Trattamenti sanitari o sequestri di persona?
Il signor L. giovedì 16 luglio è stato prelevato dalla sua abitazione da infermieri e vigili urbani con la forza senza nessun provvedimento di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) nei suoi confronti, senza nessuna notifica e senza nessuna visita psichiatrica. Il provvedimento di TSO è stato firmato dal sindaco solo dopo che è stato ricoverato in ospedale; infatti attualmente L. si trova da 2 settimane nel reparto SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) di un ospedale di Torino.
Il signor L. vuole esercitare il proprio diritto di libera scelta fra proposte terapeutiche differenziate e concordate col medico curante, preferendo una somministrazione di tipo orale a quella per via intramuscolare del farmaco neurolettico Haldol, da anni somministrato con cadenza mensile. La somministrazione di tale farmaco provoca indesiderabili effetti collaterali di danno neurologico di cui il signor L. non è stato sufficientemente informato, ciò nonostante ha potuto lavorare al CNR, all’Università, al comune di Torino, alla Regione Piemonte, al MEPAEGE, al NeZZS, alla NASA-Astrobiology Istitute.
Poiché il consenso deve sempre essere personalizzato, basato sulla valutazione dell’informazione, sulle possibili conseguenze di trattamento e di non trattamento, e sempre attualizzato, e che il paziente ha il diritto di decidere circa la propria salute, non sussistono gli estremi che legittimino il ricorso al TSO, visto che non viene minimamente espresso un rifiuto della terapia farmacologica. Il consenso del signor L. al trattamento psichiatrico non è stato ricercato in nessun modo e nessuna informazione gli è stata fornita circa i farmaci somministrati per via intramuscolare ed orale all’interno del SPDC. Il signor L., oltre a non aver mai rifiutato le cure, non è mai stato trovato (né durante l’esecuzione del provvedimento da parte delle forze dell’ordine, né in reparto) in uno stato di alterazione mentale da rendere necessario il ricovero. Qualunque sia stato il problema che ha fatto innescare il trattamento (ad esempio una mancata presentazione alla mensile somministrazione di Haldol intramuscolare), lo si poteva risolvere diversamente.
Giovedì 23 luglio è scaduto il primo provvedimento di TSO e ad oggi non è stata né consegnata né firmata da L. nessuna richiesta di proroga del provvedimento. Pertanto denunciamo che il signor L. è, ad oggi 30 luglio, trattenuto in modo coatto. Ci auspichiamo che non sia ulteriormente trattenuto contro la sua volontà all’interno del reparto e che possa far rientro presso la sua abitazione al più presto.
Negli ultimi giorni di degenza in reparto è stato prospettato al signor L. il ricovero in una clinica privata convenzionata senza la sua approvazione. Un vero e proprio ricatto che sempre più spesso viene rivolto alle persone che dovrebbe essere invece dimesse senza condizioni.
Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.
Perché molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico (SPDC) e poi viene fatto partire il provvedimento? Perché la persona non viene informata di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario) ? Perché i pazienti che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenuti in TSO al momento in cui richiedono di andarsene?
Perché i gravi danni dovuti alla somministrazione prolungata degli psicofarmaci non vengono presi in considerazione a livello sanitario?
Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO. La funzione dell’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio) è generalmente quella di portare la persona in reparto, dove sarà poi trattenuta in regime di TSV o TSO secondo la propria accondiscendenza con gli psichiatri.
Il TSO è usato, presso i CIM (Centri Igiene Mentale) o i Centri Diurni, anche come strumento di minacce quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di uno strumento di oppressione e punizione.
Collettivo Antipsichiatrico Antonino Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669
31/7/2020 http://www.osservatoriorepressione.info
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