Tagliare le spese sociali investire su quelle militari: il diktat delle industrie belliche alla Ue
Accrescere la spesa militare, non è sufficiente raggiungere il 2% del Pil per i paesi Nato come deciso nell’ormai lontano 2014, si guarda a contenere la spesa sociale giudicandola in aperto contrasto con gli investimenti in materia di guerra.
Nel contesto della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la cooperazione NATO-UE è diventata più significativa. Abbiamo dimostrato inequivocabilmente unità di intenti e determinazione comune nel far leva sui nostri ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano reciprocamente. La NATO e l’UE continueranno a sostenere l’Ucraina. A tale riguardo, accogliamo con favore l’istituzione del coordinamento del personale specifico NATO-UE sull’Ucraina.
Abbiamo inoltre conseguito risultati tangibili nelle comunicazioni strategiche, tra cui la lotta alla disinformazione, il contrasto alle minacce ibride e informatiche, le esercitazioni, la cooperazione operativa, le capacità di difesa, l’industria e la ricerca della difesa, la lotta al terrorismo e lo sviluppo delle capacità di difesa e sicurezza.
Stiamo espandendo ulteriormente la nostra cooperazione in materia di resilienza, protezione delle infrastrutture critiche, tecnologie emergenti e dirompenti, spazio, implicazioni di sicurezza dei cambiamenti climatici e competizione geostrategica.
Continueremo inoltre ad affrontare le sfide sistemiche poste dalla RPC alla sicurezza euro-atlantica. Il dialogo politico tra la NATO e l’UE rimane essenziale per far progredire la cooperazione NATO-UE.
Il testo sopra riportato è un passo della dichiarazione finale della Nato dopo il summit in Lituania e se le parole hanno un significato crediamo impossibile travisare i reali intenti della Alleanza Atlantica. Potremmo estrapolare anche altri passi nei quali si giudica strategia l’area del Mar Nero, ove si pensa di rafforzare investimenti e presenza nel Sud Est asiatico o in Africa fino al monito, seppur velato, lanciato alla Serbia. O potremmo anche riflettere sul sostegno Usa alla Turchia per favorirne non solo l’ingresso nella Ue ma anche un ruolo da protagonista sempre più invadente nello scacchiere Mediterraneo.
Sul summit in Lituania stanno girando innumerevoli commenti, molti da prendere anche con le molle, consigliamo tuttavia la lettura di Analisi Difesa che parla di risoluzione finale e che lascerebbe l’amaro in bocca all’Ucraina rinviando il suo ingresso nella Nato
Zelensky alle corde ed Europa umiliata: a Vilnius trionfano Erdogan e Biden – Analisi Difesa
La lettura del portarle Analisi Difesa è a nostro giudizio bisognosa di alcuni correttivi e di considerare ben altre questioni, lo abbiamo fatto in un recente articolo su Cumpanis
La strategia Nato della guerra permanente | cumpanis
Se ci siamo soffermati su questo singolo passaggio della corposa risoluzione finale del summit Nato (NATO – Testo ufficiale: Comunicato del vertice di Vilnius emesso dai capi di Stato e di governo della NATO partecipanti alla riunione del Consiglio Nord Atlantico a Vilnius 11 luglio 2023, 11-lug.-2023) è perchè alcuni passaggi della stessa andranno ulteriormente sviscerati e commentati.
Il ruolo della Nato è in continua evoluzione, l’alleanza militare si occupa del cambiamento climatico perchè l’approvigionamento di prodotti del sotto suolo (ad esempio il litio) prevede il controllo economico e militare di interi continenti, affrontare le sfide sistemiche significa prepararsi a nuove guerre, accrescere le esercitazioni militari, la ricerca e la produzione di nuovi sistemi di arma, appropriarsi e sviluppare tecnologie innovative che dal campo militare potrebbero forse trasferirsi ad altri ambiti produttivi.
Ma per raggiungere questi ambizioni obiettivi strategici urge rivedere e accrescere la spesa militare, non è sufficiente raggiungere il 2% del Pil per i paesi Nato come deciso nell’ormai lontano 2014, si guarda a contenere la spesa sociale giudicandola in aperto contrasto con gli investimenti in materia di guerra.
A tal riguardo è illuminante una intervista rilasciata dai vertici della Leonardo per i quali dopo la guerra Fredda avremmo investito troppi soldi per il welfare e oggi sarebbe arrivato il momento di invertire la tendenza. A pensarci bene da quasi 40 anni la ricchezza prodotta non è andata al welfare e ai salari ma ai profitti, i salari italiani hanno perso potere di acquisto anche rispetto alle nazioni meno sviluppate della Ue, stipendi in caduta libera e uno Stato sociale del tutto inadeguato soprattutto per le fasce anagrafiche giovani.
Ma per la Leonardo invece il problema è ben altro, oggi lo Stato sociale rappresenterebbe una sorta di lusso insostenibile, per questo si chiede alla Ue di accrescere del 14 per cento la spesa militare ricorrendo anche a fondi comunitari per destinare quote crescenti del Bilancio Ue alla spesa militare.
Gli investimenti in campo militare riguardano la ricerca e produzione di sistemi d’arma sempre più micidiali e moderni e magari anche quell’esercito europeo in sinergia con la Nato di cui il documento strategico denominato la Bussola Europea parla da tempo.
Per questo lottare contro la spesa militare è diventata una scelta dirimente per non ripercorrere la strada intrapresa dagli Usa ove le spese sociali, per sanità e istruzione, per decenni sono state in continua decrescita e dove gli investimenti pubblici al sociale sono spesso finalizzati a business per sanità e previdenza privata, per favorire una nuova circolazione di capitale facendo fruttare questi soldi senza erogarli alla tutela della salute e dell’istruzione della cittadinanza tutta.
Un nuovo neo Keynesismo di guerra è all’orizzonte e per farsi strada si dice senza giri di parole che bisogna contrarre le spese sociali.
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Federico Giusti
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