Vaccini: una discussione oltre le ideologie
Nella nostra società ci troviamo attualmente di fronte ad una vera battaglia sul tema delle vaccinazioni, in un contesto ideologizzato in cui sembra impossibile rimanere estranei agli schieramenti del tutto a favore o tutto contro “i vaccini” (“pro-vax” vs “no-vax”). Questo tema, che negli ultimi mesi è stato strumentalizzato anche in ambito politico, è diventato così delicato che anche chi tenta di esprimersi in maniera non ideologica o strumentale e con riferimento a prove scientifiche può purtroppo venire posizionato da una parte o dall’altra della barricata e posto sul banco degli accusati.
La Rete Sostenibilità e Salute, che al suo interno raccoglie oltre 25 associazioni (composte da medici, operatori sanitari e cittadini) che si occupano di salute da molto tempo, ritiene che per affrontare un tema complesso come quello dei vaccini sia necessario uscire dalla sfera ideologica e avviare una seria riflessione collettiva a partire dalle prove scientifiche disponibili. Di seguito presentiamo alcune considerazioni generali e un primo caso di concreta esemplificazione.
(Perché solo prove scientifiche? E le prove pratiche? E le associazioni di famiglie colpite da reazioni avverse? Ed il comune buon senso? Ed il diritto? E quando la scienza propone tesi apparentemente in conflitto tra loro? NECESSITÀ DI UN CONFRONTO APERTO E PARI A QUELLO A SO TEMPO AVVIATO SU QUALSIASI QUESTIONE RIGUARDANTE LA SALUTE O LA SICUREZZA (VEDI CENTRALI NUCLEARI, ABORTO, OGM, CARBONE ECC?)
1. Da un punto di vista scientifico si dovrebbe evitare di proclamare verità “assolute, incontrovertibili e definitive” (ciò vale anche per scienze dure come la fisica). Secondo una visione epistemologica è infatti considerato scientifico, a differenza degli enunciati della fede, proprio solo ciò che in linea di principio è “falsificabile” (principio di falsificazione di Popper). In questa prospettiva un serio dibattito scientifico su qualsiasi tema, incluso quello dei vaccini, non solo è lecito ma è parte del processo dialettico di costruzione e ridefinizione della conoscenza scientifica.
(In realtà questa falsa contrapposizione che trasforma una discussione in una contrapposizione tra tifoserie è puramente mediatica, poiché la scienza sa benissimo che quando i meccanismi di un processo di interazione tra un farmaco (e tra questi i vaccini)ed il corpo umano ricevente non sono ancora adeguatamente conosciuti è necessario ricorrere ad ulteriori studi, che si appoggiano anche alla statistica ed all’epidemiologia, studi che porteranno inevitabilmente a risultati anche apparentemente in contraddizione fra loro, ma che in realtà sono complementari perché approfondiscono situazioni specifiche a dimostrazione che la reazione di un organismo può essere diversa da quella di altri, perché non solo non siamo tutti uguali ma anche specifiche condizioni del momento possono portare a risultati opposti.
Basti pensare, ad esempio, che non tutti coloro che fumano si ammaleranno di cancro, che talune terapie su alcuni hanno un effetto e su altri no, così come altre producono solo in una limitata percentuale di pazienti effetti collaterali.
Ciò significa che quando uno studio afferma che chi fuma si può ammalare di cancro, non dice che per forza tutti si ammaleranno di cancro, ma questo vale anche per l’opposto, e se uno studio afferma che le fave non sono velenose, perché il 99 per cento della popolazione mondiale le mangia tranquillamente, non è così per i favici, che potrebbero anche morirne.
Di tutto ciò gli scienziati (ed i medici tra loro) ne sono perfettamente consapevoli, e proprio per questo la percentuale di coloro che si vaccinano tra gli addetti ai lavori è estremamente bassa (http://www.adnkronos.com/salute/sanita/ … KhSbJ.html), mentre la classe politica sembra l’unica a non accorgersene.)
2. Pur con l’ovvia adesione al concetto di “vaccinazione”, riteniamo tuttavia che non abbia senso discutere di “vaccini”, come qualcosa da “prendere o lasciare” in blocco. Ogni vaccino ha un peculiare profilo di efficacia, effetti collaterali, costi e va dunque valutato in modo specifico. In un dibattito scientifico non si potrebbe né asserire che tutti i vaccini esistenti abbiano prove ugualmente solide di efficacia, sicurezza e favorevole rapporto rischi e costi/benefici, né tanto meno il contrario. Dovrebbe invece essere possibile esprimersi su ogni singolo vaccino e su ogni strategia vaccinale, come si fa per farmaci differenti, sia pure accomunati da meccanismi d’azione simili.
