Torino. Assemblea pubblica per una rete solidale di lotta “Chi tocca uno tocca tutti”
Breve storia della nostra lotta.
Dalla “schiavitù” all’inizio della nostra lotta
Nel 2010, a None (TO), la Safim srl (azienda della logistica alimentare appaltante della Dimar Spa per i supermercati Mercatò, Family ecc.. ) favorisce la costituzione della cooperativa Stella S.C., affidandole gran parte del suo carico di movimentazione merci . A capo della cooperativa Stella è Omar, operaio egiziano proveniente da una cooperativa, la A.C. Gestioni S.C., della quale uno dei proprietari della Safim (il sig. Crivello Alessandro ) ricopriva il ruolo di rappresentante legale. In poco tempo, la S. Coooperativa Stella si trasforma in una realtà di circa 80 lavoratori dove (nel frattempo ingranditosi) oggi lavorano circa 200-220 persone tra facchini, autisti e impiegati.
Gran parte dei primi lavoratori assunti vengono direttamente “reclutati” in Egitto, nella cerchia dei parenti e dei conoscenti di Omar. Dal 2010 al 2014, i facchini della Stella lavorano fino a 14 ore al giorno per 6 giorni alla settimana. Spesso arrivano addirittura a lavorare più di 300 ore al mese con oltre 150 ore di straordinario mensili: ore però pagate forfettariamente soltanto 100 euro (cioè ben meno di 1 euro l’ora!), anche grazie all’accordo siglato con un sindacato compiacente alla Safim.
Perciò, in questi anni la Safim raggiunge traguardi di fatturato enormi per milioni e milioni di euro, aprendo nuovi magazzini refrigerati di migliaia di metri quadrati (solo l’ultima cella refrigerata realizzata misura 5000 mq). Significativamente, l’inizio del nostro sfruttamento alla cooperativa Stella coincide con una forte crescita del fatturato, una crescita frutto anche di un accordo con la Dimar, azienda della grande distribuzione alimentare organizzata del cuneese: dalla sede di Cherasco, che gestisce oltre 200 punti vendita (Mercatò, Family, …).
Nel 2014, dopo anni di ritmi di sfruttamento sempre più insostenibili, senza alcun beneficio salariale e contrattuale, con tanti già colpiti da malattie professionali (mal di schiena, ernie, ecc…), in una decina di lavoratori decidiamo di organizzarci sindacalmente nel Sicobas.
Da allora, nonostante l’ostilità e le numerose azioni antisindacali da parte dei Crivello e del loro preposto Omar, grazie alla sensibilizzazione e alla partecipazione di gran parte dei lavoratori del gruppo Safim, abbiamo avanzato rivendicazioni basilari (riconoscenza della rappresentanza sindacale Sicobas, nuovi e migliori regimi salariali e contrattuali, condizioni di lavoro adeguate) e portato avanti una lotta continua e intensa, soprattutto ricorrendo al mezzo dello sciopero ma anche attuando presidi, picchetti, campagne.
A maggio 2014, finalmente, siamo stati riconosciuti come RSA e abbiamo finalmente siglato un accordo migliorativo del contratto collettivo nazionale del lavoro della logistica, arrivando a guadagnare 1500 euro netti al mese ( naturalmente per 8 ore di lavoro ed esteso a tutti i lavoratori).
Gli ultimi due anni di lotta
Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, grazie alla nostra pressione per essere internalizzati direttamente alla Safim, la cooperativa Stella abbandona l’appalto, questo trasferimento però avviene prima disconoscendo la nostra rappresentanza sindacale e poi col ricatto, costringendoci a sottoscrivere un tombale riguardo la nostra precedente, irregolare situazione lavorativa e salariale presso la Stella. Costretti dal ricatto dell’assunzione alla Safim Logistic Service, e senza rappresentanza sindacale, abbiamo perso tutto ciò che avevamo ottenuto con una lotta dura e lunga, a partire dal regime salariale e contrattuale conquistato solo pochi mesi prima. In più, obbligandoci a firmare i tombali, la Safim (coobbligata solidale) ha evitato di rimborsarci, se non in minima percentuale, quanto ci spettava per il nostro lavoro degli anni passati.
Tuttavia, la nostra decisione è stata quella di continuare a lotta con il nostro sindacato.
