Taglio INAIL e fondi infortuni: un ulteriore regalo alle imprese
Nei giorni scorsi il superministro Luigi Di Maio ha affidato ai social un suo tweet esultante, rivendicando il “merito” di un ulteriore grande regalo alle imprese, il taglio di oltre il 30% operato sulle tariffe INAIL. Così ha twittato Di Maio: “Buongiorno a tutti, ma soprattutto alle aziende e agli imprenditori italiani. Da oggi entrano in vigore le nuove tariffe INAIL, più basse del 30%. Per la prima volta dare lavoro in Italia costerà meno! Meno grida, più azioni concrete!” (vedi il post su Twitter che accompagna qui il contributo come immagine).
Chi invece non può proprio esultare sono i/le lavoratori/trici che, per effetto di quanto definito nella Legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145), ai commi dal 1121 al 1126 dell’unico articolo, vedranno non solo tagliati i fondi INAIL per la prevenzione degli infortuni ma anche rimborsi e risarcimenti per le vittime di infortunio.
Ciò che infatti Di Maio non dice nel suo tweet è chi finanzierà questi ulteriori regali alle imprese.
Aumentano gli infortuni sul lavoro …
Ci proponiamo quindi qui di fare qualche approfondimento sull’argomento, evidenziando innanzi tutto il contesto in atto che non è di diminuzione bensì di un aumento degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese.
I recenti dati INAIL (vedi il comunicato stampa dello scorso 29 gennaio, “Infortuni e malattie professionali, online gli open data Inail del 2018”) ci dicono che nel 2018 le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto sono state 641.261 (+ 0,9% rispetto al 2017), delle quali 1.133 con esito mortale (+ 10,1%). In aumento anche le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 59.585 (+ 2,5%).
Ma il trend in aumento sembra che debba continuare anche per quest’anno, secondo i dati INAIL appena forniti sui primi due mesi del 2019 (vedi il comunicato stampa del 2 aprile, “Infortuni e malattie professionali, online gli open data Inail del primo bimestre 2019”). Tra gennaio e febbraio le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto sono state 100.290 (+ 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2018), 121 delle quali con esito mortale, appena 4 a in meno dello stesso periodo dello scorso anno.
… ma diminuiscono le tariffe INAIL per le imprese.
Nonostante questi dati, nel dicembre scorso, con l’approvazione del maxiemendamentonella Legge di Bilancio, tra i tanti regali previsti per le imprese, è stata anche definita una revisione delle tariffe dei premi e contributi INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, quantificata in 1 miliardo e 535 milioni di Euro per il triennio 2019 – 2021 (410 milioni per il 2019, 525 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021). Le conseguenti minori entrate per l’Istituto verranno in parte finanziate, come previsto dal comma 1122, con una riduzione delle risorse strutturali destinate dall’INAIL per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro per complessivi 310 milioni di Euro nel triennio, oltre ad almeno altri 100 milioni di riduzione per il fondo di incentivi destinati alle imprese che investono in prevenzione, per esempio nella bonifica dell’amianto, nella formazione dei dipendenti, ecc.
Un’altra parte del taglio delle tariffe verrà finanziata dallo storno delle entrate dovute per altre imposte, tra cui l’IRES, l’imposta sul reddito delle Società.
A proposito di IRES, è utile fare una breve digressione. Dal 2000 a oggi l’aliquota IRES ha avuto una riduzione di enormi proporzioni, passando progressivamente dal 37% al 24%. Un altro regalo alle imprese di ben più consistenti dimensioni. En passant, ricordiamo che l’ultimo sconto di aliquota fu deciso dal Governo Renzi (dal 27,5% al 24%) mentre quello precedente dal Governo Prodi (dal 33% al 27,5%) nel 2007. L’attuale Governo Lega – M5S, con la Legge di Bilancio 2019, aveva introdotto un supersconto di aliquota di ben 9 punti (dal 24% al 15%) per le Società che effettuassero nuovi investimenti e assumessero nuovo personale, ma appena pochi giorni fa, il 4 aprile, il Consiglio dei ministri ha approvato il cosiddetto Decreto Legge Crescita (“Misure urgenti per la crescita economica”) che ha rivisto questa norma, chiamata mini–IRES, che avrebbe portato a difficoltà applicative, anche per le incongruenze tecniche inserite nella stessa norma, sostituendola con una tassazione sempre ridotta ma di più semplice gestione e calcolo. Adesso, sugli utili reinvestiti (quindi anche investimenti in nuovi processi produttivi, come la robotizzazione, che possono portare a una riduzione di personale), viene introdotta un’aliquota IRES agevolata del 22,5% nel 2019, che progressivamente si ridurrà ancora fino ad arrivare a una aliquota del 20% nel 2022.
