UNA LEGGE PER FAVORIRE L’INSICUREZZA SUL LAVORO

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L’onorevole Sacconi, per conto del governo, ha presentato un ddl denominato “disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” in cui riscrive da capo la normativa esistente, nello specifico il DLgs 81/2008. Le morti e gli infortuni sul lavoro sono di nuovo in crescita, così come le malattie professionali. È scritto sul rapporto 2015 dell’Inail: più di 600.000 denunce di infortuni, più di 1200 quelle di morte (694 quelle accertate). Si tratta però di stime al ribasso, visto che non tengono conto né di lavoratori indipendenti (partite Iva, liberi professionisti…) né di lavoratori in nero che, va da sé, non sono assicurati Inail (e quindi non risultano nei loro conti) e sono particolarmente presenti nei due settori a più alto rischio di incidente e con la quota più alta di vittime mortali: agricoltura ed edilizia.

Questa proposta governativa ha questi dichiarati scopi:

> eliminazione della valutazione dei rischi e della definizione delle misure di prevenzione e protezione e sostituzione con una “certificazione” redatta da un professionista (tecnico della prevenzione e/o medico del lavoro) pagato dal datore di lavoro.

> deresponsabilizzazione del datore di lavoro in relazione a infortuni e a malattie professionali, se avrà dimostrato, tramite la “certificazione”, di avere adempiuto agli obblighi di legge.

> sostanziale eliminazione dell’obbligo di vigilanza a capo del datore di lavoro e trasferimento della responsabilità a dirigenti, preposti e lavoratori stessi.

> sgravi fiscali per le aziende “virtuose”, sempre sulla base della semplice “certificazione” del professionista.

> riduzione delle sanzioni, con l’introduzione, in caso di violazioni, di “disposizioni esecutive”. Le sanzioni ci saranno solo in caso di ma Il governo quindi lancia, tramite un ex sindacalista, l’ennesimo attacco alla condizione di chi lavora con una motivazione tutta di parte, imprenditoriale e aziendale, che non nasconde affatto: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da abbattere per le aziende.

Il governo quindi lancia, tramite un ex sindacalista, l’ennesimo attacco alla condizione di chi lavora con una motivazione tutta di parte, imprenditoriale e aziendale, che non nasconde affatto: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da abbattere per le aziende. Nulla di nuovo in questo sistema produtivo assassino basato sull’insicurezza sul lavoro che trova i suoi consapevoli complici in questo sistema politico con decenni di governi amici degli imprenditori, coperti e coccolati con miliardi di finanziamento statale.

Ogni giorno in Italia muoiono in media 3 lavoratori per infortuni sul luogo di lavoro. Il fenomeno dei morti sul lavoro e delle malattie professionali sconta un’informazione ufficiale che ne sottostima volutamente l’impatto sociale e umano. Da gennaio a luglio 2016 sono 562 le persone che hanno perso la vita sul lavoro in Italia. Un numero drammatico, comunque per difetto, che si traduce in una tragica media di 77 vittime al mese, ossia 19 alla settimana. da luglio a oggi, inizi settembre, i dati ancora incompleti parlano di mortalità senza soluzione di continuità.

Eppure, il governo non ha nessuna vergogna a proporre la sua legge d’impunità per i responsabili. Per dirla con Karl Marx: “al padrone non interessa nulla della vita e della salute dell’operaio, se non ci sono le leggi che glielo impongono”. Ad oggi una legge che glielo imponga non c’è, la stessa “626 del 1994” e la modifica “81 del 2008” hanno lasciato ampi margini di inapplicabilità, tanto è vero che gli infortuni, i morti e le malattie professionali non hanno mai avuto una flessione. Se non si costruiscono rapporti di forza sociali e contrattuali fatta la legge tutto rimane sulla carta.

Ora questa riforma è stata appena presentata, parliamone con tra i colleghi sul posto di lavoro, chiediamo un impegno di discussione e mobilitazione ai RLS che a loro volta devono fare pressione sui sindacati perché non accettino compromessi al ribasso che, come storia insegna, con la mortale scelta della concertazione al posto della contrattazione, a rimetterci sono sempre i lavoratori, nelle fabbriche come nei Servizi Pubblici, ormai accomunati dalla stessa condizione di sfruttamento. Quindi quando parliamo di ospedale, ufficio della Pubblica Amministrazione, intendiamo lo stesso stato di cose inerenti le condizioni di lavoro e di debolezza sindacale.

