Sul Great Reset e l’ignoranza dei giornalisti mainstream
Sono tempi bui per l’informazione, ma soprattutto per la controinformazione, che si trova a far fronte a nuove strutture moralistiche fortemente impattanti faticando a prendere posizione, poiché basta una parola in più per essere additati con qualsiasi stravagante epiteto. Eppure, non è forse il compito della controinformazione svelare le bufale del mainstream eterodiretto da interessi economici, padronali e politici che nulla hanno a che fare con l’interesse pubblico?
Per questi motivi, è giusto denunciare le bufale che in questi giorni alcuni giornalisti hanno detto in riferimento alle dichiarazioni sul Great Reset di Carlo Freccero, massmediologo, autore TV, ex-consigliere d’amministrazione RAI, ma soprattutto uno dei più grandi intellettuali di sinistra esistenti. Il 20 settembre, Carlo Freccero, in quanto membro del Comitato dei Garanti per il Referendum abrogativo del Green Pass, ha scritto una lettera a La Stampa sulle motivazioni riguardanti la sua opposizione al Green Pass, sostenendo che, come scritto nella Gazzetta Ufficiale Europea del 15 giugno 2021 con traduzione italiana del 5 luglio 2021, le persone che “hanno scelto di non essere vaccinate” non devono essere oggetto di discriminazioni. Ma Freccero va oltre e analizza il Green Pass come conseguenza politica di ciò che sta succedendo, scrivendo:
“Dietro il Green Pass in realtà, c’è molto di più. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato in questi giorni il prototipo di tessera vaccinale da adottare da parte degli Stati. Il Green Pass è destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il ‘Grande Reset’ in via di attuazione. Per chi non sapesse di cosa si tratta, rimando a due libri dell’economista Klaus Schwab ‘Covid 19 The Great Reset’ e ‘Quarta rivoluzione digitale’. Secondo Schwab la pandemia è un’occasione irripetibile per conseguire il ‘Grande Reset’ già illustrato nel saggio ‘La quarta rivoluzione industriale’. Tutto ciò è confermato dal progetto di Recovery Fund, che si pone come obiettivo lo stesso obiettivo del ‘Grande Reset’. Credo che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde. Diciamo la verità: non è la pandemia ad avere causato la crisi economica. È piuttosto la crisi economica ad avere causato la pandemia, o quanto meno, ad averla amplificata al fine di ultimare il ‘Grande Reset’”.
Oltre al riferimento al Green Pass come lasciapassare per vivere, che cosa sta dicendo Freccero? Sta delirando? Perché continua a ripete “Great Reset” come refrain? Semplicemente Freccero è colpevole di aver letto i libri dell’economista Klaus Schwab, professore di economia politica all’Università di Ginevra, fondatore e attuale direttore esecutivo del World Economic Forum, detto anche “Forum di Davos”. Cosa è il Forum di Davos? È un incontro che annualmente riunisce i principali esponenti internazionali del mondo della politica, della finanza e dell’industria per definire e implementare le strategie future che devono dirigere la globalizzazione di mercato nei suoi rapporti con gli Stati e i mercati mondiali. Complottismo? No, fatti. Cosa è il Great Reset? Si tratta del piano stilato dal World Economic Forum per l’economia mondiale post-pandemia dal 2021 in poi. Nulla di esasperante e nulla di “complottistico”, se non per il solo fatto di essere l’ennesima rigenerazione del capitalismo globale che avrà un forte impatto sulle economie, sull’ambiente, sui diritti, sulle disuguaglianze sociali e sul controllo democratico delle nuove tecnologie. A parlare di Great Reset era stato già lo stesso Klaus Schwab in La quarta rivoluzione industriale, tradotto in italiano da Franco Angeli nel 2016, e in ‘Covid 19 The Great Reset’ insieme a Thierry Malleret, fondatore del Monthly Barometer.
Quest’ultimo libro non è nient’altro che “una guida per chiunque voglia capire come il COVID-19 abbia sconvolto i nostri sistemi sociali ed economici e quali cambiamenti saranno necessari”, esplorando le cause profonde di queste crisi e perché – secondo gli autori – portano alla necessità di un “Grande Reset”, ovvero di una “grande ripristino”. Secondo gli autori “Il COVID-19 ha creato un grande ripristino dirompente dei nostri sistemi sociali, economici e politici globali”. Ora, è proprio questo che i critici del neoliberismo e della sua globalizzazione stanno mettendo in discussione sul Great Reset: è stato il Covid-19 a ripristinare i nostri sistemi sociali, economici e politici, o è stato il capitalismo a cogliere l’occasione dello stato d’emergenza pandemico per rigenerarsi e stravolgere i sistemi socio-politici-economici? Il Great Reset è un piano di rigenerazione stessa del capitalismo per evitare che esso sprofondi in una sua crisi terminale? È proprio di questo che si sta discutendo, ma non sulla sua esistenza. Il Progetto Great Reset serve “per creare un mondo più inclusivo, resiliente e sostenibile in futuro” come afferma il WEF, o per giovare al grande capitale finanziario e industriale in un’ottica di apertura di altri mercati che nulla hanno a che fare con l’ecologia e la sostenibilità? Un “mondo ecologico” si può avere scientificamente sono con una messa in discussione dell’attuale modello di produzione e di consumo capitalistico, non riproponendo le stesse logiche attraverso “Rivoluzioni Verdi” su modello dell’industria agrochimica in India e in Africa finanziata dalle Fondazioni Rockfeller e Bill&Melinda Gates. Il Grande Reset è pensato per essere onnicomprensivo, le cui organizzazioni partner includono i più grandi attori dei Big Data, i grandi tycoon dell’online, delle telecomunicazioni, della produzione di armi, della finanza, dei prodotti farmaceutici, delle biotecnologie e dell’industria agro-chimico-alimentare. I piani del WEF per il Grande Reset dell’alimentazione e dell’agricoltura, ad oggi, includono progetti e partnership strategiche che favoriscono Organismi Geneticamente Modificati (OGM), cibo sintetico e proteine prodotte in laboratorio, intensificazione della zootecnia intensiva, prodotti farmaceutici e prodotti chimici industriali come soluzioni sostenibili ai problemi alimentari e di salute. Il Great Reset è il no plus ultra del capitalismo che avrà conseguenze dirompenti sui nostri sistemi economici e politici.