Insomma, i regali non finiscono mai. I lavoratori dipendenti e i pensionati, all’opposto, pagano oltre 127 miliardi di Euro di imposta IRPEF, pari all’81,9% del gettito complessivo (elaborazione dati CGIA di Mestre sulle dichiarazioni dei redditi 2017 riferite all’anno 2016).
Ma ritorniamo al taglio delle tariffe INAIL. Con i tre decreti interministeriali applicatividella Legge di Bilancio, emessi nei giorni scorsi per le diverse gestioni INAIL (lavoratori dipendenti nei settori Industria, Artigianato, Terziario, ecc.; Navigazione; titolari e soci di aziende artigiane), le tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali si riducono mediamente del 32,7%. E secondo i dati forniti dall’INAIL, il taglio complessivo dell’onere finanziario per le imprese arriva fino a 1,7 miliardi di Euro.
Le Organizzazioni sindacali acconsentono …
In questi giorni e negli scorsi mesi e settimane si sono susseguite dichiarazioni, da più parti sindacali, prima contro i provvedimenti inseriti nel maxiemendamento e poi sui decreti interministeriali attuativi. Tutte dichiarazioni condivisibili, ma che omettono però nel contempo di ricordare che della necessità di revisione del sistema tariffario INAIL per le imprese se ne parla nel Patto per la fabbrica, l’accordo interconfederale su “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva di Confindustria e di CGIL, CISL, UIL”, sottoscritto il 28 febbraio e ratificato il 9 marzo dello scorso anno, al punto c) del capitolo 6 (Relazioni industriali).
Ricordiamo che il Patto per la fabbrica fu approvato dal Comitato Direttivo nazionale della CGIL con soli 5 voti contrari, corrispondenti ai/alle compagn* dell’Area di opposizione de “Il sindacato è un’altra cosa” e che di lì a poco avrebbero presentato e sottoscritto il Documento congressuale alternativo “Riconquistiamo tutto!”. Sul sito web dell’Area sindacale si può reperire un report di quella riunione del Comitato Direttivo e una sintesi dell’intervento di Eliana Como, la portavoce nazionale dell’Area.
E il 12 dicembre scorso, poco prima della presentazione alle Camere del maxiemendamento da parte del Governo, è stato sottoscritto tra CGIL, CISL e UIL e Confindustria un Accordo su “Salute e sicurezza. Applicazione del patto per la fabbrica”.
A pagina 4 dell’Accordo si indica che “La tariffa dei premi assicurativi deve essere urgentemente aggiornata.” E che “le imprese sono chiamate a versare premi ben superiori a quello che sarebbe equo esigere, a causa di un sistema assicurativo (nomenclatore tariffario e tassi) ormai in larga parte desueto.” Inoltre che “è del tutto evidente che, col passare del tempo, le difficoltà cresceranno perché i processi di trasformazione dell’economia, del manifatturiero come dei servizi nonché gli effetti della digitalizzazione, della robotizzazione dei processi renderanno le tariffe dell’Istituto rapidamente obsolescenti e ingiustamente gravose.” Qui vogliamo sottolineare che le Organizzazioni sindacali hanno quindi sottoscritto:
- a) che i padroni pagano tariffe troppo onerose e sono vessati da tasse ingiuste;
- b) che i processi di trasformazione in atto, nonché digitalizzazione e robotizzazione, avranno come conseguente effetto una diminuzione degli incidenti sul lavoro.
Il punto a) non necessita di commenti, tanto più ricordando che stiamo parlando di rimborsi e risarcimenti anche per decessi o invalidità permanenti per cause di lavoro.
Il punto b), invece, potrebbe sembrare molto logico, a prima vista. Ma allora perché, se nei processi produttivi vengono introdotte sempre più macchine che incorporano lavoro vivo, gli incidenti sul lavoro, anche quelli mortali, sono in aumento? Le risposte a questa domanda vanno ricercate lungo due direttrici: da un lato perché l’industria 4.0 convive – per dirla con una battuta – con l’industria 0.4, anzi se ne serve come supporto, tanto più su scala globale; dall’altro perché la perdita di tutele e diritti, la pervasività e l’aumento di fatto degli orari di lavoro, la flessibilità e la precarietà crescenti, l’aumento dell’età pensionabile hanno dirette conseguenze anche sulla sicurezza e sulla salute nei posti di lavoro. Non a caso la crescita degli infortuni nel 2018 (+ 0,9%, come dato complessivo) è dovuto essenzialmente all’aumento avvenuto tra i/le lavoratori/trici stranieri/e extracomunitari/ie (+ 9,3%) e una morte su due coinvolge lavoratori/trici di età compresa tra i 50 e i 69 anni (572 casi nel 2018)).
