Terza età, la depressione non è un destino
La solitudine e i sintomi della depressione vengono generalmente considerati come problemi della terza età, connaturati al ‘normale’ invecchiamento. Questa concezione trova riscontro nella realtà dal momento che l’invecchiamento spesso implica circostanze e condizioni associate a un più alto rischio di solitudine e depressione. Tali circostanze e condizioni includono i problemi di salute, la perdita delle persone care, un maggiore rischio di deterioramento cognitivo e una disponibilità limitata di risorse socio-economiche. Una serie di ricerche svolte nei paesi occidentali mostra tuttavia che i tassi di solitudine e depressione si mantengono piuttosto stabili quando le persone entrano nella terza età, con picchi più alti dopo gli 80 anni. Gli incrementi del tasso di solitudine dovuti all’età potrebbero tuttavia essere più pronunciati e verificarsi nei paesi con condizioni di vita e programmi di welfare insoddisfacenti. Poco si sa sui rischi della solitudine legata all’età nei paesi dell’Europa orientale, dove emergono sfide significative in termini di soddisfacimento delle necessità materiali, sociali e sanitarie della popolazione anziana. In questi paesi, le prestazioni sanitarie sono insufficienti, le condizioni sanitarie della popolazione sono relativamente insoddisfacenti, e i tassi di povertà sono elevati.
Divari geografici
I dati rappresentativi a livello nazionale provenienti dall’Indagine su generazioni e genere mostrano una variazione significativa in termini di solitudine e sintomi della depressione tra uomini e donne in età avanzata (60-80 anni). Al riguardo, emerge con chiarezza un gradiente tra est e ovest, con tassi di solitudine e depressione fino a tre volte più elevati nei paesi dell’Europa orientale rispetto ai paesi dell’Europa nordoccidentale. Nei paesi ex-comunisti, tra il 25% e il 40% della popolazione dichiara di essere afflitto da un alto livello di solitudine, percentuali ben più elevate rispetto a quelle registrate nei paesi dell’Europa nordoccidentale (8-12%). Analogamente, nei paesi dell’Europa orientale, i sintomi della depressione affliggono una fetta della popolazione compresa tra il 20 e il 30%, mentre nei paesi dell’Europa occidentale, le percentuali si attestano al 10-18%. Siffatti divari sembrano emergere durante la terza età. Le analisi riferite all’intera età adulta (18-80 anni) mostrano solamente differenze minime tra paesi per quanto riguarda la solitudine e la depressione nella prima e nella seconda età adulta. Mentre i tassi di solitudine e depressione nei paesi dell’Europa orientale tendenzialmente raddoppiano o si triplicano nel passaggio dalle fasce d’età più giovani (18-30 anni) a quelle più avanzate (60-80 anni), nei paesi dell’Europa occidentale i valori riscontrati per le fasce d’età più avanzate sono paragonabili a quelli relativi alla prima età adulta.
Un divario est-ovest emerge anche per quanto riguarda le differenze di genere (si vedano le figure 1 e 2). Se tali differenze sono relativamente contenute nei paesi dell’Europa occidentale, le donne mostrano tassi di solitudine e depressione molto più elevati (rispettivamente 9 e 20 punti percentuali in più) se confrontate con la popolazione maschile nei paesi dell’Europa orientale.
Figura 1. Differenze di genere nei livelli di solitudine, 60-80 anni
Nota: La solitudine viene misurata attraverso una versione a sei quesiti della Scala sulla solitudine emotiva e sociale, adattata da de Jong-Gierveld. Facendo uso di una rigorosa misurazione e osservazione dei comportamenti, le persone “sole” dichiarano un elevato livello di solitudine. I paesi sono ordinati in base al tasso di solitudine riscontrato tra la popolazione femminile. Fonte: GGS.
Figura 2. Differenze di genere nei livelli di depressione, 60-80 anni
Nota: I sintomi della depressione vengono misurati attraverso una versione a sette quesiti della scala CES-D. Un valore limite di 6 identifica le persone con i sintomi della depressione; ciò corrisponde al valore limite (ampiamente utilizzato) di 16 all’interno della versione originale a 20 quesiti della scala CES-D. Fonte: GGS.
Cercare le motivazioni
Perché la popolazione anziana dei paesi dell’Europa orientale è così vulnerabile alla solitudine e alla depressione? La risposta è in parte legata alle condizioni socioeconomiche disagiate, a un sistema sanitario carente, all’assenza di politiche di sostegno e quindi in generale a un insieme di precondizioni poco favorevoli all’invecchiamento attivo. La rete sociale della popolazione anziana dei paesi dell’Europa orientale potrebbe trovarsi in condizioni di svantaggio anche a causa della diminuzione del tasso di fertilità e all’aumento nei flussi migratori della popolazione nella prima età adulta. Larga parte della popolazione anziana si trova quindi a essere privata del sostegno di figli(e) e nipoti; inoltre, quando le politiche pubbliche sono carenti, queste persone potrebbero non disporre di adeguate risorse per combattere la solitudine. In particolar modo quando questi fattori si sommano, essi possono contribuire alla solitudine e alla depressione nella misura in cui fanno venir meno le occasioni per svolgere attività o intrattenere relazioni significative, e riducono il senso di autostima, l’ottimismo e la speranza per il futuro. Tali fattori potrebbero anche diminuire le possibilità di ripresa per quelle persone che sono affette da solitudine o depressione.
