Sulla XII Disposizione, vecchi e nuovi fascismi

Intervista al professor Raul Mordenti

A cura di Alba Vastano

Esiste un nesso assai stretto fra la guerra e il fascismo. Ciò fu evidente nel caso della I° guerra mondiale, senza la quale il fascismo sarebbe stato impensabile. Si può ben dire che la guerra produce fascismo come il fascismo produce guerra” (Raul Mordenti)

“L’antifascismo è vissuto per decenni imbalsamato in una retorica stucchevole che lo ha reso debole ed impotente, soprattutto di fronte ai nuovi fenomeni neofascisti e neonazisti. Non ha saputo di conseguenza parlare ad ampie fasce giovanili che lo hanno vissuto come lontano e, a volte, come vuota espressione istituzionale…ad aggravare la situazione non va dimenticata la storica mancata volontà politica a perseguire i casi di apologia e riorganizzazione dei movimenti fascisti, sottovalutati, lasciando così campo aperto ai nostalgici di ogni risma”. (Saverio Ferrari, Osservatorio democratico sulle Nuove Destre)

Il fascismo è finito con la fine di Mussolini. Parlarne è inutile, dopo 80 anni dalla fine della dittatura fascista. Quindi perché parlare di antifascismo?” Mantra triti e ritriti menzionati dalla gente comune e dai politici di destra nei talk show televisivi. Eppure, sarebbe falso negarlo, il fascismo serpeggia latente, ci affianca e vuole tentarci, seduttivo e con fare ambiguo riaffiora nei comportamenti più usuali e comuni a molte persone, senza che i più se ne rendano conto.

Così’ il professor Angelo D’Orsi, illustre storico (ndr, più volte ospite in questa rivista) “Se non si può parlare di “ritorno del fascismo”, è solo perché dall’Italia il fascismo non se n’è mai andato, ma ha continuato a scorrere sotterraneo, come un fiume carsico, riemergendo di tanto in tanto. Le sue riemersioni, da una trentina d’anni a questa parte, sono diventate sempre più frequenti, e il revisionismo storico, nella sua forma estrema, il rovescismo, ha svolto un ruolo determinante. Forse occuparsene, non è fare sfoggio di sapere accademico, ma fare esercizio di pensiero critico e insieme di militanza civile”.

Come prendere coscienza di questo continuo ritorno all’anima nera del fascismo? “Occorrerebbe il rilancio di un forte movimento antifascista, a difesa e a rappresentanza delle condizioni di vita delle classi popolari. Un grande movimento di massa che abbia come finalità la trasformazione sociale.”(Saverio Ferrari). Intanto è lecito chiedersi se una parte della popolazione italiana (ndr, quella che occhieggia alla premier riconoscendola come il capo che tutto può) ha insito il gene dell’anima nera, anima su cui è stampata a lettere indelebili il mantra identitario ‘Dio, Patria e famiglia’

Ne parliamo con il professor Raul Mordenti (Dipartimento di Studi letterari, Filosofici e Storia dell’arte, Università degli studi di Roma ‘Tor Vergata’), saggista, dirigente del partito della Rifondazione comunista)“

Alba Vastano: Professor Mordenti lei, in collaborazione con il Dipartimento Antifascismo di Rifondazione Comunista, ha curato recentemente un pamphlet (pubblicato dall’editore Bordeaux) che si intitola Dodicesima Disposizione, in riferimento alla XII Disposizione, della Costituzione che recita “È proibita la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Oggi, con il radicarsi del governo di destra sembra proprio essere in atto una deriva neo fascista e si sta rinnegando il valore fondamentale della Costituzione, ovvero l’antifascismo. Secondo lei c’è ‘un’anima nera’ insita nella mentalità del popolo italiano?

Raul Mordenti: La domanda è complessa e meriterebbe una, lunga riflessione. Come sai, Piero Gobetti definì il fascismo “Autobiografia della nazione”; non c’è dubbio infatti che il fascismo abbia potuto poggiarsi anche su alcune caratteristiche profonde e peggiori del nostro popolo, che sono retaggio di secoli di servitù (l’accettazione di un capo, il servilismo e l’ipocrisia, l’uso della violenza, la diffusa mancanza della coscienza individuale e la debolezza della coscienza collettiva, e così via). E tuttavia il popolo non è fascista, non lo è mai stato, e la sua permeabilità al fascismo è solo la conseguenza dell’iniziativa politica delle classi dominanti e/o della debolezza dell’iniziativa politica del movimento operaio e democratico.

