Una mappatura delle prassi illegittime delle questure italiane
Lo studio pilota di ASGI sulle violazioni dei diritti dei richiedenti asilo
Lo scorso aprile l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) ha pubblicato i risultati di uno studio condotto su 55 Questure italiane per analizzare ed esporre le prassi e le violazioni poste in essere in materia di immigrazione e raccogliere dati utili ad azioni di contrasto alle prassi illegittime 1.
Lo studio è fondato sulle risposte di 108 operatori e avvocati soci ASGI che hanno risposto ad un questionario relativo a tre diversi temi: la procedura di protezione internazionale, l’accesso alle misure di accoglienza e i tempi di rilascio e di rinnovo dei permessi di soggiorno.
Pur trattandosi di uno studio pilota, limitato nei tempi e nei numeri di risposte, i risultati forniscono informazioni rilevanti e dimostrano come gli ostacoli posti dalla Pubblica Amministrazione all’esercizio dei propri diritti siano sistematici per le persone straniere in Italia.
In particolare, per quanto riguarda l’accesso alla procedura di protezione internazionale, è emerso che nel 60% dei casi i richiedenti asilo non riescono ad accedere alla Questura per presentare la domanda di protezione, mentre, nel 21% dei casi, anche dopo aver manifestato la volontà di chiedere protezione viene impedito di formalizzare la domanda tramite la compilazione del modello C3.
Per formalizzare la domanda vengono frequentemente richiesti documenti non previsti dalla legge, come la dichiarazione di ospitalità o il passaporto. In molti casi, peraltro, l’accesso alla Questura è consentito solo in presenza di un avvocato o di un rappresentante sindacale; infine, le Questure decidono di ammettere solo 5-15 domande al giorno.
Quanto appena esaminato avviene in palese violazione della legge, dato che il tempo che dovrebbe intercorrere tra la manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale e l’effettiva formalizzazione della domanda è di 3 giorni (o 10 in caso di flussi eccezionali).
Sulla Pubblica Amministrazione grava, tra le altre cose, l’obbligo di predisporre un’organizzazione adeguata che consenta di rispettare i termini per la formalizzazione delle domande di protezione internazionale.
Le conseguenze dei ritardi e dei negati accessi sono enormi: prima di formalizzare la domanda di asilo, infatti, la persona straniera è spesso priva di un titolo di soggiorno, non può avere un contratto di affitto o di lavoro, non ha accesso alle misure di accoglienza, all’istruzione o al servizio sanitario nazionale ed è costantemente esposta al rischio di essere fermata dalle autorità e rimpatriata.
La situazione non è migliore per quanto riguarda l’accesso alle misure di accoglienza che, secondo la legge, dovrebbero essere garantite a chiunque abbia formalizzato la domanda di protezione e risulti privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata al sostentamento proprio e dei propri familiari.
Nonostante la legge preveda anche che, in caso di temporanea indisponibilità di posti, lo Stato debba provvedere comunque al vitto e alloggio dei richiedenti asilo in strutture temporanee, in molte Questure d’Italia l’accesso all’accoglienza viene sistematicamente negato sulla base di una presunta indisponibilità di posti. In diverse province, addirittura, l’appuntamento per la formalizzazione della domanda viene rimandato a data da destinarsi proprio per la presunta assenza di posti in accoglienza.
Da ultimo, enormi sono i disservizi legati alla stampa e al rinnovo dei permessi di soggiorno. I problemi principali in questo caso riguardano le persone soggette alla cd. procedura accelerata per paesi sicuri, essendo emerso che solo il 38% delle Questure rilascia il permesso di soggiorno in questi casi, nonostante la legge non preveda alcuna differenza rispetto alle procedure ordinarie per quanto riguarda il diritto ad ottenere un permesso di soggiorno per richiesta di asilo.
Allo stesso modo, diverse questure non rilasciano il permesso di soggiorno nei casi di domande reiterate o le accettano solo in presenza della memoria di un legale, ancora una volta presumendo a priori che la domanda sia infondata.
Anche per quanto riguarda le procedure ordinarie, i ritardi nei primi rilasci e nei rinnovi dei permessi sono pressoché sistematici, con tempi che superano spesso i tre mesi e, alle volte, anche i sei mesi dalla richiesta. Un ritardo così lungo nel rilascio o nel rinnovo del permesso può avere conseguenze gravissime sulla vita di una persona, quali la cancellazione dall’anagrafe sanitaria, le perdita di un contratto di lavoro, la cancellazione della residenza e la negazione dell’accesso a sistemi di welfare quali il sostegno scolastico o altro tipo di assegni.
In conclusione, questo studio costituisce un primo tentativo fondamentale di mettere a sistema i comportamenti scorretti che le Questure italiane attuano nei confronti di richiedenti asilo in Italia. Come emerso dallo studio, le violazioni in questo campo sono sistematiche: la speranza è che le informazioni raccolte fino a qui (e che continueranno ad essere raccolte in futuro da ASGI) possano essere utili ad attivare azioni di contrasto a questo genere di prassi illegittime.
Micol Bottacin
9/8/2024 https://www.meltingpot.org
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