Uruguay, politiche sociali e redistribuzione del reddito: così il Frente amplio ha costruito il successo alle urne. > Nel pieno della controffensiva imperialista in America Latina, il FA – Frente Amplio – ha il compito di contribuire all’approfondimento del processo di trasformazione, confermato con questa vittoria al primo turno, per governare a favore delle grandi maggioranze escluse storicamente dalla ricchezza. Da un Paese governato dalla sinistra coerente un esempio per un processo di trasformazione sociale e politica in Italia
L’Uruguay è sempre stato lì, quasi schiacciato tra Argentina e Brasile, con il suo mate, il carnevale, la murga e Montevideo, bagnata da un lungomare chilometrico. Il mondo raramente si è accorto dell’esistenza di questo piccolo e tranquillo paese sudamericano. Le luci della ribalta lo hanno illuminato quando ha battuto il Brasile nella finale dei Campionati Mondiali del 1950 gettando nella disperazione i tifosi carioca; quando un giornale spagnolo, nel 2012, ha raccontato del suo presidente- Pepe Mujica il presidente più povero del mondo-, quando ha legalizzato la cannabis. La scorsa settimana, in contemporanea con il secondo turno delle elezioni politiche e presidenziali in Brasile, si è aperto il processo elettorale che dovrà eleggere un nuovo governo per gli uruguayani; Mujica, il presidente più povero del mondo, si appresta a cedere la fascia presidenziale al suo successore e queste elezioni sono anche occasione di bilanci, per il suo governo e per il Frente Amplio, la coalizione che lo sosteneva.
A una settimana dalle elezioni politiche e presidenziali, in Uruguay si fanno i conti con i risultati delle urne e ci si proietta verso la campagna elettorale per il secondo turno di ballottaggio che si svolgerà il 30 novembre. Le previsioni che vedevano il Frente Amplio, coalizione di centro sinistra che presenta Tabaré Vázquez medico oncologo già presidente del paese dal 2005 al 2010, in difficoltà e annunciavano un avanzamento delle destre e in particolare del Partido Nacional sono state smentite dai dati emersi dalle votazioni. Il Frente Amplio che ha governato il piccolo paese sudamericano negli ultimi 10 anni, ha conquistato il 47,8% dei voti ottenendo così una maggioranza dei seggi nei due rami del Parlamento che gli permetterà, in caso di vittoria al ballottaggio, di governare senza dover ricorrere ad accordi con altre formazioni. Il suo diretto sfidante, il Partido Nacional, ha raccolto il 30,9% dei consensi e malgrado l’appoggio dichiarato per il ballottaggio del terzo classificato, Partido Colorado (12,9%) non sembra impensierire la coalizione di centro sinistra. A meno di grandi stravolgimenti, che dovrebbero verificarsi durante questo mese, i giochi sembrano già fatti. Voci che si rincorrono nelle ultime ore parlano addirittura di appelli al Partido Nacional proponendogli di non presentarsi neanche al secondo turno e di dare così la vittoria ‘a tavolino’ al Frente.
Il risultato di questa tornata elettorale, che ricalca a grandi linee quello delle passate elezioni del 2009, non era così scontato. Nelle ultime settimane di campagna elettorale le maggiori agenzie di rilevamento elettorale attribuivano alla coalizione di centrosinistra un dato tra il 40 e il 42%, e l’impossibilità di raggiungere una maggioranza parlamentare che aveva messo in fibrillazione la compagine del Frente. Le accuse di non vigilare abbastanza sulla sicurezza dei cittadini, la proposta di militarizzazione della Polizia, l’aumento delle tasse e le critiche per i disservizi, principalmente nelle aree della salute e dell’educazione, portate avanti da Luis Lacalle Pou del Partido Nacional sembravano aver fatto breccia nella cittadinanza e si paventava un pareggio tra il Frente e gli altri due partiti che avrebbero quindi potuto soffiargli presidenza e maggioranza in Parlamento. In più il Frente sembrava aver perso consistenti blocchi di voti a sinistra a favore delle formazioni più radicali come Unidad Popular e il PERI – Partido Ecologista Radical Intransigente.