Queste due cose sono strettamente legate, e Gramsci nota che tutta l’iniziativa del fascismo (violenze, repressione, propaganda ossessiva, irregimentazione, etc.) mira in realtà a mantenere in condizioni di “debolezza relativa” il proletariato, impedendone con ogni mezzo l’organizzazione autonoma; per questo – egli scrive – la dittatura fascista è anzitutto “poliziesca” e si concentra, prima ancora che sui Sindacati, sul Partito, che è appunto il luogo dell’autonomia politica (e culturale) del proletariato. Dunque il fascismo, in forme certo diverse, può sempre tornare, quando sono impedite o indebolite le capacità di organizzazione autonoma, politica e culturale, delle masse popolari.

Come capirai, per ottenere questo obiettivo fascistico di mantenere le masse in una situazione di passività e obbedienza non sono sempre necessari gli squadristi e l’olio di ricino, ma possono anche bastare cose più “moderne” e apparentemente meno perniciose, come il monopolio dei mass media, l’uso scientifico e massivo dei social per diffondere incultura misoginia omofobia e razzismo, la distruzione della scuola e dell’università, leggi elettorali maggioritarie e sbarramenti che escludano l’opposizione di classe dalle istituzioni, oppure anche (e non sto scherzando) le trasmissioni della D’Urso e della De Filippi. Senza dimenticare, naturalmente, la proibizione di scioperi o cortei e un bel po’ di manganellate a chi si oppone, insomma la politica quotidiana del Governo Meloni (e non solo di questo).

A.V.: Abbiamo una Costituzione antifascista, nata dalla lotta e dal sangue dei Partigiani e dall’impegno dei Padri e delle Madri Costituenti, affinché la dittatura fascista fosse solo un tragico ricordo. Affermato e riconosciuto ciò dovrebbe essere scontato che tutto il popolo italiano sia antifascista, dai governanti che hanno giurato sulla Costituzione all’ultimo dei cittadini. Non sta avvenendo questo. I governanti sono spergiuri e una buona parte degli elettori che si sono recati alle urne nelle ultime politiche ha votato la Meloni. E i suoi ‘Fratelli d’Italia’. Italiani smemorati o, fondamentalmente, di destra?

R.M.: Anche la vittoria elettorale della destra è oggetto di una narrazione falsa e tossica. Basiamoci dunque sui numeri e non sulle narrazioni che ci propinano quotidianamente. Nel settembre 2022 hanno votato il 60,5% degli italiani per la Camera e il 63,8% per il Senato, dunque meno di due italiani su tre, senza contare i residenti privi di cittadinanza (di solito lavoratori) che sono stati esclusi dal voto. La coalizione di destra (FdI, Lega, FI, “Noi moderati”) ha riportato il 43,7% dei voti alla Camera e il 44,02% al Senato. Il partito della Meloni, FdI, ha avuto il 25,9% alla Camera e il 26,2% al Senato. Dunque Meloni ha il 26% dei voti sul 60% dei votanti, che corrispondono al 15,6% del totale dei cittadini aventi diritto al voto, insomma un italiano su sei l’ha votata. Il problema dunque è il seguente: come mai col 26% dei voti al proprio partito e il 44% alla propria coalizione si può avere una maggioranza schiacciante in Parlamento? E la risposta è semplice: grazie all’abolizione della legge elettorale proporzionale a cui centro-destra e centro-sinistra, d’accordo fra loro, hanno provveduto, in attuazione del cosiddetto “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli.

Legge elettorale proporzionale vuol dire semplicemente avere tanti seggi quanti sono i voti, e Meloni col suo 26% sarebbe rimasta fuori da qualsiasi Governo. Invece con la legge elettorale ora in vigore (largamente anti-costituzionale) si deforma in modo sostanziale il voto popolare perché si premiano con molti più seggi le coalizioni (e il potere di coalizione della destra è da sempre superiore al nostro: lo sapevamo), si escludono le forze minori sotto il 3%, e ancora prima si influenza l’elettore col ricatto del “voto utile”, senza contare l’aumento dell’astensionismo che la legge elettorale in vigore provoca (con la proporzionale votava il 95% degli italiani, perché ciascuno poteva votare per il proprio partito). Si noti: tutto ciò era del tutto evidente prima delle elezioni, e centrosinistra più 5Stelle avevano i numeri per cambiare in tempo la legge elettorale che – si sapeva – avrebbe garantito la vittoria a Meloni. Ricordo che anche Mussolini per costruire il suo regime provvide ad abolire la proporzionale: ecco un altro caso in cui conoscere la nostra storia aiuterebbe.

