Tra guerre e intelligenza artificiale

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Noi e il nostro cervello

Il cervello. Uno sconosciuto. 85 miliardi di neuroni collegati da 850 miliardi di connessioni. Coscienza. Volontà. Intelligenza. Tre parole pesanti con decine di definizioni diverse. A volte in contraddizione tra loro. In concreto sono il frutto di reazioni fisico chimiche cerebrali di cui sappiamo molto poco. Frase fatta: “Sono libero. Faccio ciò che voglio”.

La neurobiologia, studio delle reazioni cerebrali, ci dice tutt’altro: “Voglio ciò che faccio”. Il cervello umano è spuntato in un “ominide” circa un milione di anni fa. In evoluzione, ieri. Quel cervello, nel tempo, per primo ha consentito ad un essere vivente di sviluppare “autocoscienza”. Con essa, la consapevolezza della morte. Alla domanda, terribile: “Cosa vivo a fare se, in ogni caso, devo morire?” il cervello, per non collassare, ha selezionato la modalità religiosa.

Le religioni, tutte, prevedono un “qualcosa” dopo la morte: reincarnazione, resurrezione della carne, le settanta vergini, i fiumi di latte. Danno speranza. La neurobiologia ci dimostra che queste modalità sono “illusioni cerebrali”. Paraventi mentali.

Intendiamoci. Sono modalità benvenute. A prendere sul serio la vita, si impazzisce. Di fronte a due mali, scegliamo il minore. Il lato tragico della vita.
Peraltro se la volontà di fare precede la coscienza di fare, come dimostrato da numerosi studi recenti, il libero arbitrio diventa fuffola. Il cervello umano è il risultato della “stratificazione” di tutti i cervelli precedenti. In pratica la parte “più antica” del cervello è quella dei rettili, o giù di lì. Istinto incluso. La corteccia, parte nobile del cervello, si è sviluppata negli ultimi seimila anni.
Sviluppo che ci ha consentito di convivere in gruppi stanziali, inventare l’agricoltura e di trasformarci con incredibile velocità da cacciatori/raccoglitori ad astronauti. Corteccia nobile e parte “rettiliana” del cervello convivono e, forze uguali e contrarie, sono in equilibrio dinamico. Il prevalere della parte rettiliana spiega anche, nel contempo, il massacro nelle due guerre mondiali, “l’invenzione della Shoah (!!)” oppure, stando all’attualità, il recente rischio di estinzione nucleare. Su coscienza e volontà abbiamo cercato di spiegare lo stato dell’arte. Più arduo ragionare sull’intelligenza.

Brutalmente: siamo talmente stupidi da volerne fare una “artificiale”. Intendiamoci. La storia dell’umanità, tramandata oralmente, poi scritta, stampata, fotografata, filmata, digitalizzata…) racconta la lotta contro la scarsità delle risorse, alimentari in primis.

L’intelligenza, per quel poco che ne sappiamo, è il frutto di milioni di anni di evoluzione. Dipende dal contesto in cui viviamo. Cioè dallo stress evolutivo che, nel tempo, ci ha consentito, fra miriadi di errori (e orrori) di arrivare, come specie, dove siamo oggi. Una questione estremamente complessa. Per questo chiamare “Intelligenza artificiale” una banale, per quanto mirabile ed impensabile solo vent’anni fa, organizzazione di dati preesistenti, è stupido. Il motivo è semplice: la meccanicistica organizzazione della realtà uccide la creatività, ossigeno dell’intelligenza e, sostanzialmente, ne impedisce il corretto sviluppo. Non a caso, la cosiddetta “Intelligenza artificiale” vede il suo primo e, per ora, principale utilizzo nel settore militare.

Pensata per “fare la guerra”. Una faccenda stupida per antonomasia. In particolare, dopo la “Bomba”, non porta da nessuna parte. A meno che non ci sia una “volontà” della parte“rettiliana” dell’umanità, esigua, elitaria, quella che “puote ciò che si vuole”, di andare nella direzione che conduce al disastro, pensando, inopinatamente, di scamparla. Possibile via d’uscita: prendere atto, una volta per tutte, che l’intelligenza non può essere artificiale. Se la “loro” intelligenza consiste nello schiavizzare l’umanità con un algoritmo, non è intelligenza. Possiamo farcela. Basta usare la nostra intelligenza “naturale”.

Volere ciò che facciamo. E noi vogliamo vivere. Cercando, per quel poco che ci è possibile, di essere felici. Usando la parte nobile del nostro cervello.

Riccardo Falcetta

Medico del lavoro a Torino e collaboratore di Lavoro e Salute

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