3. È assodato che molti vaccini hanno rappresentato per la salute dell’Umanità un passo avanti enorme. Sono presenti contestualmente:
A) molti vaccini (tra i quali quelli obbligatori) con forti/fortissime prove di effetti positivi a livello individuale e/o di comunità di gran lunga superiori ai possibili effetti negativi e con profilo di costo-efficacia molto favorevole
(questo che poteva avere una sua validità 70 anni fa, in condizioni di diffusione epidemica di talune patologie, è valido ancora adesso?)
B) alcuni vaccini, o alcune strategie di implementazione, con importanti segnali di inappropriatezza se proposti a tutta la popolazione o in alcuni gruppi.
Ci limiteremo a un solo esempio concreto (Scheda con allegati su vaccino antimeningococco B), perché vorremmo che in questa fase il dibattito scientifico potesse svolgersi in contesti scientifici appropriati, senza censure né sanzioni. Ciò eviterebbe sia strumentalizzazioni mediatiche che stanno compromettendo un suo civile svolgimento, sia di diffondere senza necessità nella popolazione dubbi che in sede scientifica possono trovare risposte esaurienti e, auspichiamo, consensuali.
(e al di fuori del contesto scientifico ne possiamo parlare o ci è precluso perché la verità è in mano ai soloni della scienza? Noi comuni mortali possiamo ancora rivendicare il principio di precauzione o è giusto che ci venga impedito?)
C) anche vaccini collocabili in specifiche “aree grigie” meritevoli di ulteriori indagini, in cui le prove scientifiche a disposizione non permettono di raggiungere conclusioni solide.
(in presenza di situazioni di rischio, cioè di epidemie in atto, probabilmente anche farmaci non adeguatamente testati potrebbero essere utilizzati e nessuno si stupirebbe più di tanto, ma quando il rischio è solo paventato – e non sappiamo su quali basi – ma di fatto non reale ed immediato, come ci dobbiamo comportare?)
Nei casi rientranti nel punto A riteniamo fondamentale promuovere la vaccinazione, in quelli del gruppo B chiediamo di poter ridiscutere con argomentazioni scientifiche le strategie d’offerta del Piano Nazionale Vaccini/PNV. Anche nei casi di rilevante incertezza (gruppo C), pensiamo andrebbe fatta salva la possibilità di ciascuno di accedere alle relative vaccinazioni, a condizioni controllate dalla Sanità pubblica, come messo in atto con merito da più Regioni. Purché sia assicurato a chi chiede di effettuarle un consenso davvero informato, sui gradi di incertezza e sulla reale entità non solo dei benefici attesi, ma anche delle reazioni avverse rilevate negli studi registrativi randomizzati controllati e dalla farmacovigilanza attiva.
Nel nostro ordinamento il consenso informato a qualunque trattamento sanitario è il fondamento della liceità dell’attività sanitaria, e rappresenta un “valore finale” (valore in sé, di rango sovraordinato) indipendente dall’esito stesso dell’atto sanitario.
(non entro nel merito della scelta di definire i punti A B e C ma solo sul punto del consenso informato: come posso rilasciare un consenso ad un atto coercitivo? Che senso ha introdurre questo concetto in una prassi che non mi è consentito di rifiutare? Se chi governa ritiene che sia doveroso imporre le vaccinazioni, perché non si assume la responsabilità di imporle coattivamente invece che ricattare le famiglie sulla base della necessità di utilizzare nidi e materne?)
Vorremmo anche portare all’attenzione scientifica alcune “aree grigie” cruciali per la salute e la sicurezza della comunità e per la sostenibilità del nostro SSN, che meriterebbero di essere chiarite attraverso ricerche realizzate con supporto istituzionale, indipendenti da sponsor commerciali e con ricercatori senza conflitti di interesse.
4. In un’ottica sistemica e di medicina centrata sulla persona non è opportuno riferirsi solo alla popolazione generale, ma è necessario ragionare su specifici gruppi di popolazione. Vi sono, infatti, alcuni vaccini che hanno mostrato in studi randomizzati su esiti clinici maggiori prove convincenti di appropriatezza per alcuni gruppi di persone (es. il vaccino antinfluenzale negli anziani cardiopatici), o che potrebbero essere inappropriati in alcuni specifici gruppi (es. donne nel primo trimestre di gravidanza).
In relazione a quanto sopra, la Rete Sostenibilità e Salute ritiene urgente:
avviare un serio dibattito all’interno della comunità scientifica (? E gli altri?) sul tema dei vaccini, che consenta di superare contrapposizioni ideologiche e di presentare alla popolazione informazioni complete basate sulle migliori prove disponibili. Per ristabilire una relazione di fiducia tra comunità scientifica e cittadini è anche necessario che le informazioni fornite siano indipendenti da interessi commerciali.
Siamo convinti che si possa promuovere la salute, così come un’offerta vaccinale con altissima adesione, solo se la cittadinanza sarà informata in modo credibile e adeguato, e sarà attiva e consapevole.