A.V.: Nella XII disposizione salta all’attenzione l’aggettivo ‘transitoria’. In ambito legislativo indicherebbe un passaggio da un ordinamento ad unaltro. Potrebbe spiegare la coerenza fra il termine ‘transitoria’ e il valore permanente che invece ha, essendo legge costituzionale?

R.M.: Non confondiamo: alla fine della Costituzione sono messe sotto lo stesso titolo le “Disposizioni transitorie e finali”, di queste alcune sono davvero “transitorie”, cioè a tempo, come quelle che riguardano i beni di Casa Savoia, la temporanea esclusione dal voto per un quinquennio (da stabilirsi con legge ordinaria) dei capi fascisti, il destino dell’Ordine Mauriziano o la soppressione della Consulta araldica (la XIV). Ma ci sono anche cose più serie, e certamente non “transitorie” bensì “finali”, come il riconoscimento della regione Molise (la IV) o del Friuli-Venezia Giulia (la X), e soprattutto non sono certamente “transitorie”, altre Disposizioni, come, ad esempio, la XVIII, quella che recita: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.” Dunque come la XVIII anche la XII Disposizione non è certamente “transitoria”.

A.V.: Il saggio Dodicesima Disposizione è riccamente articolato su un excursus storico che corre dai fatti della Prima guerra mondiale al neo fascismo dei nostri giorni. Nella storia di un secolo segnato dalle guerre mondiali, ma anche dalla Rivoluzione d’Ottobre, quali sono stati i maggiori prodromi che hanno sconfinato poi nel regime fascista degli anni mussoliniani? E oggi lei riscontra gli stessi prodromi? Considerato che quel regime è storicamente concluso, ma è anche, come avviene,l’eterno ritorno di un comportamento, perché ‘Fascista è chi fascista fa’ (Michela Murgia)?

R.M.: Esiste un nesso assai stretto fra la guerra e il fascismo. Ciò fu evidente nel caso della I° guerra mondiale, senza la quale il fascismo sarebbe stato impensabile. Si può ben dire che la guerra produce fascismo come il fascismo produce guerra, e proprio questo permise Gramsci di affermare profeticamente già nel corso del processo che lo condannò, che il fascismo avrebbe portato l’Italia alla rovina della guerra.
La guerra infatti alimenta nazionalismo e razzismo, fa tacere l’opposizione sociale in nome della difesa della patria, arricchisce a dismisura le imprese delle armi che, a loro volta, controllano i mass media e sostengono nell’opinione pubblica la guerra.

Non a caso fu un finanziamento straniero, di forze favorevoli alla guerra, che permise a Mussolini di fondare il suo quotidiano “Il Popolo d’Italia”. Ora siamo in guerra, e forse ne siamo ancora troppo poco consapevoli. Ma i sintomi di restringimento della democrazia legati alla guerra sono sotto gli occhi di tutti: giornalisti banditi e perseguitati con l’accusa di “putinismo”, russofobia che si è spinta fino a proibire seminari universitari su Dostojevskj o musiche russe, coinvolgimento delle scuole e delle università nelle campagne delle industrie di armi (a cominciare dalla “Leonardo”, partecipata dalla ex-Fiat, in cui sono coinvolti anche personalmente il Ministro della Difesa Crosetto ed importanti esponenti del PD), manifestazioni contro la guerra e il genocidio represse manganellate. Naturalmente lo stesso trattamento riservato alla Russia non tocca ad Israele, che anzi è finanziata e rifornita di armi anche italiane, giacché la guerra in cui l’Italia è coinvolta è in realtà la guerra dell’Occidente, cioè degli Stati Uniti e della NATO.

Il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse è legato alla guerra, anche perché i miliardi che l’Italia, in obbedienza al padrone americano, spende per la guerra sono sottratti alla sanità, alla scuola pubblica, ai trasporti pubblici, al welfare, a politiche di sostegno dell’occupazione, etc. D’altra parte la fedeltà atlantica giurata da Meloni le permette di fare qualsiasi cosa, senza incontrare l’opposizione vera delle forze capitalistiche italiane legate agli USA e all’Europa, cioè al capitale finanziario. Per questo battersi contro la guerra e per la pace è oggi non solo la priorità assoluta ma anche il modo migliore (l’unico) di combattere il ritorno di forme fascistoidi al Governo del Paese.