Le elezioni di domenica scorsa hanno sconfessato queste previsioni e adesso in Uruguay ci si domanda come ciò sia potuto accadere. Sotto accuse le agenzie di rilevamento dati che avrebbero ‘sbagliato’, a detta di molti consapevolmente, con il chiaro tentativo di confondere l’elettorato. E si parla del consolidamento di una ingerenza nelle strategie pubblicitarie e nella costruzione e manipolazione della volontà popolare che assedia e accerchia la polis e distoglie l’attenzione dai temi più importanti. Ma gli osservatori più attenti avevano già provato a smentire i sondaggi sulla base delle presenze alle manifestazioni finali della campagna elettorale che, a fronte di qualche centinaia di presenti per il Partido Nacional, rivelavano una folla di centinaia di migliaia di persone alla chiusura di campagna del Frente.
D’altro canto una certa disaffezione tra gli elettori del Frente era davvero percepibile. E le critiche più forti arrivavano dai settori della sinistra più radicale. Con la designazione di Tabaré Vázquez quale candidato della coalizione di centrosinistra il programma di governo è rapidamente scivolato verso il centro rispetto a quello del 2008 che accompagnò Pepe Mujica, presidente uscente, alle elezioni del 2009. E alcuni settori più critici affermano che l’unico vincitore di queste elezioni sarà, in ogni caso, il sistema capitalista che si destreggia senza grandi problemi tra la destra conservatrice del Partido Nacional e la socialdemocrazia perfettamente inserita nel sistema del Frente Amplio. Poche sarebbero, per questi critici, le voci interne al Frente discordi rispetto a questa impostazione: qualche candidato del Partido Socialista e la compagine che fa riferimento a Constanza Moreira, sfidante di Vázquez alle primarie del giugno scorso, che però sembra più interessata alla questione dei diritti civili che a concentrarsi in un orizzonte di cambiamento di modello economico.
Il Frente si è presentato a queste elezioni dopo aver governato l’Uruguay per dieci anni consecutivi ed è arrivato a quest’appuntamento forte di una serie di misure, e di una congiuntura economica, che hanno restituito all’Uruguay, travolto nel 2001 dalla crisi della vicina Argentina, una certa tranquillità economica e sociale: l’economia pur rallentando continua a crescere, i piani di emergenza sociale hanno tirato fuori dall’indigenza migliaia di famiglie, riforme dell’orario di lavoro degli operai rurali e delle colf testimoniano un’attenzione verso le fasce più deboli, investimenti nel campo della salute pubblica (anche se continuano ad esserci delle criticità) hanno elevato la qualità dei servizi, l’introduzione di un imposta progressiva sui redditi permette di attuare politiche di redistribuzione, l’accoglienza di profughi provenienti da paesi in guerra come la Siria, per non parlare delle leggi sui diritti civili – Interruzione Volontaria di gravidanza, matrimoni tra persone dello stesso sesso, legalizzazione della cannabis.
Capitolo a parte la presidenza Mujica, che sta attraversando la sua fase finale, e che, con i suoi tratti anticonformisti e profondamente umani ha segnato gli ultimi cinque anni sia a livello interno che internazionale guadagnandosi una certa autorità morale.
La stessa che alcuni analisti negli ultimi giorni attribuiscono al Frente Amplio scomodando addirittura Antonio Gramsci e il suo pensiero per parlare del Frente come di una forza culturale e morale prima ancora che politica. E spiegare così il risultato inatteso di domenica scorsa. Ma se, come dichiarava Gramsci, l’egemonia si definisce come l’autorità ideologica e culturale di una classe sociale sull’altra che permette un cambiamento rivoluzionario, è evidente che tale egemonia deve essere una tappa che precede il cambiamento, capace di favorire le condizioni per una trasformazione. Ma il Frente Amplio è davvero interessato a questa trasformazione, ad un modello alternativo? Lo diranno i prossimi cinque anni.
Nadia Angelucci
giornalista, autrice insieme a Gianni Tarquini del volume “Il presidente impossiobile. Pepe Mujica, da guerrigliero a capo di Stato”. Novadelphi
3/1172014 www.controlacrisi.org
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