Torino: assemblea nazionale Non Una Di Meno 1 e 2 giugno
Nell’anno appena trascorso Non Una di Meno è stata protagonista di un grande percorso di affermazione politica che ha travalicato i segnali già incredibili raccolti negli anni precedenti. L’abbiamo detto fin dall’inizio e lo ripetiamo con sempre maggiore convinzione: la rivoluzione sarà femminista e transfemminista, o non sarà. Ne troviamo conferma nella nostra quotidianità, nelle lotte che attraversiamo, nelle relazioni, sui luoghi di lavoro, in casa e per le strade: negli anni precedenti. La prospettiva intersezionale che stiamo cercando di costruire e praticare è imprescindibile per trasformare le nostre vite e il mondo che ci circonda.
Le assemblee territoriali si sono moltiplicate e ampliate, crescendo non solo nei numeri, ma soprattutto nella capacità di innescare processi di soggettivazione e lotta. Lo stato di agitazione permanente non è stato solo uno slogan: dal corteo che ha attraversato Verona il 13 ottobre, in opposizione al duro attacco sferrato dall’amministrazione locale alla salute e all’autodeterminazione delle donne e di tutte le soggettività Lgbtqia+, alla giornata di mobilitazione contro il ddl Pillon del 10 novembre; dalla marea che si è riversata a Roma il 24 novembre, in occasione della giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, al percorso di costruzione dello sciopero transfemminista globale; dalla tre giorni Verona Città Transfemminista, durante la quale, con un corteo oceanico, abbiamo reagito alla violenza del World Congress of Families, alle centinaia di iniziative, lotte, percorsi che riempiono la quotidianità dei tantissimi nodi locali di Non Una di Meno.
Questo movimento ha aperto uno spazio di azione sociale e politico non identitario che si oppone con la sua forza globale a tutti i governi neoliberali, misogini, omolesbobitransfobici e razzisti, con i quali non potrà mai scendere a patti. Sono sempre più frequenti e sdoganati gli attacchi alla libertà e alla vita stessa di donne, soggettività lgbtqia*, migranti, di tutte le persone che, con le loro lotte, travalicano ruoli e confini e rifiutano quotidianamente di stare al posto che è stato loro assegnato. Il movimento femminista transnazionale si oppone all’ascesa delle destre reazionarie che stringono un patto patriarcale e razzista con il neoliberalismo: dall’Argentina all’Ungheria, dall’Italia alla Polonia, le politiche contro donne, lesbiche, trans*, la difesa della famiglia e dell’ordine patriarcale, gli attacchi all’aborto vanno di pari passo con la guerra aperta contro persone migranti e razzializzate.
Fin dal Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, abbiamo riconosciuto il carattere strutturale della violenza patriarcale, radicata nelle gerarchie di potere che plasmano la società. Una violenza che attraversa tutti gli ambiti delle nostre vite, intersecandosi e rafforzandosi con altri sistemi di oppressione. Lo riscontriamo negli stupri sistematicamente subiti dalle donne migranti nei loro viaggi, nella coercizione del permesso di soggiorno legato al matrimonio, nelle molestie sul lavoro che si moltiplicano sotto il ricatto della precarietà, nei tagli al welfare che aumentano il carico di lavoro domestico e di cura gratuito o ipersfruttato per le donne, nel sistema di produzione insostenibile basato sull’abuso di corpi umani e non, territori e del pianeta stesso.
Una delle nostre risposte più incisive a tutta questa violenza è lo sciopero transfemminista globale: una giornata di sottrazione dal lavoro produttivo e riproduttivo, dal consumo, dalle imposizioni dei generi. Il valore dello sciopero femminista non risiede soltanto nell’aver riattivato una pratica che negli ultimi anni aveva perso di senso e significato, allargando la prospettiva oltre la dimensione vertenziale e concertativa classica. La sua forza dirompente sta anche, e soprattutto, nell’aver rivoluzionato un processo, scardinato gerarchie e verticalità e promosso una pratica dal basso che parte e prende forma dalle persone come soggettività individuali e collettive.
Lo sciopero non è solo l’otto marzo, ma vive in un processo globale e quotidiano che amplifica ogni presa di parola singolare e locale, un grande esercizio di messa in discussione personale e collettiva, in cui ogni istanza e ogni soggettività deve trovare posto, spazio di visibilità, diritto di esistenza, parola e voce. Dopo aver gridato insieme “D’ora in poi l’otto marzo sempre” in quella giornata, non siamo disposte a tornare ai ruoli che ci sono imposti. La vera scommessa è che l’azione di sottrazione diventi esperienza quotidiana, che la forza globale dello sciopero sia tanto dirompente da innescare pratiche di ribellione, liberazione, trasformazione radicale del mondo e delle nostre vite. Per avanzare in questa direzione, dobbiamo interrogarci su come lo sciopero possa esprimere la sua dimensione tanto politica quanto sociale, riuscendo contemporaneamente ad affrontare le questioni più sentite nei luoghi di lavoro, un grande esercizio di messa in discussione personale e collettiva, in cui ogni istanza e ogni soggettività deve trovare posto, spazio di visibilità, diritto di esistenza, parola e voce.
Se parliamo di un processo globale è perché nei fatti già esiste un movimento femminista transnazionale, che ha fatto dello sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo, dal consumo e dai generi, la sua forza e il suo tratto distintivo. Ogni azione di Non Una di Meno, dalle grandi manifestazioni nazionali alle tantissime iniziative locali, è parte di questo percorso, traendone forza e rafforzandolo allo stesso tempo. A tre anni dalle prime chiamate allo sciopero, dobbiamo ora interrogarci su come la dimensione transnazionale di questo movimento faccia la differenza a livello locale e su come rafforzare le relazioni che stringiamo a livello globale, facendo sì che i momenti di incontro e confronto non si limitino a creare alleanze tra movimenti, ma mettano a tema questioni politiche e lotte che travalicano necessariamente i confini nazionali.
Da tre anni questi obiettivi ci pongono di fronte a un’altra sfida: immaginare e costruire pratiche, forme di lotta e di comunicazione politica, modalità di autorganizzazione se non completamente nuove, quanto meno capaci di mettere in discussione i modelli più tradizionali dell’agire politico. Se siamo il metodo che scegliamo di darci, la scelta di essere una rete femminista e transfemminista ci interroga su cosa significhi partire da noi per rendere politica e collettiva un’esperienza soggettiva. Per questo vogliamo riflettere sulle pratiche con cui costruiamo le nostre lotte, sulle relazioni che intessiamo, sul tipo di comunicazione che produciamo, sul rapporto con istituzioni, mezzi di comunicazione, organizzazioni politiche.
Lo sciopero, la comunicazione/organizzazione e la dimensione transnazionale saranno quindi in sintesi le questioni che affronteremo insieme durante l’assemblea nazionale di Non Una di Meno che si terrà a Torino l’1 e 2 giugno prossimi. I momenti di lavoro e confronto saranno aperti e liberamente attraversabili, perché tutte, tutti, tuttu sono Non Una di Meno, perché il contributo di persone nuove e l’apertura della nostra rete è uno degli aspetti più importanti che ci contraddistingue e che vogliamo continuare a costruire con forza.
Ci vediamo a Torino! Ancora e sempre saremo marea!
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