Venezuela: uno sguardo settimanale
Il costo delle “sanzioni”, avanzata del Covid-19 e la ratifica dell’alto comando militare.
Domenica scorsa, in Venezuela, è terminata la settimana di confinamento radicale il che, purtroppo non si traduce in una diminuzione del ritmo di crescita dei contagi per Covid-19. È anche fondamentale dire che la strategia di controllo della pandemia si sviluppa in uno scenario nel quale gli Stati Uniti d’America continuano ad implementare misure coercitive unilaterali contro il nostro Paese, in coordinamento con Paesi e istituzioni alleati. In questa nota presentiamo dati sull’impatto economico di queste misure; in ambito politico evidenziamo i preparativi per le prossime elezioni legislative e la ratifica dell’alto comando militare delle Forze Armate Bolivariane.
Il costo delle “sanzioni”.
Ciò che si conosce come “sanzioni” sono, in realtà, misure coercitive unilaterali contro il nostro Paese, in questo caso implementate dal governo degli Stati Uniti d’America e dai loro alleati nazionali e multilaterali; qual è l’impatto economico delle misure, nel loro complesso, per il Venezuela? L’economista Pascualina Cursio indica che quantificare l’impatto totale è impossibile, ma che possiamo tentare un’approssimazione e, a questo scopo, ci presenta i seguenti dati:
Le perdite subite dal Paese tra il 2016 e il 2019 a causa di queste misure ammontano a 194 miliardi di dollari, equivalenti a sedici mesi di produzione nazionale.
Con questa somma si sarebbe potuto pagare il debito estero del Paese, che il Banco Central de Venezuela stima ammontare a 110 miliardi di dollari; oppure si sarebbero potuti acquistare alimenti e medicinali sul mercato internazionale per quarantacinque anni.
Secondo le stime dell’economista Cursio, queste perdite si suddividono come segue:
• 25 miliardi di dollari corrispondono al denaro depositato in banche e beni (solo in Citgo vi sono 18 miliardi di dollari) congelati o illegalmente messi a disposizione di Juan Guaidó.
• 169 miliardi di dollari è il valore di ciò che non abbiamo potuto produrre, suddivisi come segue:
• 64 miliardi a causa del blocco imposto a Petróleos de Venezuela S.A. (Pdvsa), che è la principale fonte di valute straniere del Paese;
• 105 miliardi a causa dell’attacco alla moneta nazionale, il bolívar.
L’impatto di queste misure è drammatico e si esplicita in tutti gli aspetti della vita dei Venezuelani e delle Venezuelane, come per esempio accade per i salari dei lavoratori e delle lavoratrici, che si vedono costantemente danneggiati dalla crescente inflazione indotta (generata dal deprezzamento del tasso di cambio). Tuttavia, i portavoce dell’esecutivo degli Stati Uniti d’America affermano che le misure sono rivolte solo contro il governo di Nicolás Maduro. È chiaro che l’intenzione del governo nordamericano è erodere le basi che appoggiano la rivoluzione bolivariana, precarizzando le loro condizioni di vita e di lavoro.
Prima di procedere con il prossimo aspetto, è necessario un riferimento al pronunciamento dell’Assemblea Nazionale Costituente rispetto alla Risoluzione 2019/295 (RSP), approvata lo scorso 10 luglio dal Parlamento europeo e intitolata “Situazione umanitaria in Venezuela e crisi migratoria e dei rifugiati”. In proposito, l’Assemblea Nazionale Costituente dichiara che con questo pronunciamento si mira a: 1- legittimare il blocco economico, 2- giustificare il saccheggio dei beni della Repubblica, 3- spianare la strada per nuove misure coercitive unilaterali, 4- bloccare il percorso pacifico ed elettorale concordato con l’opposizione democratica e 5- disconoscere le azioni del governo bolivariano volte a controllare la pandemia. Pertanto, in nome dei Venezuelani e delle Venezuelane l’Assemblea Nazionale Costituente afferma: “Esigiamo rispetto alla sovranità e libera determinazione della Repubblica Bolivariana del Venezuela”. A questo proposito, questa settimana la Svizzera ha assunto misure contro Venezuelani e Venezuelane legati alla rivoluzione bolivariana e contro l’opposizione che parteciperà alle prossime elezioni parlamentari.