L’alto rischio di solitudine e depressione cui sono esposte le donne dei paesi dell’Europa orientale può essere attribuito – almeno in parte – al fatto che un numero relativamente elevato di queste sta invecchiando senza un(a) partner (a causa delle aspettative di vita più basse tra gli uomini) e con problemi di salute e finanziari. Inoltre, la spiegazione può essere in parte fornita dal fatto che le donne sono più inclini ad ammettere di provare solitudine o stress a livello psicologico.
Il ruolo dello stato sociale
Risulta evidente che nei paesi che hanno sistemi previdenziali generosi e nei quali la spesa pubblica pro capite relativa ai servizi sanitari e sociali è tra le più alte in Europa, le persone godono di migliori condizioni sociali e psicologiche rispetto a quei paesi dove le politiche pubbliche in tale ambito sono meno generose. Sistemi previdenziali e sanitari adeguati potrebbero fungere da cuscinetto contro (o ritardare) il rischio di una bassa qualità della vita durante la terza età, soprattutto per le classi sociali più basse. Nello specifico, gli stati sociali più forti e generosi potrebbero prevenire o ridurre i problemi di salute mentale attraverso l’erogazione di servizi sanitari e sociali adeguati, la garanzia di condizioni reddituali e abitative soddisfacenti, trasporti pubblici ben funzionanti e l’adozione di misure a sostegno di coloro che prestano assistenza ai membri della propria famiglia, nonché attraverso un miglioramento delle condizioni del quartiere in cui le persone interessate vivono. Queste misure potrebbero predisporre un terreno più fertile all’integrazione sociale e all’autosufficienza, e quindi rendere possibile e incoraggiare la partecipazione sociale, in particolar modo tra la popolazione anziana con problemi di salute o limitate risorse socio-economiche.
I fattori culturali
Anche i fattori culturali potrebbero avere un ruolo. Confidando molto nei forti legami a livello familiare e di comunità, la popolazione della Francia e dei paesi dell’Europa orientale – caratterizzati da una forte impronta familistica e collettivistica – tende a sperimentare la solitudine più facilmente che in altri paesi, soprattutto quando i contatti e il sostegno a livello sociale sono limitati. La solitudine si verifica quando la qualità delle relazioni sociali di una persona è inferiore alla qualità attesa o desiderata di tali relazioni. Una bassa soglia di solitudine potrebbe rendere le cose più difficili per le persone anziane in quei paesi che mostrano alti tassi di vedovanza, tassi di fertilità in diminuzione, e una forte emigrazione. In sostanza, la combinazione di una bassa soglia di solitudine e di cambiamenti negativi in termini di integrazione sociale potrebbe contribuire a spiegare gli elevati livelli di solitudine in Francia e nei paesi dell’Europa orientale.
Solitudine e depressione non sono un destino
Contrariamente a quanto comunemente si crede, la solitudine e la depressione non costituiscono gli esiti normali o ineludibili dell’invecchiamento. Tuttavia, in molti paesi dell’Europa orientale, che finora sono stati poco studiati, i dati suggeriscono che fino a un terzo della popolazione anziana mostra i sintomi della solitudine o della depressione. Questi sono particolarmente significativi tra le anziane che vivono in quest’area geografica. A confronto, nei paesi dell’Europa occidentale le differenze di genere sono relativamente più ridotte. I risultati delle ricerche confermano e riflettono le disparità nelle condizioni dell’invecchiamento tra i vari paesi europei, e mostrano la presenza di forti carenze in termini di qualità della vita durante la terza età in alcuni paesi europei.
L’importanza di prevenire e ridurre la depressione va oltre l’ambito emozionale. La depressione accelera il declino psicologico e cognitivo, oltre ad aumentare il bacino d’utenza dei sevizi sanitari e assistenziali. Le persone depresse e infelici sono generalmente meno impegnate socialmente e mostrano un comportamento meno altruistico, il che potrebbe a sua volta avere effettivi negativi sulla salute mentale all’interno della propria rete sociale e della propria comunità. Alleviare la solitudine e la depressione è pertanto importante sia per le persone che per le società, e i costi della solitudine e della depressione potrebbero far aumentare drammaticamente i costi dell’invecchiamento della popolazione. Considerare l’eliminazione delle disuguaglianze sul piano sanitario come prioritaria in un periodo di forti difficoltà economiche non è impresa da poco ma è nondimeno importante al fine di migliorare la salute della popolazione e di ridurre le disuguaglianze sul piano sanitario.
Quando le difficoltà economiche e sociali si assommano a un’età media della popolazione sempre più elevata, ne risulta un danno potenzialmente più significativo al benessere di una larga fetta della popolazione anziana. Potrebbero anche verificarsi degli effetti positivi a cascata dal momento che le persone non depresse e più felici sono generalmente più impegnate a livello sociale e mostrano comportamenti prosociali, il che potrebbe a sua volta avere ripercussioni positive sulla salute mentale all’interno della propria rete sociale e della propria comunità.
Riferimenti
Hansen T. & Slagsvold, B. (2016). Late-life loneliness in 11 European countries: Results from the Generations and Gender Survey. Social Indicators Research, 124, 1-20.
Hansen T, Slagsvold, B, Veenstra, M. (2017). Educational inequalities in late-life depression across Europe. European Journal of Ageing, 14, 407-418.
Hansen T, Slagsvold, B. (2017). The East-West divide in late-life depression in Europe. Scandinavian Psychologist, 4, e4.
Thomas Hansen, Britt Slagsvold
4/6/2019 www.ingenere.it
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