Verso un’altra narrazione in Rai, così vogliono sostituire la propaganda alla realtà
Dilettanti, pasticcioni, arroganti, squadristi. Questo sono coloro che hanno scritto un decreto per cacciare il sovrintendente del San Carlo di Napoli, che vincerà la causa a mani basse, e liberare il posto per Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, in modo da sostituirlo subito con la squadra di fiducia della destra, che già controlla saldamente il servizio pubblico. Il decreto è scritto con i piedi, non ci sono motivi di urgenza, rappresenta uno sfregio istituzionale e costituzionale.
Ci auguriamo che, almeno in questa occasione, le opposizioni unite, senza eccezione alcuna, vogliano ricorrere a tutti gli strumenti del regolamento, ostruzionismo compreso, per contrastare questo atto di squadrismo politico. La denuncia va portata davanti alle massime autorità di garanzia e nella sede del Parlamento e della Commissione europea.
Sarebbe anche opportuno convocare una grande manifestazione unitaria, capace di coinvolgere forze politiche, sindacali, associative, perché l’assalto non riguarda solo la Rai, abituata da decenni a queste aggressioni, ma si pone l’obiettivo di cambiare la “narrazione”.
Vogliono ricostruire il vecchio istituto Luce, quello spot della Meloni a Palazzo Chigi diventerà la norma.
Il cambio di narrazione si pone l’obiettivo di sostituire la propaganda alla realtà, di trasformare i fallimenti in successo, di cancellare le voci degli ultimi, dei poveri, delle differenze, delle diversità, della memoria, del conflitto sociale.
Vogliono cancellare la storia degli ultimi decenni da Tangentopoli alla trattativa stato mafia, dalle stragi ai servizi deviati, sino a omologare fascismo e antifascismo e cancellare le radici della Costituzione.
Dal momento che Mediaset già incarna questa rappresentazione, ora si tratta di realizzare il polo integrato Raiset a telecomando unificato, premessa per tentare di realizzare una repubblica presidenziale, magari dopo aver indebolito i poteri di controllo, dalla giustizia all’informazione, modello Ungheria.
Questa è la posta in palio e sarebbe letale scambiarla per una delle tante vicende Rai o, peggio, per una vertenza sindacale.
Si tratta invece di una grande questione democratica e come tale dovrà essere affrontata.
Noi di Articolo 21 ci mettiamo a disposizione, da subito, per promuovere una grande manifestazione nazionale, segnata solo dalla Costituzione e dal tricolore.
“La libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare..”, parole di Piero Calamandrei .
Sarà il caso di accorgersene ora e subito.
Giuseppe Giulietti
5/5/2023 https://www.articolo21.org/
Vogliono proprio il Minculpop
Adesso basta con il ritornello che tutti lo hanno sempre fatto. No. Lottizzazione, spoil system, si lo hanno fatto tutti. Hanno anche fatto le peggiori leggi sulla Rai, primo fra tutti Matteo Renzi che ha fatto tornare la Rai indietro a prima della riforma del 1976 mettendola alle dipendenze del governo. Ma una legge, una legge dello Stato, per cacciare un professionista che ha diritto a continuare a dirigere un teatro per fare posto all’amministratore delegato della Rai in modo da imporre un totale cambio di vertice all’azienda che fu di servizio pubblico ancora non si era mai visto, neppure con Berlusconi. E nemmeno però si era mai visto un dirigente che accetta tutto questo e che anzi appena insediato il nuovo governo è andato dalla presidente del consiglio a contrattare.
Come non si era mai visto che ministri e presidente del consiglio si costituiscano in giudizio contro giornalisti sgraditi, come nel troppo trascurato caso di Roberto Saviano al quale tutti noi ogni giorno dovremmo esprimere solidarietà e vicinanza. Querele ben più che temerarie che Articolo21 denuncia da dieci anni, voce che grida nel deserto…
Sì, vogliono proprio il Minculpop stile Galeazzo Ciano. La prova generale è lo spot della presidente del consiglio che non tiene una conferenza stampa dai giorni drammatici di Cutro. Non si fa intervistare, se non da giornali amici e ovviamente ignoti ai lettori.
E’ una vergogna assoluta, è portare avanti senza ritegno un processo di occupazione finalizzato al peggiore revisionismo anticostituzionale.
Negano anche i dati di fatto su Ustica e presto vedremo rimesse in discussione tutte le verità, sentenze comprese, sulle stragi dei terroristi neri, di cui figli e nipoti lavorano nei ministeri governati dal partito della presidente del consiglio.