Ma ritornando a noi, quale è stata la risposta di alcuni giornalisti mainstream alla lettera di Freccero a La Stampa? Il primo è stato il direttore de La Stampa Massimo Giannini, il quale ha risposto: “Caro Freccero, la ringrazio della sua cortese lettera. Per mia formazione, ascolto e rispetto (quasi) tutte le opinioni. Ma quelle che lei esprime, per spiegare la sua adesione al referendum abrogativo del Green Pass, mi trovano in totale disaccordo. Respingo con forza le sue accuse di ‘disinformazione’ rivolte ai ‘media mainstream’. Non condivido le sue tesi sul ‘Grande Reset’ che, nonostante il fascino sottile e a volte perverso delle teorie del complotto, mi pare totalmente infondata, nel senso che non trova alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti. Se pubblico la sua lettera è perché ho sempre apprezzato la sua vivacità intellettuale. E perché credo nel pluralismo dell’informazione che, dando spazio al ‘diverso parere’, a volte ne può far risaltare (come in questo caso) la sua evidente fallacia”.
Secondo Giannini, il Great Reset non trova alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti, la pubblicazione della lettera è avvenuta sostanzialmente per “pietà” e le accuse di disinformazione da parte di Freccero sarebbero infondate. In una risposta una contraddizione dietro l’altra. Non è forse disinformazione dire che il Great Reset è una “teoria del complotto” e che non esiste? Non è forse mancanza di pluralismo nell’informazione dire che la pubblicazione della lettera è avvenuta solo perché apprezza la vivacità intellettuale di Freccero, per poi delegittimare in partenza tute le sue tesi trattandolo con la pietà che si riserva ad uno che non ha capito in che mondo vive?
Mi è appena capitato di leggere, per caso, l’editoriale di ieri di Massimo Gramellini, attuale vicedirettore del Corriere della Sera. Questo figuro, dopo aver sentito parlare del Grande Reset da Carlo Freccero, ha dichiarato che si è andato a “informare” per capire di cosa si trattasse, dicendo di aver scoperto che si tratta di una “teoria del complotto” che trova la prova inconfutabile della sua esistenza solo nel fatto “che il principe Carlo d’Inghilterra ne ha auspicato l’avvento durante un convegno di banchieri”.
Solo per affermazioni del genere bisognerebbe fare un esposto all’Ordine dei Giornalisti perché questa gente non ha il diritto di disinformare, ma c’è di più. Dalle loro affermazioni si capisce la profonda ignoranza che li perseguita. Si può veramente definire “giornalista” chi, per verificare una fonte, non sa nemmeno digitare e cercare in modo adeguato su Google ciò di cui si vuole informare? Se Gramellini e Giannini si fossero limitati a fare una veloce ricerca sul sito del World Economic Forum, avrebbe scoperto che il tema del vertice nel 2021 è stato proprio il Grande Reset; avrebbe anche scoperto che sul sito ufficiale del Forum esiste addirittura una importante sezione intitolata “The Great Reset”; e che addirittura la celebre rivista americana TIME ha dedicato persino la copertina della prima settimana del novembre 2020 al Grande Reset. Avrebbe scoperto tutto nel giro di qualche minuto. Ora, ognuno può informarsi e credere in ciò che vuole, ci mancherebbe, ma è molto grave che coloro che dovrebbero rappresentare l’informazione attendibile di un Paese non siano nemmeno in grado di verificare la veridicità di un argomento apertamente di dominio pubblico. Da notare che nessuno dei due è entrato nel merito delle posizioni di Freccero e nessuno è accorso a contraddirle e a confutarle, ma l’operazione si è basata sulla delegittimazione in partenza delle sue tesi attraverso accuse ed epiteti che, se fossimo negli anni Settanta, verrebbero subito definite da “guerra culturale”.
L’informazione in Italia, purtroppo, ha raggiunto livelli vergognosi che forse non meriterebbero neanche di essere presi in considerazione se questi non si autodefinissero “professionisti dell’informazione”.
di Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale del mensile Lavoro e Salute
23 settembre 2021
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