In coerenza, riteniamo opportuno che il “board” per una legge nazionale intesa a rendere obbligatorie le vaccinazioni per iscriversi a scuola, attivato dall’Onorevole Gelli (http://www.quotidianosanita.it/governo- … o_id=49983) con le maggiori Società scientifiche che si occupano di vaccini e il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, includa anche esperti indipendenti dalle Società scientifiche, liberi da potenziali conflitti di interesse, per affrontare nel contesto appropriato alcuni temi scientifici controversi. (SULL’OBBLIGO DI VACCINAZIONE PER ISCRIVERSI A SCUOLA IL NO DEVE ESSERE ASSOLUTO)
Un’accelerazione su una legge nazionale che estenda l’obbligo a tutte le vaccinazioni incluse nel Piano Nazionale Vaccini (PNV) sarebbe una forzatura se soffoca il confronto scientifico (sarebbe una forzatura in ogni caso) e gli indispensabili contributi che ne possono derivare. Ad eccezione della profilassi antimorbillo, per cui ha basi scientifiche puntare al 95% della copertura, per altri vaccini non si vedono al momento condizioni di emergenza o urgenza tali da giustificare l’adozione di provvedimenti coercitivi. (PERCHÉ PER IL MORBILLO SI RITIENE NECESSARIO ACCOGLIERE I PROVVEDIMENTI COERCITIVI? PERCHÉ OBBLIGARE A VACCINARSI CHI PREFERISCE CORRERE IL RISCHIO DI CONTRARRE LA MALATTIA?) La copertura necessaria è infatti inferiore al 95% per altri vaccini (salvo ovviamente per l’antitetanica), come si può verificare da documenti dell’Istituto Superiore di Sanità – Allegato. (PERCHÉ PRENDIAMO PER ORO COLATO I DOCUMENTI DELL’ISS?)
Come RSS è stato avviato un gruppo di lavoro interdisciplinare per confrontarci in merito a importanti punti controversi, su cui non va impedito il dibattito della comunità scientifica. Ne esemplifichiamo alcuni:
1) vaccini o aspetti connessi a singole vaccinazioni che si trovano tuttora nella sopracitata “zona grigia”, meritevoli di ulteriore ricerca prima di considerare di renderli vincolanti
2) iniziative per migliorare il sistema di sorveglianza post marketing per i vaccini e per i farmaci in generale
3) durata dell’immunità. Non tutti i vaccini proteggono “a vita”, per non pochi la protezione è solo di pochi anni
come ammette il PNV, che chiede ad es.:
– una rivaccinazione annuale antinfluenzale per tutti dai 50 anni
– richiami ravvicinati fino a 18 anni per vaccini anti difterite, tetano, pertosse e poliomielite, poi rivaccinazioni decennali universali per le prime tre.
– o come il documento congiunto SIF, SItI, SIP, FIMMG, FIMP, che auspica già una rivaccinazione antipertosse ogni cinque anni per gli operatori sanitari a contatto con il neonato, perché “dati recenti indicano che alcuni soggetti possono essere ritornati allo stato di suscettibilità dopo alcuni anni”.
Ciò implica che alcune strategie di implementazione andrebbero ripensate in un’ottica di lungo periodo, per evitare che per alcune malattie si sposti solo l’età di trasmissione, con rischi potenzialmente più seri per anziani e malati cronici.
4) collocare i vaccini nel più ampio contesto delle politiche di prevenzione. Dato che le malattie infettive si manifestano per l’interazione tra un agente infettante, un ospite (e le sue difese) e un ambiente, la prevenzione dovrebbe intervenire sulle tre componenti. In quest’ottica bisognerebbe darsi delle priorità sia tra le vaccinazioni (CHE NON SONO CONSIDERABILI PREVENZIONE MA PROFILASSI) , sia nell’insieme degli interventi preventivi: non si possono usare “tutti i vaccini disponibili” e trascurare ad es. gli interventi sugli stili di vita con grande e documentata efficacia nel ridurre sia morbosità e mortalità per malattie infettive, sia malattie croniche e mortalità generale.
5) Non ci risultano prove che la coercizione ottenga risultati migliori di altre misure di informazione credibile e ricerca del consenso e responsabilizzazione sociale. Una revisione sistematica (Ames HMR et al. Cochrane review 2017 http://bit.ly/2q6klcq) conclude che i genitori vogliono informazioni bilanciate su benefici e rischi, imparziali, chiare e specifiche per specifiche esigenze informative (gli esitanti desiderano più informazione). (COSA DICIAMO AI GENITORI CHE VOGLIONO LA LIBERA SCELTA VACCINALE?)
Prima di generalizzare ed estendere misure obbligatorie, sarebbe opportuno valutare i risultati comparativi tra Regioni che hanno o no vincolato la frequenza scolastica all’esecuzione di vaccinazioni.
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