Su Instagram è iniziata la censura dei “contenuti politici”: come aggirare il blocco
Instagram ha deciso di mettere un freno alla circolazione di contenuti che trattano di politica e temi sociali. Da domenica scorsa, infatti, la piattaforma appartenente al gruppo Meta di Mark Zuckerberg ha disattivato in modo automatico la diffusione di post politico-sociali all’interno delle sezioni “Esplora” e “Reels” e nei contenuti suggeriti nella pagina principale degli utenti. In questo modo, la bassa quantità di “Mi Piace” generata dal risicato numero di persone raggiunte da questo tipo di post porterà l’algoritmo a distribuire meno contenuti di natura politica nel Feed degli utenti tra quelli condivisi dagli account da essi seguiti. Le stesse limitazioni sono state attuate anche sulla piattaforma Threads – il concorrente di X a marchio Meta – e presto coinvolgeranno anche Facebook. Un evidente tentativo di togliere spazi di informazione dai canali social. C’è però una via d’uscita: i singoli utenti hanno infatti la possibilità di bypassare il blocco, eliminando le limitazioni “calate dall’alto”, cambiando le impostazioni del proprio account.
La nuova impostazione è stata introdotta da Instagram senza chiedere il consenso degli utenti e senza darne loro avviso attraverso una notifica. Fisiologicamente, dunque, molte persone ignare del blocco, pur avendone formalmente facoltà, non lo disattiveranno. Nello specifico, per riportare la situazione alla normalità, occorre che l’utente clicchi sulle tre righe in alto a destra nella pagina che raccoglie le informazioni del suo profilo, scorrendo poi fino alla voce “Contenuti suggeriti”. Dopo aver selezionato “Contenuti di natura politica” si dovrà spostare il pallino blu sulla voce “Non limitare i contenuti di natura politica delle persone che non segui”. In questo modo, oltre che su Instagram, la restrizione verrà disattivata anche sul social Threads. Colpisce che questa mossa arrivi in un’annata decisiva per le sorti della politica mondiale. A margine di una grande pandemia, in un contesto di conflitti e instabilità politica ed economica, alla finestra ci sono infatti le elezioni europee dell’8-9 giugno e le presidenziali americane del prossimo 5 novembre. A maggior ragione, questa scelta pesa in considerazione del fatto che, con la progresiva perdita di appeal di giornali e televisione e un approccio alla vita digitale sempre più filtrato attraverso le grandi piattaforme, i social network rappresentano oggi la principale fonte di informazione per milioni di utenti. Per le persone essa è sempre più “passiva”, ovvero delegata all’azione degli algoritmi, che ora vengono appunto indirizzati a offrire meno informazione alla platea degli utenti.
La decisione della piattaforma era stata anticipata lo scorso febbraio in un comunicato che si apriva con queste parole: «Vogliamo che Instagram e Threads siano esperienze positive per tutti. Se decidi di seguire account che pubblicano contenuti di natura politica non abbiamo intenzione di intrometterci tra te e i loro post, ma non vogliamo neanche consigliarti in modo proattivo i contenuti politici di account che non segui». Nella nota si scriveva inoltre che, proprio per questo motivo, Instagram ha deciso di rafforzare «l’approccio attuale alle modalità in cui trattiamo i contenuti di natura politica: non li consiglieremo in modo proattivo nelle sezioni dei consigli su Instagram e Threads», segnalando comunque che le restrizioni avrebbero potuto essere superate “grazie a un’opzione apposita”, con allegato foto tutorial. Su questa scelta di Meta sono piovute le critiche da parte di creators digitali e semplici utenti, che hanno evidenziato il rischio che lo strapotere della multinazionale sulla diffusione dei contenuti possa metterla potenzialmente nelle condizioni di influenzare a suo piacimento l’opinione collettiva. Lo scenario è reso ancora più caotico dalla notizia che, negli scorsi giorni, la Commissione Ue ha aperto un’inchiesta contro Facebook e Instagram ai sensi del Digital Services Act, la nuova legge sui servizi digitali dell’Unione Europea entrata in vigore nel 2023. In particolare, la Commissione intende verificare le presunte violazioni concernenti le politiche e le pratiche di Meta relative alla pubblicità ingannevole, nonché la mancanza di un efficace strumento di monitoraggio civico ed elettorale in tempo reale di terze parti prima delle elezioni europee e l’efficacia del meccanismo di segnalazione dei contenuti illegali sui servizi e quello di ricorso e di reclamo interni degli utenti.
Meta ha passato anni a cercare di convincere il web che i social fossero delle nuove piazze pubbliche, ma nei fatti queste hanno ormai in tutto e per tutto le sembianze di un centro commerciale. In realtà, infatti, le sue piattaforme – così come altre esterne al circuito di Zuckenberg, tra cui X e Google -, stanno progressivamente ridimensionando le risorse aziendali dedicate alla gestione e alla promozione delle news. A renderlo palese sono state le dichiarazioni di Adam Mosseri, dirigente di Threads, che ha subito reso noto che la piattaforma non avrebbe amplificato la portata delle notizie. «La politica e le notizie di rilevanza pubblica sono importanti, non voglio dare a intendere il contrario», ha scritto Mosseri sul social network, «ma da come la vedo, nella prospettiva della piattaforma, qualsiasi incremento partecipativo o di incassi che questi contenuti possono portare non valgono lo sforzo analitico, la negatività (siamo onesti) o i rischi all’integrità che li accompagnano». «Ci sono già abbastanza comunità strepitose», ha aggiunto Mosseri, «per garantire l’esistenza di una piattaforma vibrante anche senza che ci sia il bisogno di immergersi nella politica e nelle notizie». Se vi fossero dubbi su quali siano i post apprezzati dall’azienda, il direttore di Threads ha detto chiaramente: «sport, musica, fashion, cosmetica, intrattenimento». Con tanti saluti all’informazione e l’approfondimento sui grandi temi che stanno segnando un’epoca.
Stefano Baudino
4/5/2024 https://www.lindipendente.online/
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