Texprint, manganelli e arresti contro lo sciopero della fame
La lingua batte dove il dente duole. Solo il sempreverde detto popolare può spiegare l’operazione di polizia che, alle prima luci dell’alba, ha portato allo sgombero coatto di una decina di operai licenziati dalla Texprint, «colpevoli» di star chiedendo da mesi e mesi il rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro – a partire dalle 40 ore settimanali – e ora doppiamente rei per aver iniziato mercoledì scorso uno sciopero della fame, con presidio davanti al duecentesco palazzo municipale.
QUELLA PICCOLA TENDA MONTATA davanti al Comune ha fatto saltare i nervi a molti, sindaco Biffoni compreso. Anche perché sul palco del “Settembre Pratese”, davanti a un migliaio di persone in piazza Duomo, il rapper torinese Willie Peyote poche ore prima si era schierato al fianco degli operai, indossando la maglietta con la scritta “8×5” e citando Gino Strada: «Quando i diritti non sono di tutti non si chiamano più diritti, si chiamano privilegi».
Così, dopo l’immediata multa per occupazione di suolo pubblico, sono intervenuti i poliziotti del reparto mobile insieme a finanzieri, vigili e carabinieri. Uno spiegamento di forze da blitz contro la criminalità organizzata: «Ci hanno malmenati e portati scalzi in questura», denunciano i Si Cobas, che con Luca Toscano e Sarah Caudiero partecipavano allo sciopero della fame. E non sono mancati gli arresti «per resistenza a pubblico ufficiale»: per primo l’operaio senegalese Abdou Khadre, e a ruota tre manifestanti arrivati davanti alla questura per organizzare un sit-in di protesta contro lo sgombero. Saranno processati oggi, per direttissima.
IL PRESIDIO era stato organizzato per sollecitare risposte da parte dell’Ispettorato del lavoro, che a gennaio aveva fatto dei controlli all’interno della stamperia a conduzione cinese, denunciata dal sindacato di base per turni di lavoro che arrivavano a dodici ore al giorno, sette giorni su sette. «Avevamo chiesto alla prefettura di convocare un tavolo con enti locali e Ispettorato del lavoro – spiega Luca Toscano – ci hanno risposto che il tavolo sarebbe stato convocato a patto che noi togliessimo il presidio. Ci è parsa una proposta indecente perché dimostra che il problema non è la situazione degli operai Texprint, il problema è che qui si racconta una realtà di cui non si deve parlare».
È una realtà, quella del formicaio di piccole e piccolissime aziende del Macrolotto, contoterziste o produttrici in proprio nel florido comparto del pronto moda, monopolizzate dalla spregiudicata imprenditoria della folta comunità cinese in città, dove chiedere tutele e rispettare i diritti del lavoro equivale a una bestemmia. «Questa volta però qualcosa si è mosso – racconta ancora Toscano – in sei fabbriche del Macrolotto è partito uno sciopero di solidarietà con questi operai licenziati, che hanno avuto il coraggio di raccontare la schiavitù del distretto tessile pratese».
Agli sgomberati è arrivato il sostegno, fra i tanti, del Collettivo di fabbrica Gkn: «Ma veramente credete di poter fermare così questa vertenza? Veramente insistete ad attaccare lavoratori che chiedono banalmente il rispetto del contratto nazionale? I lavoratori Texprint erano qua proprio ieri sera a spiegarci la loro situazione. Consideriamo un attacco a loro come un attacco a tutti noi».
Immediata la reazione anche di Potere al popolo, e del Prc toscano: «Altro che problema ordine pubblico, come continua a dire il sindaco Biffoni. Il punto vero è il patto non scritto fra padronato e tutti i poteri locali e regionali, visto che la Regione non ha ancora fatto nulla nonostante le promesse, per non vedere una sorta di extra territorialità all’interno del distretto pratese in cui, nel nome della competitività al massimo ribasso, si può derogare ad ogni minimo diritto. A questo punto non solo del lavoro, anche umano».
DAL SI COBAS È PARTITO un appello a Cgil, Arci e Anpi: «Questa non è una battaglia di bandiera, non è mai troppo tardi per sostenere la lotta dei lavoratori». E la consigliera comunale pentastellata Silvia La Vita ricorda: «Ad aprile abbiamo depositato un’interpellanza, per coinvolgere il consiglio nella problematica dello sfruttamento del lavoro, che riguarda purtroppo tantissime imprese del nostro territorio. Ma da cinque mesi stiamo aspettando che qualcuno ci risponda».
Riccardo Chiari
4/9/2021 https://ilmanifesto.it
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