Stato.
La Sicilia è la terra in cui si attuano molte sperimentazioni che verranno poi esportate in “terra ferma”. Le guerre di mafia osservate dallo Stato terrorizzano la popolazione dell’isola e di fatto paralizzano gli uomini onesti nelle istituzioni statali, i sindacati veri, la magistratura democratica, i giornalisti senza bavaglio e un certo tipo di investigazione. Ogni libero pensiero, l’idea di una vera giustizia e persino alcuni preti diventano il bersaglio preferito.
Con una visione più ampia di quella fornita dalla Storia ufficiale oggi possiamo vedere i pezzi distrutti di quella minima Democrazia non più in grado di porre resistenza né alla mafia economica e politica né all’inaridimento culturale-sociale del Paese. E così settori delle questure, prefetture e dei ministeri sono ‘toccati’ all’interno dalle varie cosche come dimostrato da diverse testimonianze e rapporti investigativi.
La mafia è pronta a “sostituire” l’eversione di neofascisti e servizi segreti degli anni ’70 diventando soggetto e partecipante principale della nuova «strategia della tensione» negli anni ’80 e’90. Compiendo attentati non più solo contro il singolo magistrato o poliziotto (come in Sicilia è sempre avvenuto) “fuori controllo” ma contro gli apparati vecchi e da rottamare perché poco controllabili dai Palazzi – persino il generale Dalla Chiesa o i giudici simbolo dell’antimafia Falcone e Borsellino.
Questa mattanza è necessaria oltre che per destabilizzare anche per approdare a uno Stato-Mafia omogeneo.
Operazione che ha uno dei suoi punti più visibili con le bombe “fuori isola”, in siti di rilevanzastorico-culturale d’Italia. In parte tutto ciò è conseguenza di un vuoto “istituzionale” e di una trasformazione verso un’Europa economica che da lì a poco si sarebbe intrecciata agli interessi più oscuri dell’Italia; in parte è sempre la vecchia strategia che ogni tanto muta la pelle.
Molto del tritolo utilizzato per le stragi (Piazza Fontana, Capaci, Via D’Amelio) è uscito dalla base americana di Camp Derby (Pisa-Livorno), dove da sempre coesistono Gladio e la struttura paramilitare denominata Stay-behind, all’ombra della NATO.
Da questo legame oscuro si fa largo anche l’ipotesi che collega l’orrore irrisolto – e illogico – della Moby Prince con i suoi 140 passeggeri lasciati volutamente bruciare vivi a poche miglia dal porto di Livorno nel 1991, poco dopo la fine del Pci in Italia e la fine dell’Unione Sovietica (o ex sovietica, come direbbe qualche storico più accorto). Un finale militare degno di Gladio e della sua struttura paramilitare: una lunga guerra sotterranea giocata a suon di stragi, parzialmente anestetizzate in quegli anni dal diffondersi dell’eroina, la più famosa fra le “droghe di guerra”. A tal proposito si leggano i documenti desecretati della CIA sull’eroina, come raccontato anche in questa “bottega”.
Dal 1994 in poi come da programma della loggia massonica P2, le operazioni militari scemano ed entra in campo una «strategia della tensione» comunicativa. Utilizzo di giornalisti e politici tarocchi, ma anche nascita di leghe separatiste sia al Sud che al Nord in un quadro di immagini pubblicitarie così martellanti da rendere invisibile il pensiero critico. Con l’ovvio contorno dell’utilizzo di capitali dalla provenienza sconosciuta per tentare l’impresa in Europa, ma anche con demonizzazione dell’Arte più libera. E con il bavaglio ai pochi magistrati o intellettuali che non ci stanno può iniziare la Seconda Repubblica (o magari l’annuncio del Quarto Reich).
Tra il 1996 e il 1999 la destabilizzazione militare e comunicativa diventa globale ma di fatto non cambiano granché le regole del gioco. In Italia questa strategia viene portata avanti con l’ausilio di due grossi “partiti” – uno di centro/sinistra, uno di centro/destra – fabbricati appositamente per dividere su tematiche generiche e/o di zero importanza attraverso un uso linguistico improprio atto ad impoverire il linguaggio, la comunicazione e il senso.
