Uranio impoverito: ancora malattie e decessi fra i militari (e non solo)

uranio impoverito

Durante la XV legislatura ha operato fra il 13-02-2007 e il 28-04-2008 la Commissione Parlamentare di inchiesta sui casi di morte e malattie fra il personale militare impiegato nelle missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti di stoccaggio i munizionamenti, nonché fra le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nano-particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni  di materiale bellico. A presiedere la Commissione fu eletta la compagna Senatrice Lidia Menapace del PRC-SE.

L’interruzione anticipata della legislatura  -causata dall’uscita dalla maggioranza dell’UDC di Mastella – impedì alle istituzioni di dare corso completo alle conclusioni a cui pervenne la Commissione bicamerale.  Ma alcuni temi inseriti nelle conclusioni cui pervenne la Commissione (lavori svolti fra mille difficoltà) furono ugualmente importanti sulle problematiche dei diritti sanitari dei militari.                     

Alla data di redazione dei lavori della Commissione vi erano 312 militari italiani ammalati di tumore maligno con 77 casi di decesso.  

In questa legislatura dal 2015 è stata insediata una nuova Commissione Parlamentare di indagine sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito, presieduta dal democratico sardo Gian Luigi Scanu, Commissione che ad oggi ha certificato 7.000 militari ammalati e 344 decessi dovuti a neoplasie connesse all’esposizione agli agenti nocivi liberati dall’uranio 2389.                                                                                     

Davanti alla Commissione è apparso per testimoniare (vedi il Fatto Quotidiano del 1 e 29 giugno 2017) l’ex Maresciallo della Guardia di Finanza (corpo di Polizia a ordinamento militare del quale il PRC-SE chiede da tempo la smilitarizzazione) Carofiglio, il quale aveva denunciato che già nel 1994 vi erano proiettili all’uranio impoverito in dotazione a due mezzi navali della G.d.F., proiettili custoditi in un deposito della Marina Militare situato alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (NA),deposito utilizzato anche dalla G.d.F.

Vi erano, nel deposito, una ventina di casse di proiettili da 30 millimetri, fabbricati dalla Breda Meccaniche Bresciane di Gardone Valtrompia. Per l’esattezza 576 proiettili per un peso di circa 300Kg.                        

Questi proiettili, dopo l’intervento per misurare la radio-attività svolto dall’allora Agenzia Nazionale della Protezione Ambientale, sarebbero stati “smaltiti” con una esercitazione in mare da parte di due motovedette fra Ponza e Ventotene.

Secondo l’ex Maresciallo Carofiglio quel genere di proiettili sarebbe stato usato anche nelle esercitazioni nei poligoni sardi di Teulada e Quirra. Sempre il Carofiglio ha invitato i componenti del Commissione  a verificare la situazione a La Spezia, dove furono costruire le due navi.

Lo Stato Maggiore della Difesa ha detto che mai Esercito, Marina e Aviazione Militare hanno mai avuto in dotazione armamenti all’uranio impoverito, dicendo invece di verificare presso la Guardia di Finanza (come se la G.d.F. non facesse parte delle Forze militari, sottolineiamo  noi).                                                       

Siamo quindi di fronte a problemi non certo nuovi (già la Commissione Mandelli iniziò una indagine nel 2000) e sembrerebbe che sui temi dell’uranio impoverito si intromettono atteggiamenti “omertosi” e forse veri e propri “depistaggi”. Le indagini che investono responsabilità politiche e militari sono certamente delicatissime e soprattutto saremmo nuovamente di fronte a parti  dell’apparato dello  Stato che tende a separarsi da quella conformazione democratica del suo operare e organizzarsi come prevede il terzo comma dell’articolo 52 della Costituzione Repubblicana.                                                                             

Rimane allora aperto un problema: perché alcuni di quelli che hanno fatto parte delle Forze Armate iniziano a testimoniare di fronte alle istituzioni solo dopo che sono stati congedati?                                                  

Per noi vi è una prima ma non unica risposta: sinché  non saranno veramente democratizzate le FF.AA. e i componenti non avranno quelle libertà sindacali – sancite dall’articolo 39 della nostra Carta Fondamentale – che hanno i loro colleghi di molti Paesi che fanno parte dell’Unione Europea (con un sindacato Europeo che viene anche consultato dalla Commissione Europea, l’Euromil)  vi saranno sempre dei “muri” contro i quali le istituzioni rappresentative della sovranità popolare nell’interesse della verità saranno fermate da poteri non democratici(Ustica docet).

L’attuale Ministro della Difesa, l’onorevole Pinotti, quando presiedeva la Commissione Difesa della Camera nel 2006 fu fra le più accanite avversarie della richiesta – formulata in diversi Disegni di Legge anche dai rappresentanti del PRC-SE e di Sinistra Democratica – di un superamento radicale della vecchia Legge istitutiva della Rappresentanza Militare, della quale tutto si può dire tranne che sia uno strumento sindacale che consenta ai militari di tutelare la loro salute, la loro condizione di lavoro e di vita come quello di cui possono valersi le forze di polizia a ordinamento civile.                                                                                   

Una ragione in più per le forze di sinistra di costruire una alternativa democratica al modo di essere  e di fare del PD e delle forze che vi ruotano attorno come dei satelliti.

Enzo Jorfida                                                                                                                                   

Responsabile problemi forze armate e forze di polizia del Partito della Rifondazione Comunista

areadirittiPRC@gmail.com

16/7/2017 www.rifondazione.it

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