“Tutti al mare!” contro le trivelle in Adriatico. L’estate “no oil” di cui nessuno parla

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Questa verrà ricordata come l’estate “No Triv”. Lunghissime catene umane davanti al mare Adriatico hanno trasformato il relax estivo in un appuntamento di lotta. Dall’Abruzzo alla Sicilia, passando per Puglia e Calabria, in molti si sono presi per mano o hanno esposto striscioni per tentare di fermare l’assurdità delle perforazioni marine alla ricerca dell’oro nero. Renzi li ha definiti sprezzatamente “i tre o quattro comitatini”. La verità è che il “No” viene anche da alcune giunte regionali, come l’Abruzzo. 

Il  tesoretto che le compagnie petrolifere continuano a cercare senza sosta, quell’oro nero tanto agognato e nascosto sotto il mare italiano ammonta a 9,778 milioni di tonnellate. Una quantita’ di petrolio che, stando ai dati sui consumi nazionali (59 milioni di tonnellate consumate in Italia nel 2013), sarebbe sufficiente a risolvere il nostro fabbisogno petrolifero per sole 8 settimane. Due mesi praticamente. Eppure molte compagnie si stanno accanendo per tirarlo fuori dal mare. Un progetto invasivo che in poco tempo distruggerebbe le economie dei pescatori e degli alberghi. La ragione sta negli incentivi promessi dal Governo. Dopo alcune “catene” a Vasto e a Monopoli, il tour anti-trivellazioni ‘Giu’ le mani dal nostro mare’, organizzato dai meet up pugliesi e lucani del Movimento 5 Stelle ha in programma alcuni appuntamenti, tutti in agosto: domenica 17 a Taranto, giovedi’ 21 a Scanzano Jonico (Matera), domenica 24 a San Pietro in Bevagna, sul litorale di Manduria (Taranto), con evento conclusivo sabato 30 agosto a Bari.

“Facciamo da anni campagna contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia, e crediamo che trivellare i nostri mari, dalla Sardegna al Canale di Sicilia all’Adriatico, sia una follia sotto ogni punto di vista” dichiara Luca Iacoboni, responsabile Campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia. “Per estrarre poche gocce di petrolio, l’equivalente di pochi mesi di consumi, si rischia di compromettere in modo irreversibile l’ambiente, mettendo in ginocchio settori fondamentali per l’economia locale, come
turismo e pesca sostenibile”.

In totale oggi in Italia le aree richieste o gia’ interessate dalle attivita’ di ricerca di petrolio si estendono per 29.209,6 kmq di aree marine, 5000 kmq in piu’ rispetto allo scorso anno. Storie e numeri, dettagliatamente riportati nel dossier ‘Per qualche tanica in piu” che Legambiente ha presentato pochi giorni fa a Vasto, in occasione dell’arrivo in Abruzzo della Goletta Verde, la storica campagna a difesa dei mari e delle coste italiane, chiedendo non solo a Governo e Parlamento di rivedere le scellerate scelte politiche in materia energetica che ogni Governo che si sta succedendo sta portando avanti con insolita determinazione, ma soprattutto che venga ridata voce e possibilita’ di scelta ai territori e alle popolazioni interessate dalle richieste di estrazioni avanzate dalle compagnie petrolifere. La ricerca di greggio del mare italiano piu’ che l’elemento determinante per giocare un ruolo decisivo nel dibattito energetico internazionale, come sostiene il premier Matteo Renzi, sembra piuttosto l’ennesimo regalo alle compagnie petrolifere che hanno trovato nel nostro Paese un vero Eldorado. Poco importa se Comuni, Regioni e cittadini sono contrari a svendere il loro mare per pochi spiccioli. Anche sull’occupazione il confronto non tiene. Investire oggi in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe nei prossimi anni i nuovi occupati a 250 mila unita’. Ossia piu’ di 6 volte i numeri ottenuti grazie alle nuove trivellazioni.

Il Comitato ‘No Triv Terra di Bari’ definisce “pura follia” il progetto della Global Petroleum Limited di eseguire ricerche di giacimenti di idrocarburi nel mar Adriatico. La multinazionale ha presentato quattro istanze e che la superficie complessiva interessata e’ di oltre 700 chilometri quadrati. “I territori interessati – scrive il comitato – sono quelli compresi tra Molfetta e Brindisi. Pensiamo sia superfluo sottolineare che si tratta di comunita’ che basano sulla pesca e sul turismo buona parte della propria economia”, mentre le analisi esplorative previste “sono tutt’altro che non impattanti sull’ambiente”. Il comitato sostiene che ci sono “inchieste e studi che denunciano che l’utilizzo della tecnica conosciuta come ‘Air-gun’, che consta nello ‘sparare’ a grande velocita’ aria compressa sul fondale creando delle vere e proprie esplosioni, risulti dannosa a molte specie marine”. “Alla luce di tutto questo, e tanto altro – conclude la nota – ci opporremo con tutte le forze a questa follia, figlia di un sistema economico e di produzione energetica che garantisce i profitti delle solite lobby, calpestando il diritto all’autodeterminazione di ogni comunita’ e distruggendo i beni comuni e le nostre vite. Cercheremo un fronte comune, costruito dal basso, con chi in Puglia, e non solo, voglia condividere questa lotta in difesa del proprio territorio”.

Fabrizio Salvatori

18/8/2014 www.controlacrisi.org

 

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