USA e Israele, l’asse della follia
Netanyahu porta ai limiti lo scontro con l’Iran, si prepara ad invadere il Libano, e sbeffeggia la diplomazia globale, con Stati Uniti complici: massacro senza fine a Gaza e l’intero Medio Oriente sull’orlo della guerra totale. Pura follia.
USA e Israele, avanti tutta verso il caos
La crisi mediorientale si sta trasformando sempre più in una gara d’azzardo tra irresponsabili. Il duplice omicidio compiuto dagli israeliani a Beirut e a Teheran – subito dopo la visita di Netanyahu al Congresso USA, ha mandato un messaggio chiaro: a Tel Aviv sta prevalendo il “partito della guerra totale”.
Israele sembra prepararsi a un attacco contro il Libano, in attesa di una reazione violenta da parte degli ayatollah per avere una scusa per colpire i reattori nucleari iraniani. Se la situazione dovesse degenerare, Israele conta sul supporto degli Stati Uniti per proteggerlo.
Netanyahu, non interessato a negoziati o cessate il fuoco, sta unendo il suo governo dietro una strategia di conflitto diretto.
Preparativi per un’invasione del Libano
Il capo di Stato Maggiore dell’IDF, Hertzl Halevi, ha recentemente confermato la possibilità di aprire un secondo fronte in Libano contro Hezbollah. Halevi ha dichiarato che non si tornerà mai più alla situazione preesistente del 6 ottobre, con le milizie sciite vicino al confine. “In futuro – ha aggiunto – Hezbollah non sarà più a 200 metri da Metula, Shetula o Rosh Anikra”. Questo indica una chiara intenzione di guerra contro il Libano.
Il quotidiano israeliano Haaretz titola “La politica di assassinii di Israele non fa che rendere Hamas, Hezbollah e l’Iran più determinati”. Questo riflette il pensiero di molti che vedono le recenti operazioni come una rivincita per il Mossad e il servizio segreto militare Aman, ma anche come una mossa che rischia di compromettere mesi di lavoro diplomatico.
La tensione in tutta la regione è altissima, con nuovi attori come la Turchia pronti a inserirsi nel conflitto. Il presidente turco Erdogan ha fatto delle minacce esplicite a Israele, mentre gli Stati Uniti sono sempre più pericolosamente ondeggianti.
USA, operazione “gettare il sasso e nascondere la mano”
Il visibile indebolimento del presidente Biden ha modificato l’influenza di “contenimento” che gli Stati Uniti esercitavano su Israele. L’attacco compiuto in Iran è così grave che nessuno crede davvero al solito ritornello “che la Casa Bianca non ne sapeva niente”. Chi supporta un alleato in modo incondizionato e lo arma fino ai denti deve essere informato delle sue azioni. Altrimenti, l’alleanza risulta una farsa. In questo contesto, l’America appare disorientata e irresponsabile.
Allo stesso tempo il Washington Post ci fa sapere che un imponente flotta si sta raggruppando al largo delle coste del Libano: “La crescente tensione in Medio Oriente, in seguito all’uccisione di alti funzionari di Hamas e Hezbollah, non ha spinto il Pentagono ad annunciare ulteriori schieramenti, ma gli Stati Uniti hanno radunato almeno una dozzina di navi da guerra nelle vicinanze… una task force anfibia che comprende oltre 4.000 marines e marinai.”
Da una parte dicono che bisogna evitare l’escalation mentre dall’altra la creano. Si tratta del dispiegamento più grande dalla guerra in Iraq. Un’imponente flotta a completa protezione di Israele.
La possibile risposta dell’Iran
La Guida Suprema iraniana, Alì Khamenei, ha dichiarato che “i sionisti pagheranno un prezzo salato”. Il New York Times ha riportato che una rappresaglia iraniana contro Israele potrebbe essere imminente. Gli occhi sono puntati sui movimenti degli ayatollah e dei gruppi affiliati all’Asse di resistenza, una coalizione di milizie sciite e non solo, che operano in Yemen, Iraq e Siria. Gli Houthi, per esempio, controllano una rotta marittima strategica che va dallo Stretto di Bab-el-Mandeb al Canale di Suez.
Un eventuale sabotaggio di queste acque comprometterebbe gravemente la navigazione. Le Guardie Rivoluzionarie Iraniane potrebbero ostacolare anche la rotta attraverso lo Stretto di Hormuz, da dove transita il 35% del petrolio mondiale.
Oltre ai conflitti esterni, l’Iran deve affrontare l’instabilità politica interna. Il nuovo presidente Massoud Pezeshkian, percepito erroneamente come riformista, voleva riprendere i colloqui sul nucleare per allentare le sanzioni occidentali, ma i negoziati non hanno portato frutti.
Si teme che gli ayatollah stiano continuando ad arricchire uranio per la costruzione di armi nucleari. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che restano solo poche settimane prima che Teheran raggiunga la capacità nucleare, allarmando Israele, che ha promesso di non permettere mai all’Iran di ottenere l’arma atomica.
Il calcolo di Israele
Israele ha dichiarato che non permetterà all’Iran di acquisire armi nucleari, anche a costo di innescare un conflitto di vasta scala. Alcuni credono che l’assassinio del leader di Hamas sia stato una provocazione per costringere l’Iran a reagire, giustificando così un attacco preventivo ai siti nucleari iraniani con il supporto degli Stati Uniti. Tuttavia, una guerra regionale potrebbe avere conseguenze imprevedibili, con gli Stati Uniti che rischiano di subire gravi perdite e Israele che mette a rischio la sua stessa esistenza.
La saggezza degli Ayatollah?
Resta da vedere se gli ayatollah avranno la saggezza di non reagire, lasciando che siano “gli altri” a rendere conto dell’aumento della tensione nella regione. Purtroppo, è difficile che l’Iran, con la sua complessità politica interna e l’influenza degli elementi più radicali, scelga di non rispondere. Un Paese unito potrebbe farlo, ma l’Iran di oggi è un’entità complessa, dove gli intransigenti sono costretti spesso ad avere l’ultima parola.
Alexandro Sabetti
1/8/2024 https://www.kulturjam.it/
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