A febbraio 2016, una cinquantina di lavoratori s’iscrivono nuovamente al Sicobas: ma l’azienda si ostina a non riconoscerci come rappresentanti sindacali (RSA) e anzi persiste nel non voler riconoscere alcun ruolo dentro l’azienda. Perciò, a marzo, tutti i lavoratori egiziani abbiamo scioperato bloccando l’azienda per 24 ore: è persino intervenuta l’assessore al lavoro della Regione Piemonte Pentenero per trovare una mediazione, ma nulla di fatto. A maggio, l’azienda improvvisamente firma un accordo sulla produzione con la Cisl: subito, si riunisce nel magazzino l’assemblea dei lavoratori che a stragrande maggioranza boccia l’accordo. Nonostante ciò il gruppo Safim, decide unilateralmente e senza preventiva consultazione con noi di applicare ugualmente l’accordo, che entra progressivamente in vigore nei mesi successivi.
Da quanto finora descritto, emerge senza dubbio alcuno come noi abbiamo sempre e comunque cercato il dialogo e l’intesa con la controparte, avendo trovato invariabilmente sfruttamento e oppressione (da mille ostilità più o meno manifeste e gravi, fino al razzismo più irrispettoso e ogni altra sorta di discriminazione delle nostre libertà sia come uomini che come lavoratori).
Avendo perso tutto quanto avevamo conquistato e ritrovandoci, oltre che sfruttati, confinati i luoghi di lavoro isolati, nel dicembre 2016 abbiamo deciso di denunciare l’azienda all’Ispettorato del Lavoro per lavoro nero e attività antisindacale e discriminatoria. Da allora, senza che dall’Ispettorato ci sia giunta notizia alcuna sulle verifiche della nostra denuncia e i relativi esiti, siamo stati tutti e quattro licenziati in tronco: secondo il gruppo Safim, infatti, proprio la nostra denuncia costituisce motivo più che sufficiente per licenziare a causa della rottura del rapporto di fiducia tra noi e loro.
È chiaro l’obiettivo della Safim, licenziando noi , hanno voluto intimorire tutti i lavoratori per avere via libera ad agire liberamente sullo sfruttamento selvaggio a cui erano abituati negli anni passati prima che iniziassimo la nostra lotta.
Ma noi abbiamo deciso di continuare con ogni mezzo la nostra lotta, pur avendo impugnato i licenziamenti, vogliamo ritornare alla Safim a testa alta, non solo perché noi lo vogliamo, ma perché lo vogliono tutti i lavoratori che sono rimasti a lavorare nella peggiore situazione di ricatto e di sfruttamento. Sappiamo anche, che a Torino, come in tutti i posti di lavoro oggi, chi lavora è costretto subire ogni sorta di ricatto, spesso costretti a rinunciare alla propria dignità per poter portare a casa un salario per sopravvivere. Sappiamo anche che in tanti luoghi di lavoro non esiste più la libertà di pensiero ne tanto meno quella di aderire al sindacato scelto dal lavoratore, anche per effetto del vergognoso e recente accordo del Testo Unico sulla rappresentanza sindacale siglato tra Cgil-Cisl e Uil e la Confindustria, di cui la Safim si è sempre fatta forte.
Siamo altresì coscienti che questa nostra lotta, e la sua vittoria, sarà anche quella di tanti lavoratori ingiustamente licenziati per rappresaglia politica.
Per questo motivo invitiamo chiunque stà dalla parte dei lavoratori, a partecipare all’Assemblea di sabato 25 febbraio ore 14,30 alla Cascina Marchesa in Corso Vercelli 141/7 Torino.
L’obiettivo che ci siamo dati per questa assemblea è quella di stimolare la formazione di una rete solidale che si mobilita a sostegno di ogni lavoratore che subisce un licenziamento discriminatorio, come quello che noi abbiamo subito.
La tua partecipazione è importante per realizzare questo obiettivo, a partire da un presidio che lanceremo a breve davanti alla Safim e per tutte le iniziative che intendiamo portare avanti in questa città.
Ti chiediamo di scriverci per l’adesione e per la solidarietà a licenziatipoliticisafim@gmail.com
Grazie da SAID, MAHMUD, MOHAMED e AMID
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