Partito, non da solo, che vuole cambiare la carta costituzionale: sono spergiuri perché su quella hanno giurato fedeltà. La narrazione è per loro non riconoscere l’antifascismo e cambiare la Costituzione. Il presidenzialismo che vogliono è questo.Se ancora non lo abbiamo capito!
Ha ragione Giulietti a chiedere uno sciopero generale dell’informazione, e a chiamarli squadristi. Lo sono, lo dicono, lo dimostrano giorno dopo giorno.
Barbara Scaramucci
6/5/2023 https://www.articolo21.org/
Un decreto per mettere le mani sulla Rai: pessimo il fine, peggiore il mezzo
Il decreto-legge varato dal consiglio dei ministri dello scorso giovedì per epurare l’amministratore delegato della Rai Fuortes è un caso di scuola. Tutto ciò che non si può fare, viene invece messo in atto con una protervia persino inedita. Come si sa, il ricorso alla decretazione d’urgenza è previsto in casistiche ben delimitate. E già sotto tale profilo il testo in questione desta sospetti di dubbia costituzionalità.
Tuttavia, il merito va al di là di ogni più fosca previsione. Nell’età berlusconiana fioccavano provvedimenti ad personam e allora politica e televisione appartenevano ad uno stesso universo. Il mandato era di tutelare ad ogni costo gli interessi di Mediaset e di tenere sotto controllo la Rai.
Adesso, dopo lunghi sospiri davanti al buco della serratura, il partito di Giorgia Meloni non vede l’ora di occupare le postazioni del servizio pubblico. L’azienda radiotelevisiva rappresenta una sorta di desiderio proibito per tanta parte del ceto politico, soprattutto per una destra che ha la sindrome del cugino di campagna. In verità, la statistica offerta dalle tabelle sui minutaggi delle presenze in video, Fratelli d’Italia e Governo sono già ampiamente serviti. Ma l’occupazione in atto non è, ovviamente, solo quella dei tempi e degli spazi, bensì la ghiotta conquista degli scranni.
Si vorrebbe, verosimilmente, cambiare l’identità della principale azienda culturale italiana (che dio ci protegga), nonché –soprattutto- apparati e organigrammi. Sono settimane che si scrivono i nomi dell’attuale direttore della radio Roberto Sergio come nuovo amministratore delegato e di Giampaolo Rossi ex consigliere di amministrazione e dirigente.
Ciò che rende, però, il decreto un passo di selvatica virulenza è il combinato disposto tra ad personam e contra personam. Per il prossimo vertice e contro il sovrintendente della fondazione San Carlo di Napoli Stephane Lissner. Il cuore del provvedimento è comprensibile se si conosce il sottotesto: Carlo Fuortes a Napoli e Lissner in pensione, avendo compiuto 70 anni, il limite previsto per quell’incarico. Lissner ha annunciato ricorsi e polemiche: chissà mai che riesca ad ottenere in tribunale le sue ragioni. Tra l’altro, si tratta di un cittadino francese ed è opinabile che un decreto possa agire così su di lui.
Comunque, rimane senza risposta una banale domanda. C’è un precedente, è vero. Antonio Campo Dall’Orto, assurto al vertice nel 2015 se ne andò nel giugno del 2017: sfiduciato, però, in base al comma 11 dell’articolo 2 della (pessima) leggina n.220 del dicembre 2015 voluta dall’allora presidente del consiglio Matteo Renzi. Sarebbe stata trasparente, dunque, una procedura corretta e rispettosa della legge anche nell’attuale situazione.
Insomma, è un pasticciaccio bruttissimo, figlio delle logiche peggiori del potere, cui spesso sfuggono i confini della legalità. Il fine è pessimo, ma il mezzo è ancora peggiore.
A questo punto, non resta che rimettere seriamene nell’agenda delle priorità la questione della Rai, relegata alla marginalità dai riflettori delle istituzioni.
Che sia almeno la volta buona per una lotta delle opposizioni unite in Parlamento, bocciando il decreto nell’atto della conversione. Le opposizioni politiche si saldino all’iniziativa annunciata dalle organizzazioni sindacali e dai movimenti che da tempo invocano una riforma della Rai capace di svincolare il servizio pubblico dagli appetiti di partiti, lobby economiche, circoli privati e salotti.
Infine, va sottolineata l’altra faccia della medaglia di un decreto autoritario tipico di un regime. Sembra di essere in Polonia o in Ungheria, dove la libertà e l’autonomia dell’informazione sono stracciate da disposizioni autoritarie. Il risvolto del decreto illumina la scena governativa, mostrando con evidenza la miscela di incompetenza e di debolezza strategica: una destra senza qualità.
Una stecca del genere compromette l’intera opera, per rimanere in tema.
Vincenzo Vita
6/5/2023 https://www.articolo21.org/
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