A.V.: Oggi, in Europa, si affermano sempre più governi di destra estrema, addirittura filo-nazisti, come in Ungheria e le formazioni di tale matrice sembrano, anzi sono, tutelate dai rispettivi governi. L’aspetto più inquietante e pericoloso di questa eversione nera, dilagante, consiste nel catturare molte fasce giovanili, utilizzando il meschino sistema del revisionismo storico e nel promuovere una società basata sui miti della forza e dell’impero. La cultura non basta, occorrerebbe una via d’uscita da questo loop criminale. Quale potrebbe essere, visto che il comunismo è considerato out e le forze di opposizione di sinistra sono frammentate? Lei che ne pensa?

R.M.: Comincerei dai termini che usiamo: il nazismo è il fascismo tedesco, così come il fascismo è il nazismo italiano. I due, Mussolini e Hitler, furono alleati di ferro (anzi “di acciaio”) e combatterono fianco a fianco anche in Italia con la Repubblica di Salò contro la Resistenza. Per questo mi sembra giusta l’idea di ZeroCalcare di chiamare senz’altro nazisti i neo-fascisti italiani: significa fare un po’ di chiarezza. D’altra parte Meloni presiede personalmente l’insieme dei gruppi neo-nazisti a livello europeo.

Esistono basi sociali ed economiche della diffusione del neo-nazismo in Europa (e anche altrove: penso all’America Latina, a Bolsonaro e Milei), e queste basi consistono in una crisi sociale ed economica di cui non si vede soluzione. Si tratta di un terribile circolo vizioso: il capitalismo in crisi colpisce le masse con le sue politiche di “austerità” (recentemente ri-votate dal Governo Meloni, in perfetta continuità con il Governo Draghi) e, al tempo stesso, utilizza il disagio sociale per diffondere il fascismo, giacché spinge le masse a combattere contro chi sta peggio ancora, contro il basso invece che contro l’alto, contro i migranti, per esempio, sfruttando e provocando la diffusione enorme del razzismo. Insomma: la destra utilizza il disagio che essa stessa provoca, e questo terribile circolo vizioso (che porta al fascismo) si rompe solo se la sinistra di classe saprà indicare la strada di una vera opposizione alle politiche di BCE-NATO, cioè di Draghi-Meloni (che dicono, e fanno, le stesse cose).

A.V.: Tornando al pamphlet, il cui tema è il cuore di questa intervista, è auspicabile che possa essere messo a disposizione online un corso dedicato a chi vuole conoscere ed approfondire tutti i passaggi, dalla prima guerra mondiale ai nostri giorni, segnati da una storia nera e pericolosa qual è quella del fascismo e i suoi continui rigurgiti nelle società. Sarebbe un bella opportunità per coloro che intendono conoscere e approfondire una storia che ci ha visto più volte deprivati di tutti i diritti. Una storia, quella dei vecchi fascismi che oggi è di nuovo attuale. Una storia triste e cattiva che dovremmo rinnegare sempre, tutti.

R.M.: Hai senz’altro ragione, e permettimi di dirti che il problema (per certi aspetti è, secondo me, il problema principale) consiste nel fatto che i nostri ragazzi e le nostre ragazze sono stati tenuti all’oscuro della storia del fascismo e del neo-fascismo. Da ex professore (e da nonno…) posso testimoniare che non ne sanno assolutamente nulla, perché la scuola e l’università non ne parlano, o (peggio ancora!) ne parlano in modo anti-antifascista obbedendo al Ministro Valditara, e sono state distrutte quelle agenzie collettive formative non scolastiche (i partiti, i sindacati, i movimenti, le lotte) in cui la mia generazione ha imparato la storia.

In particolare quella che non si conosce è la storia del neo-fascismo, cioè quello che nacque dopo la Liberazione e che ha segnato una scia di sangue nella storia italiana (attentati, aggressioni, tentativi di golpe, omicidi, bombe, etc.). Una tesi del libro Dodicesima Disposizione è che il neo-fascismo, organicamente collegato al MSI e alla Fiamma tricolore simbolo della Meloni, sia stato per certi aspetti ancora peggiore del fascismo propriamente detto. Ma nessuno ne sa niente e nessuno ne
parla mai, anche in quei rari casi di sentenze passate in giudicato che accertano le responsabilità neo-fasciste per fatti orrendi.