… ma degli auspicati miglioramenti delle prestazioni per i/le lavoratori/trici non c’è nemmeno l’ombra.
Nell’Accordo, appena dopo, a pagina 5, segue il punto e), in cui si sostiene che “Gli avanzi di gestione dell’INAIL vanno utilizzati, oltre che per la riduzione dei premi, per il miglioramento delle prestazioni economiche a favore di malati e infortunati sul lavoro e per qualificare sempre di più sia le attività di prevenzione che quelle di riabilitazione degli infortunati del lavoro e di cura dei malati di patologie di origine professionale.”
E vengono quindi individuati diversi punti su ciò che occorrerebbe fare, a partire dall’“aumentare il valore economico degli indennizzi” e dall’“allargare la casistica dei danni indennizzati”. E poi rendendo più incisiva l’azione dell’INAIL, con l’obbiettivo di “potenziare le attività di prevenzione, orientare più efficacemente la ricerca, migliorare la qualità delle prestazioni a favore degli assititi.”
Come abbiamo potuto verificare, appena pochi giorni dopo la firma di questo Accordo, il Governo ha presentato il maxiemendamento alla Legge di Bilancio, in cui veniva recepito quanto sottoscritto per quanto riguarda le imprese ma non per quanto riguardante i/le lavoratori/trici. Non vogliamo sostenere che vi sia allora un rapporto di causa / effetto diretto. Di Maio, il 26 giugno dello scorso anno, intervenendo all’Assemblea nazionale annuale di Confartigianato, aveva già sottoscritto pienamente tutti i 7 punti che il presidente Giorgio Merletti aveva indicato nella sua relazione come proposta di un contratto da fare con il Governo. Tra i 7 punti vi era appunto anche la revisione delle tariffe INAIL. La revisione era già contenuta nel maxiemendamento che si stava preparando e preannunciata nell’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico con le associazioni rappresentative delle piccole e medie imprese, l’11 dicembre scorso.
Però alcune lezioni se ne possono trarre. Così come per tutti gli accordi in cui vi sia un primo tempo di misure a favore dei padroni e un secondo con misure a favore dei/delle lavoratori/trici, si può star certi che la partita verrà chiusa con la fine del primo tempo. Occorrerebbe quindi chiuderla con accordi con le controparti in cui si sottoscrivono richieste comuni da fare al Governo. Si può star certi che verranno recepite in gran parte, se non esclusivamente, solo le istanze padronali.
In questo caso, si rivedono e si riducono del 32,7% le tariffe a carico per le imprese ma non si fa nulla per rivedere il valore economico degli indennizzi e delle prestazioni economiche per i/le lavoratori/trici che subiscono infortuni sul lavoro. Anzi, vengono tagliati 410 milioni di Euro nel prossimo triennio per prevenzione e formazione sulla sicurezza.
Così, l’attivo di cassa dell’INAIL, derivato da un divario consolidato negli anni tra le entrate per il pagamento dei premi e le uscite per le prestazioni di risarcimento a favore dei/delle lavoratori/trici per infortuni e malattie professionali, arrivato al 31 dicembre 2017 a 26,7 miliardi di Euro, utilizzati sinora dallo Stato a interessi zero con l’obbiettivo del pagamento degli interessi del debito pubblico alle banche e alla speculazione finanziaria, viene ora utilizzato per fare un regalo alle imprese, non per aumentare le prestazioni in favore dei/delle lavoratori/trici.
Tutti i punti indicati al punto e) dell’Accordo, invece che di un’intesa con Confindustria, dovrebbero piuttosto far parte di una piattaforma per una vertenza generale con il Governo e con le associazioni padronali sui temi della sicurezza e della salute sui posti di lavoro.
Ma non basta! Le imprese non dovranno più pagare risarcimenti sui danni non coperti dall’INAIL.
Con la Legge di Bilancio è stato introdotto un altro regalo alle imprese e a danno dei/delle lavoratori/trici, meno conosciuto perché più nascosto nelle pieghe della Legge stessa, all’interno di una norma scritta in maniera contorta e di non facile interpretazione.
