Tangenti Grandi opere: 25 miliardi di business.
“Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità”. Ma in Italia è accaduto il contrario: “i magistrati sono stati virtualmente schiaffeggiati e i corrotti accarezzati”. Così il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, commenta a Unomattina l’inchiesta di Firenze sulle tangenti sulle grandi opere. Una presa di posizione molto chiara che mette al centro della politica il nodo delle dimissioni di Lupi (che intanto dichiara di non volersene andare). Renzi, intanto, nicchia. Per il momento Lupi non è indagato, ma la vicenda del Rolex regalato al figlio (“ha fatto male a prenderlo”) e la cena con uno dei maggiori indagati alla quale è arrivato con tanto di scorta, rappresentano circostanze precise a suo carico.
Renzi nicchia, e si capisce anche perché. L’inchiesta ha preso le mosse dai lavori per lAlta velocità in Toscana. E Renzi è stato sindaco di Firenze. Insomma a poco più di un mese e mezzo dall’inaugurazione dell’Expo questi “schizzi di fango” direttamente su palazzo Chigi sono un bel problema per “l’enfant terrible” rottamatore. Cambiano i “furbetti del quartierino”, ma lo scambio è sempre lo stesso e si basa sugli appalti. L’arresto del supermanager dei Lavori Pubblici e stretto collaboratore di Lupi, Ercole Incalza, insieme ad altri tre dirigenti e alla decisione dei magistrati di indagare altre 51 persone sulle commesse per la Tav, l’Expo e tanti altri grandi lavori (perfino la Salerno-Reggio Calabria) svela una nuova fitta rete di corruzione e di rapporti criminali tra la politica e l’amministrazione della cosa pubblica.
Il nome di Lupi, c’è da dire, torna anche a proposito dell’Expo. Nel capitolo dell’ordinanza del gip di Firenze relativo a Palazzo Italia, si parla anche di una richiesta da parte di Perotti di incontrare il ministro dell’Infrastrutture Maurizio Lupi. Il 3 gennaio 2014, si legge, “Perotti nel riportare che si è accordato con l’ing. Incalza per incontrarsi presso la sede di Expo 2015, chiede a Franco Cavallo (imprenditore arrestato, ndr) di fare in modo, tramite Emanuele Forlani, di incontrare in ministro Lupi prima che inizi il sopralluogo”. E Cavallo “ribatte che il ministro è già informato della richiesta di incontro”.
Non solo, secondo gli inquirenti un brano di una conversazione di Lupi che compare agli atti “ben rappresenta” l’importanza della Struttura tecnica di cui era a capo Incalza. “Se viene abolita la Struttura Tecnica di Missione – dice il ministro in una telefonata – non c’e’ più il governo!”. In quel periodo si stava discutendo di legge di stabilita’ e del futuro della nuova struttura tecnica di missione e il dibattito era tra chi voleva tenerla dentro al mio ministero oppure come diceva Incalza: c’e’ chi vuole chiuderla o trasferirla alla presidenza del Consiglio. Al telefono con Incalza – aggiunge Lupi – ho ripetuto quello che avevo detto nelle discussioni politiche, parolacce comprese: dicevo che era un errore togliere al ministero quella struttura ampuntandolo di un braccio operativo. Qualora non ci fosse stata fiducia nel ministro, si faceva prima a cambiare ministro non depotenziando il ministero”.
Incalza ‘sceglieva’ gli appaltatori ‘amici’ suggerendo poi loro il nome dei direttori dei lavori, sempre persone riferibili a Perotti. In cambio riceveva compensi per consulenze, come i 500 mila euro ottenuti da una società impegnata nella Av Firenze-Bologna o i 700 mila dati da un’altra ditta a suo genero, Alberto Donati. I Ros hanno perquisito società in tutta Italia, anche sedi di Rfi e di una controllata dall’Anas. Dei 51 indagati, Incalza e Perotti sono in carcere. Ai domiciliari sono finiti l’imprenditore Francesco Cavallo e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Fra coloro che non sono destinatari di misure cautelari ci sono gli ex sottosegretari ai trasporti Rocco Girlanda e Antonio Bargone, l’ex deputato Stefano Saglia, poi nel cda di Terna, Vito Bonsignore, ex presidente del gruppo Ppe, e l’ex manager di Expo, Antonio Acerbo. Ognuno di loro, secondo l’accusa, ha avuto un ruolo in appalti pilotati. L’ammontare? In una intercettazione, Perotti spiega che le sue società hanno ricevuto in 10 anni lavori per 25 miliardi di euro. In tangenti sarebbe finito almeno un miliardo. Anche un monsignore (non indagato), l’ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, Francesco Gioia, si sarebbe attivato per sponsorizzare un’impresa per Expo.
Fabrizio Salvatori
17/3/2015 www.controlacrisi.org
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