Per questo l’idea che avanzi, di rendere Dodicesima Disposizione un audio-video fruibile on line è davvero ottima. Già oggi abbiamo venduto oltre mille copie del libro e abbiamo proceduto a una seconda edizione accresciuta (un piccolo miracolo nel panorama dell’editoria italiana!), ma il testo è anche disponibile gratuitamente online, letto ad alta voce da alcuni giovani compagni. Chi vuole può dunque accedere al libro collegandosi al sito nazionale di Rifondazione
www.rifondazionecomunista.org/disposizione-xii

Buona lettura, e/o buon ascolto! –

Grazie, professor Raul Mordenti

NOTE

“Prof. Raul Mordenti“ Dipartimento di Studi letterari, Filosofici e Storia dell’arte“Università degli studi di Roma ‘Tor Vergata’“Via Columbia, 1 – 00133 Roma

‘Dodicesima Disposizione’ a cura del Dipartimento antifascismo del partito della Rifondazione comunista. Edizioni: Bordeaux

Con Il curatore Raul Mordenti hanno collaborato: Fabrizio Baggi, Sergio Dalmasso, Franco Federici, Saverio Ferrari, Dino Greco, Gianluigi Pegolo, Tiziana Pesce, Rita Scarpinelli
www.raulmordenti.it

Pubblicazioni del professor Mordenti

Frammenti di un discorso politico. Il ’68, il ’77, l’89, Verona, Essedue-Cierre, 1989. ISBN 88-85697-25-9; Roma, Rinascita, 2008. ISBN 978-88-903254-4-1.

Pietro Mandrè. Il “poeta proletario”. 1858-1938, con Carlo Felice Casula, Rimini, Quaderni di Storie e storia, 1989.

Le forme letterarie nella storia. La letteratura italiana nei sistemi culturali, con Franca Mariani e Francesco Gnerre, 2 voll., Torino, SEI, 1990.

L’utilizzazione didattica dei testi narrativi: I Promessi Sposi. Esperienze e riflessioni da un corso di aggiornamento scuola-università, a cura di e con Marisa Giampietro, Roma, Carucci, 1990.

La Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis, in Letteratura italiana, Le opere, III, Dall’Ottocento al Novecento, Torino, Einaudi, 1995. 

Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, in Letteratura italiana, Le opere, IV, Il Novecento, 2, La ricerca letteraria, Torino, Einaudi, 1996. 

Didattica della letteratura italiana, Roma, Euroma, 

Introduzione a Gramsci, Roma, Datanews, 

No al referendum peggioritario. Tutto quello che avreste voluto sapere sul referendum e non avete mai osato chiedere, Roma, Manifestolibri, 1998.

La bella e la bestia. Italianistica e informatica, con Giuseppe Gigliozzi e Antonio Zampolli, Torino, Tirrenia Stampatori, 2000. 

Informatica e critica dei testi, Roma, Bulzoni, 2001

La rivoluzione. La nuova via al comunismo italiano, Milano, Marco Tropea Editore, 2003. 

Che cos’è la critica letteraria. Dagli appunti delle lezioni, Roma, Aracne, 2006. 

L’altra critica. La nuova critica della letteratura tra studi culturali, didattica e informatica, Roma, Meltemi, 2007. ; Roma, Editori Riuniti University press, 2013. 

Gramsci e la rivoluzione necessaria, Roma, Editori Riuniti, 2007. 

L’università struccata. Il movimento dell’Onda tra Marx, Toni Negri e il professor Perotti, Roma, Edizioni Punto Rosso, 2010. 

Non è che l’inizio. Vent’anni di Rifondazione Comunista, Milano, Punto rosso, 2011. 

Gli occhi di Gramsci. Introduzione alla vita e alle opere del padre del comunismo italiano, Roma, Red Star Press, 2014. 

I sensi del testo. Saggi di critica della letteratura, Roma, Bordeaux, 2016. 

La grande rimozione. Il ’68-77: frammenti di una storia impossibile, Roma, Bordeaux, 2018. 

De Sanctis, Gramsci e i pro-nipotini di padre Bresciani. Studi sulla tradizione culturale italiana, Roma, Bordeaux, 2020.

Il virus e il poeta. Giuseppe Gioachino Belli specchio della pandemia, Roma, Bordeaux, 2021

Alba Vastano

Giornalista. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

INTERVISTA PUBBLICATA SUL NUMERO 5, MAGGIO 2024 – DEL MENSILE “LAVORO E SALUTE”

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