Il comma 1126 della Legge di Bilancio 2019 modifica pesantemente alcuni articoli del Testo Unico sull’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro (Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124). L’INAIL, infatti, non riconosce il pagamento di una serie di danni, come ad esempio il danno biologico temporaneo, la personalizzazione del danno biologico, il danno patrimoniale diverso dall’incapacità lavorativa, il danno morale, ecc. Fino a oggi il/la lavoratore/trice vittima di infortunio (o i suoi eredi, nel caso di decesso) poteva ricorrere al giudice per l’eventuale indennizzo economico di danni non coperti dall’INAIL e il Tribunale, se ne rilevava la fondatezza, imponeva all’azienda il risarcimento del differenziale tra quanto già coperto dall’INAIL e quanto stabilito dal giudice.
Con le modifiche introdotte con il comma 1126, in pratica è stata stabilita l’abrogazione del danno differenziale. Quanto indennizzato dall’INAIL copre integralmente il danno e non può più essere chiesto alcun ulteriore importo né in sede civile, né in sede penale. Pertanto alle imprese non potranno essere richiesti altri indennizzi.
Tutto ciò viene ben spiegato in un articolo pubblicato sul Notiziario medico–legale del Patronato ANMIL (Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi del Lavoro), a firma di Mauro Dalla Chiesa, avvocato e consulente legale del Patronato, a cui qui rinviamo: “La riforma del danno differenziale a danno del lavoratore infortunato”, pubblicato sul Notiziario n. 2, febbraio 2019.
Oltre a questa, altre conseguenze, sempre nel solco della riduzione dei diritti dei/delle lavoratori/trici e dell’ampliamento delle prerogative garantite alle imprese che derivano da quanto introdotto nell’ordinamento con il comma 1126, vengono descritte, pur in un linguaggio più specialistico, in due recenti corposi articoli pubblicati su “Questione Giustizia”, la rivista trimestrale di Magistratura Democratica:
- “La maledizione di Kirchmann, ovvero che ne sarà del danno differenziale”, di Marco Rossetti, consigliere della Corte di Cassazione, pubblicato il 6 febbraio – vedi:
- “La finanziaria diminuisce il risarcimento del danno spettante al lavoratore invalido (ed arricchisce l’impresa)”, di Roberto Riverso, anch’egli consigliere presso la Corte di Cassazione, pubblicato il 13 marzo – vedi:
L’INAIL – riferisce “la Repubblica” – avrebbe precisato che, “Ad ogni modo, nel caso in cui si dovessero affermare interpretazioni della norma a danno del lavoratore, l’Istituto si impegna a sostenere e/o promuovere, nelle competenti sedi, ogni iniziativa utile a ripristinare la piena tutela.”
Ma davvero si tratta di interpretazioni distorte e voci allarmate? Perché intanto è la Corte Suprema di Cassazione, in una sua recentissima sentenza (Sentenza della Quarta Sezione – Lavoro n. 08580/19 del 27 marzo 2019), che ha confermato queste interpretazioni. Una sentenza importante, peraltro, perché quanto meno ha stabilito che le previsioni contenute nel comma 1126 non sono applicabili a giudizi in corso ricollegabili a infortuni e malattie professionali verificatesi o denunciati prima dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio. In sostanza, la Corte ha escluso la retroattività, su cui erano sorti parecchi dubbi e timori. Nel caso specifico, il giudizio riguardava il ricorso dell’azienda laziale di trasporto pubblico extraurbano CO.TRA.L. S.p.A. contro una sentenza d’appello favorevole alla vedova di un lavoratore deceduto per mesotelioma.
Anche qui, per utilizzare un linguaggio meno specialistico, ci affidiamo alle spiegazioni contenute in un altro articolo di Mauro Dalla Chiesa, “INAIL: la riforma toglie tutele ai lavoratori (Note a Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 marzo 2019, n. 8580)” pubblicato sul Notiziario medico–legale del Patronato ANMIL, n. 3, marzo 2019. Tutta la vicenda dimostra come sia necessario saper guardare oltre la superficie della propaganda governativa e che occorre finirla con la pratica di accordi concertativi con le controparti in cui si sottoscrivono richieste comuni da fare al Governo.
Occorre invece acquisire l’autonoma consapevolezza che i/le lavoratori/trici hanno interessi irriducibilmente opposti a quelli padronali e che anche sul terreno della sicurezza e della salute sui posti di lavoro va costruita una piattaforma con i/le lavoratori/trici per condurre una vertenza generale con il Governo e i padroni su un tema che è così fondamentale.
Aurelio Macciò
(del Comitato Direttivo nazionale FP CGIL – Area “Riconquistiamo tutto!”)
7 aprile 2019 https://sindacatounaltracosa.org
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