Proponiamo alla discussione con i lavoratori e i RLS i quattordici punti di programma di Medicina Democratica, per contrastare il DdL del governo e per rendere il D.Lgs. 81/08 applicabile dal punto di vista sindacale e giuridico.

1- Lotta a ogni forma di precariato sul lavoro e garanzia della autoorganizzazione in fabbrica da parte dei lavoratori quali condizione preliminare per l’affermazione del diritto alla salute nei luoghi di lavoro (attuazione concreta dell’art. 9 dello Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici).

2- Piena competenza dei compiti di vigilanza nei luoghi di lavoro (in tutti i luoghi di lavoro) da parte dei servizi di prevenzione delle USL/ASL con relativo piano di assunzione di un numero di tecnici idoneo per estendere i controlli in tutte le aziende.

3- Responsabilità e autonomia decisionale dei tecnici della prevenzione della ASL/USL nella attuazione dei controlli programmati, in emergenza e su richiesta dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Predominanza di interventi mirati e di qualità rispetto a criteri basati esclusivamente sul numero dei controlli.

4- Inasprimento delle sanzioni a carico del datore di lavoro e dei dirigenti dalla normativa cogente per il mancato adempimento degli obblighi relativi a diritto del lavoro e a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

5- Ripristino del testo originale del D.Lgs. 81/08, eliminando le modifiche peggiorative per la salute e la sicurezza dei lavoratori introdotte dalle successive modifiche (D.Lgs.106/09, Decreto del fare, Decreto semplificazioni, Decreti attuativi del Jobs Act). Contrasto ad ogni ulteriore modifica peggiorativa del D.Lgs. 81/08, come quella prospettata dal Disegno di Legge Sacconi già presentato in Senato che comporterebbe una drastica deresponsabilizzazione del datore di lavoro e la trasformazione della valutazione dei rischi e la definizione conseguente delle misure di prevenzione e protezione in una semplice “certificazione” da parte di un professionista pagato dall’azienda.

6- Sostenere la ripresa della conoscenza e coscienza dei lavoratori con la promozione di sportelli salute e sicurezza autorganizzati e gestiti dalle realtà locali, in una rete di associazioni, anche a sostegno dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, che spesso operano senza validi sostegni formativi.

7- Creazione di una rete di assistenza tecnico/legale per i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza quando, a seguito della loro attività, subiscono discriminazioni da parte delle aziende.

8- Previsione di pool di magistrati che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro in ogni Procura, con relativa formazione specifica, creazione di una Procura nazionale per la sicurezza sul lavoro.

9- Ripresa e sviluppo del rapporto tra lavoratori e tecnici sia per quanto riguarda i rischi lavorativi che quelli ambientali, anche al fine della programmazione degli interventi per filiera produttiva o rischio e della formazione e sensibilizzazione dei lavoratori sulla conoscenza dei loro diritti rispetto a salute e sicurezza sul lavoro.

10- Introduzione nel codice penale dei reati di omicidio sul lavoro (revisione dell’apparato sanzionatorio del Dlgs 81/2008) e di vessazioni sul lavoro (mobbing, discriminazione sul lavoro, violenza e stalking sul lavoro) anche creando osservatori su tali temi e sostenendo quelli già esistenti.

11- Introduzione in maniera esplicita nel Dlgs 81/2008 dell’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di definire le relative misure di prevenzione e protezione, anche tenendo conto dei dati epidemiologici della coorte di riferimento responsabilizzando i Medici competenti.

12- Passaggio delle competenze sul riconoscimento delle malattie professionali dall’INAIL alle USL/ ASL, revisione delle tabelle sulle malattie professionali (introducendo le neoplasie mancanti, patologie come MCS e sindrome da elettrosensibilità, patologie psichiche e psicosomatiche lavoro correlate) e della tabella sulla quantificazione del danno biologico. Contrasto con l’atteggiamento di chiusura di enti (INAIL in primis) che non riconoscono o rendono impervio il riconoscimento di malattie professionali.

13- Promozione della ricerca attiva dei tumori professionali da parte dei servizi di prevenzione delle USL/ASL (utilizzo delle indagini epidemiologiche per ricerche sui comparti a rischio) sull’esempio del modello OCCAM.

14- Piena attuazione ed estensione del regolamento europeo REACH per le sostanze di maggiore pericolosità (cancerogeni, mutageni e teratogeni) per arrivare al divieto di produzione e di introduzione nei paesi aderenti alla Unione Europea.

Redazione Lavoro e Salute

 www.lavoroesalute.org

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