Nel 2001 avvengono i drammatici episodi del G8 a Genova. Intanto si mira alla prossima “generazione digitale” cercando di allontanare e manipolare il flusso delle informazioni dalle ultime generazioni semi-analogiche X e Y alla Z, arrivando ai bambini “digitalizzati” nati dopo il 2015. Verso l’uomo nuovo secondo le previsioni naziste, poi riadattate dopo l’occupazione Usa del continente europeo.
Fra il 2008 e il 2019 drammatiche crisi economiche indotte dai banchieri facilitano il rovesciare o limitare le democrazie. Il processo è creare visioni distopiche nelle varie popolazioni utilizzando simboli a loro vicini, sfruttando le debolezze del singolo e della collettività, dal lavoratore precario alla classe media che deve scomparire per lasciare un vuoto incolmabile fra i (pochissimi) super ricchi e il 99 per cento di impoveriri, poveri e super poveri. Passando per il debole e il frustrato, dai figli delle sottoculture tv sino agli intellettuali da salotto tronfi e ingrassati quanto analfabeti di tutto. Social del nulla.
La frustrazione viene alimentata rendendo impossibile la costituzione di gruppi che propongano o pratichino una democrazia diretta, mentre si continua a imporre corrotti e/o inutili nei ruoli di responsabilità pubblica e “privata”. La rabbia è ridotta a mero dibattito internet e tenuta sott’occhio dalle “camice nere della comunicazione”, che con violenza linguistica sminuiscomo, deviano, inglobate e/o ridicolizzano (a seconda dei casi) come successo in Italia con i 5 Stelle.
Con il risultato che la rabbia aumenta, ma le persone sono sempre più smarrite, ignoranti e disaffezionate all’Arte Politica, insostituibile strumento di democrazia.
Nei rapporti con le “nuove” guerre, come quella tra Russia e Ucraina, nei risvolti dei contenimenti per il Covid e nella sottovalutazione degli impatti ambientali derivati da decenni di cementificazione, ancora una volta la risposta del sistema è quella di aggredire piuttosto che di risolvere le cause che stanno portando tutte/i ad un annichilimento generale. Da un lato si cerca di disincentivare la ricerca indipendente, ridicolizzandola, dall’altra le versione ufficiali fornite non sono del tutto praticabili dal singolo né nella propria sfera privata né tantomeno in quella pubblica. Di nuovo il potere si prende la possibilità di annientare il pensiero critico portandolo al paradosso e di fatto, non trovando alcuna soluzione ai problemi che esso stesso ci propina, si limita a ragionare sulle persone in termini esclusivamente progettuali.
Oggi il progetto eversivo continua sotto le forme vecchie e altre più “creative”: inseminazione delle nuvole, guerre batteriologiche sotterranee, minaccia nucleare, cancellazione della memoria, riduzione della cultura a intrattenimento permanente, aumento dei sensi di colpa individuali, finti propositi di responsabilità collettiva, distorsione dei simboli ideologici ed affettivi, sostituzione dell’informazione a pura comunicazione monosillabica.
Ecco i presupposti per la nascita di un “quarto Reich” in cui ognuno verrà incentivato a essere dittatore di sé stesso. Il poliziotto nella testa, come ci ha suggerito Augusto Boal, seguendo le intuizioni di Paulo Freire. Schiavi perfetti per l’élite tecnocratica e/o teocratica ma sempre economica.
All’umanità non resta che trovare una sua direzione comune, sforzandosi in un costante, sincero e progressivo ampliamento educativo e culturale, che porti a studiare e progettare il proprio ed altrui benessere. Credendo che solo questo- e non la violenza – lo aiuterà a trovare la strada per la felicità, liberandolo dalla morsa in cui sta morendo soffocata.
Alessandro Taddei
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