Torino. L’ultima frontiera del lavoro gratuito: profughi “volontari” a pulire le strade
Abbiamo parlato spesso di lavoro gratuito e di come, attraverso tanti esperimenti, mirino ad abituarci all’obbligo di vendere il nostro lavoro gratis.
Alcune volte in cambio ci promettono una futura remunerazione (alternanza scuola-lavoro, stage, tirocini), altre volte semplicemente la possibilità di valorizzare il nostro curriculum (Expo, Giubileo, grandi eventi).
Questa volta invece il lavoro gratuito viene imposto ai profughi giunti a Torino che in questa maniera si sdebiterebbero per l’accoglienza ricevuta. Così l’uscente sindaco Fassino ha lanciato questa “brillante” iniziativa: i profughi faranno gli spazzini per l’AMIAT in modo totalmente gratuito.
Quindi ricapitoliamo: queste persone sono state costrette a scappare dai loro paesi perché c’è una guerra che anche il nostro paese ha contribuito a scatenare. Arrivati in Italia, su barconi dove molti muoiono nella traversata, sono stati rinchiusi senza aver fatto nulla in uno dei centri di accoglienza per essere identificati e permettere l’accertamento del loro status di rifugiati. Poi sono stati trasferiti a Torino per entrare nei progetti di “accoglienza” dove non gli è stato insegnato nulla di ciò che era previsto (lingua, lavoro, ecc…), ma in compenso hanno permesso a società e cooperative di amici di speculare e fare molti soldi: si chiama “business dell’accoglienza” e a Roma come a Torino tanti avvoltoi hanno fatto soldi a palate sulla pelle di migranti e lavoratori del settore non retribuiti.
Infine, per ricambiare questi “doni” ricevuti, sono costretti a lavorare gratis (in realtà vengono presentati come “volontari”) indossando persino pettorine griffate “GRAZIE TORINO”.
Ma grazie di che ci chiediamo? Sfruttati nei loro paesi, sfruttati quando arrivano e quando li “accogliamo” e ora anche quando escono da questi programmi.
Non che quello del lavoro gratuito sia un trattamento riservato solo agli immigrati (profughi o meno). In molte città, ad esempio Milano, sono già in funzione accordi che permettono ai cittadini indebitati con le amministrazioni di annullare il debito lavorando gratis.
Ma che senso ha? Così si toglie un lavoro potenzialmente retribuito, aggravando una disoccupazione già preoccupante, per sostituirlo con un finto volontariato che significa meno servizi, meno diritti per chi lavora e in cambio ci fa la carità (di non sfrattarci, di non tagliarci la corrente, di darci un lavoro non pagato per saldare i debiti).
Che quella della carità calata dall’alto sia la nuova politica dei nostri governanti è evidente, basta osservare le più recenti manovre e proposte di Renzi: gli 80 euro in busta, il bonus bebè, il bonus pensionati. Peccato che la carità oggi c’è e domani no, a discrezione del padrone. C’era un tempo in cui chi aveva debiti non saldati era obbligato a lavorare gratis per il suo creditore, diventava un suo servo. C’era un tempo di cui chi non aveva nulla chiedeva al signore di pensarci lui: si chiedeva la carità, ci si aspettava che fosse il signore a lasciarci qualche briciola mentre si accettava di sottomettersi sempre di più. Poi è arrivato il momento in cui chi stava sotto ha capito che no, la Storia la si poteva fare anche noi. Che ci conveniva organizzarci e che insieme avremmo potuto determinare la nostra condizione prendendoci dal signore ciò di cui avevamo bisogno. Forse sarebbe il caso di tornare a questa consapevolezza…
27/4/2016 http://clashcityworkers.org
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