Un atlante per capire dove nascono gli stereotipi
Gli stereotipi di genere sulle capacità intellettuali e le abilità si formano molto presto “e influenzano gli interessi dei bambini a uno stadio molto precoce, come dimostrano numerose ricerche tra cui quelle di Lian Bian, Sarah-Jane Leslie e Lian Bian, di cui dà conto la rivista Science” si legge nell’undicesima edizione dell’Atlante sull’infanzia di Save the Children, che indaga da anni la condizione di bambine e bambini nel nostro paese.
Il rapporto, quest’anno intitolato Con gli occhi delle bambine, e che fa un grande lavoro di ricognizione degli stereotipi fin dalle prime fasi di vita, si riferisce in questo caso a una ricerca americana del 2017 condotta su un campione di 96 bambini, 48 maschi e 48 femmine di 5, 6 e 7 anni a cui è stata raccontata la storia di una persona “molto, molto smart” vale a dire brillante, in gamba, intelligente.
“Ai bambini vengono mostrate delle immagini di persone di ambo i sessi. Chi è il soggetto smart? A cinque anni nessuno ha dubbi: i bambini indicano l’immagine maschile, le bambine quella femminile. La persona smart è fatta a loro immagine e somiglianza, l’identificazione è totale. Ripetuto l’esperimento con bambini di sei anni, il quadro cambia e sia maschi che femmine indicano nella figura maschile il soggetto davvero smart”.
Un risultato che si conferma con i bambini di sette anni. “Lo stereotipo ha cominciato a funzionare, le bambine non sono più sicure delle loro abilità. Quello brillante, in gamba, non può che essere il maschio, non loro. Iniziano anche a ritrarsi da attività e giochi che percepiscono come particolarmente complessi e, dunque, vissuti come maschili. La famiglia spesso rinforza il messaggio. Al bambino si insegna l’esplorazione dello spazio esterno, alla femmina si suggerisce il contenimento. Già a quattro anni i bambini sono consapevoli delle diverse aspettative rispetto ai loro comportamenti. È un lento ma implacabile addestramento fatto di piccole scelte, di snodi lungo sentieri sempre più divergenti”.
L’atlante di Save the Children rintraccia nel nostro paese gli stessi meccanismi e mostra quali sono i fattori che condizionano il futuro dei bambini e delle bambine fin dai primi anni di vita, quali servizi possono diventare opportunità di riscatto in condizioni di disagio.
“In Italia c’è una grande disparità di genere che trova una delle sue espressioni più drammatiche nei femminicidi ma si manifesta quotidianamente in molti aspetti della vita” spiega Vichi De Marchi, che ha curato il rapporto, un lavoro pieno di dati aggiornati e corredato da infografiche molto precise che vanno dalla segregazione formativa al gender pay gap, e spiegano bene come l’arco di un’esistenza possa dispiegarsi tra un’infanzia passata a giocare con le bambole e una vita adulta consegnata all’indigenza.
“Quello della disuguaglianza di genere è un tema che ricorre spesso quando si parla della scarsa rappresentanza femminile nelle cariche pubbliche o ai vertici delle imprese, della ripartizione dei carichi di lavoro domestico e di cura, delle differenze salariali e dell’accesso al lavoro” dice ancora De Marchi. “Abbiamo cercato di capire dove nasce questo divario, quali sono le sue radici socio-culturali ed economiche che condizionano sin dall’infanzia e per sempre il futuro delle bambine”.
26/11/2020 http://www.ingenere.it
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