L’avanzata del Covid-19.
Questa settimana abbiamo concluso il periodo di quarantena radicale, durante il quale sono state mantenute solo le attività essenziali e con orari ridotti. Il numero di casi diagnosticati, secondo le autorità, è 9.178, il che rappresenta una crescita di oltre un terzo rispetto alla settimana scorsa. La maggioranza dei casi riguarda pazienti asintomatici (5.831) e si trovano sotto supervisione medica, tuttavia il numero dei deceduti è salito a 85 persone. Il Venezuela, rispetto alla regione, mantiene una posizione lontana dai Paesi che stanno in cima alla lista, ma ci preoccupa che la crescita continui ad essere sostenuta. L’incremento dei casi, nel nostro Paese, si è avuto con l’arrivo di migranti venezuelani di ritorno da Paesi della regione (Perù, Ecuador, Colombia e Brasile), dove le loro condizioni di vita sono divenute precarie a causa dell’assenza di meccanismi di protezione sociale; la maggioranza, circa 5.000 persone (poco più della metà dei contagiati), è stata ricevuta da autorità governative in diversi punti della frontiera, ma altri evadono questi controlli e, giungendo nelle loro comunità, contagiano le loro famiglie.
A questo proposito, sottolineiamo che diversi dirigenti della rivoluzione bolivariana sono risultati positivi alle analisi, tra loro Diosdado Cabello (Presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente), Tarek El Aissami (Ministro dell’Economia) e Omar Prieto, governatore dello Stato di Zulia (una delle regioni più importanti del Paese, alla frontiera con la Colombia).
Questa settimana, il governo bolivariano ha differenziato le misure di flessibilizzazione, in modo che gli Stati con maggiore incidenza di contagiati (fondamentalmente le zone di frontiera) resteranno in “quarantena radicale”, mentre poco più di metà del Paese potrà riprendere parte delle attività economiche.
Il percorso verso le elezioni parlamentari.
Ad oggi, dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) sono state ammesse a partecipare alle prossime elezioni parlamentari 1150 organizzazioni nazionali e regionali. Il CNE informa che le attività previste dal cronoprogramma elettorale procedono regolarmente e che sono state adottate le misure necessarie a proteggere le persone che le portano avanti.
Tra i partiti che si oppongono alla rivoluzione bolivariana è in corso un dibattito tra i i moderati e l’estrema destra. I moderati hanno deciso di partecipare alle elezioni, mentre l’estrema destra ha deciso di non prendervi parte. I moderati hanno assunto il controllo delle organizzazioni politiche dell’opposizione, rivolgendosi al Tribunale Supremo di Giustizia e denunciando i dirigenti per non avere indetto le elezioni interne, il che ha portato, nella maggioranza dei casi, alla nomina di giunte provvisorie incaricate di indire elezioni interne e, in questo quadro, queste giunte hanno espresso la loro volontà di partecipare alle prossime elezioni parlamentari.
Ratifica dell’alto comando militare delle Forze Armate Nazionali Bolivariane.
Questa settimana, il presidente Nicolás Maduro, come comandante in capo delle Forze Armate Nazionali Bolivariane, ha ratificato l’alto comando delle stesse, con alla testa il ministro della difesa Vladimir Padrino López. L’alto comando ha anche ratificato la sua lealtà alla Costituzione e alla rivoluzione bolivariana, oltre che al meccanismo di unione civico-militare. Le agenzie di intelligence nordamericane hanno tentato, senza successo, di dividere l’istituzione militare, affinché ritirasse l’appoggio totale o parziale al presidente Maduro; il tentativo è quello di rieditare la formula della Bolivia, per forzare un cambiamento al di fuori del quadro costituzionale.
Jesús A. Rondón
11/07/2020
Traduzione di Gorri per Lavoro e Salute
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