Vigilantes planetari. Le basi militari degli USA nel mondo
In territorio cubano, a 160 chilometri dalla città di Santiago, gli Stati Uniti occupano dal 1903 la base militare navale di Guantanamo, assurta agli onori delle cronache a partire dal 2001 quale sede del famigerato carcere di massima sicurezza per sospetti terroristi islamici. Era appena iniziata la guerra allo “Stato canaglia” di Sadam Hussein, un tempo prezioso alleato degli Usa, in seguito inviso per aver allungato le mani sul petrolio del Kuwait.
La struttura, che accoglie circa 9.000 soldati e civili con passaporto statunitense, è una delle innumerevoli basi militari del governo americano dislocate fuori dai confini degli Usa. A fine Ottocento, dopo aver vinto la guerra contro la Spagna per il controllo di Cuba, gli Stati Uniti si assicurarono il possesso della baia di Guantanamo che conservarono anche dopo la rivoluzione castrista del 1959. Vani fino ad ora i tentativi del governo cubano di rimuovere dal suo territorio le strutture militari di un Paese dichiaratamente ostile. Nel 1992 all’interno della struttura è stato girato Codice d’onore, film di Rob Reiner interpretato da due mostri sacri di Hollywood, Jack Nicholson e Tom Cruise. Nello svolgimento dell’accattivante trama sconcerta che la presenza di una base americana nell’isola caraibica appaia non solo ovvia ma legittima. Così va il mondo.
A partire dal primo decennio del secolo scorso gli americani godono dello straordinario privilegio di essere considerati il provvidenziale guardiano diurno e notturno del pianeta Terra. Nel primo ventennio del nuovo millennio tale ruolo è stato ulteriormente ribadito. Almeno presso noi occidentali. Mentre a russi e cinesi non si perdona di volersi impicciare degli affari altrui – nello specifico quelli dei vicini di casa in Ucraina e a Taiwan – agli Usa è consentito di essere presenti in ogni dove e di tutelare gli interessi del loro Paese, come affermano, anche a distanze siderali dai confini nazionali.
È pur vero che hanno contribuito a liberare il mondo dal nazismo e dai fascismi, ma egual merito andrebbe riconosciuto a Russia e Cina che, sui rispettivi fronti, hanno concorso alla stessa lotta di liberazione con il sacrificio di milioni di cittadini. Probabilmente vengono considerati Paesi di rango inferiore dal momento che non apprezzano come si vorrebbe i valori delle sedicenti democrazie liberali.
In tutta la storia dell’umanità non era mai accaduto che le forze armate di un unico Paese fossero così capillarmente e copiosamente presenti nel mondo, sia in termini di mezzi che di soldati. A chi fa risalire questa strabordante presenza alla guerra fredda e alla minaccia rappresentata dal comunismo sovietico, si può far osservare che le basi gestite dai vigilantes a stelle e strisce continuano ad aumentare nonostante il tracollo dell’Urss e lo scioglimento del Patto di Varsavia, avvenuti ben 35 anni fa.
Tale presidio militare ha garantito e continua a garantire ai governi di Washington una diretta influenza su contesti geografici diversi e il dominio sulle rotte commerciali globali, comprese quelle dello spazio.
Essendo una sorta di sub-continente che si affaccia sui due Oceani più vasti del pianeta, gli Usa godono di una posizione geografica e strategica invidiabile. Oltre a ciò utilizzano per fini geo-politici i cosiddetti “territori d’oltremare” che, pur non facenti parte degli Stati federati, sono sottoposti alla sovranità statunitense. A titolo di esempio, Portorico e le isole Samoa americane, vergognoso retaggio di epoche coloniali comune a Francia e Gran Bretagna, fra gli altri. Non bastasse, gli Stati Uniti beneficiano per le loro postazioni militari della generosa ospitalità di almeno un centinaio di Stati del pianeta, fra cui il nostro. Ne sono state censite oltre 400, considerando anche quelle preposte all’intelligence, e le postazioni stesse sono presidiate da circa 180.000 soldati americani. Ne vengono segnalate numerose altre, ma si tratta perlopiù di piccole rampe di lancio o magazzini di stoccaggio. Compongonouna rete immensa e difficilmente quantificabile, ai quattro angoli del pianeta, dalle Filippine ai deserti arabici, dai Caraibi ai ghiacci groenlandesi, dagli atolli della Micronesia ai bassopiani della Polonia. Sono indeterminate come indefinito è il limite geografico del primato americano.
Secondo alcuni osservatori, ripropongono il mito della frontiera, catapultata in Eurasia dopo aver soggiogato Nord America e Oceano Pacifico. Non volendo avventurarci nei territori della sociologia e dell’antropologia ci limiteremo a riepilogare sommariamente la loro ubicazione sulla base dell’ultimo report ufficiale del governo statunitense riferito al 2024, intitolato “U.S.Overseas Basing: Background and Issues for Congress” (Basi d’oltremare degli Usa: contesto e problemi per il Congresso).
Europa.
L’intero continente è costellato di basi militari direttamente gestite dagli Stati Uniti o dipendenti dal comando Nato. A essere prudenti se ne contano più di 100, allocate per la maggior parte in territori tedeschi, inglesi, francesi e italiani, con il sostegno di circa 90.000 soldati americani. Retaggio della guerra fredda, si dice. Parzialmente vero, ma non convince. Appare singolare che alla crisi e alla frantumazione dell’impero sovietico nel 1991, non abbia corrisposto, come era logico attendersi, un ridimensionamento delle basi Nato. Tutt’altro, alla miriade di quelle già presenti fin dagli anni Cinquanta, se ne sono aggiunte altre collocate in tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, dal Kosovo alla Lettonia passando per la Polonia.
In Italia sono una decina le basi importanti vigilate e utilizzate dagli Stati Uniti. Fra le più note, Aviano (Friuli) e Ghedi (Lombardia) – con ordigni nucleari – e Sigonella (Sicilia) dove si trova il comando di monitoraggio delle truppe a terra e da cui partono i droni che sorvegliano i confini ucraini. Vanno aggiunte le sedi di Napoli con il comando delle forze aeree e dei marines, e la base dei sommergibili statunitensi nel Mediterraneo. Nella città campana poi ha sede uno dei due centri di comando della Nato in Europa.
Medio Oriente e Golfo Persico
Nei due perenni punti caldi del pianeta – guarda caso saturi di petrolio – la vigilanza Usa è particolarmente assidua e si manifesta dalla Turchia a Gibuti con imponenti strutture marittime e aeree. In Qatar è ospitata la più grande base aerea americana dell’area, nel Bahrein è ormeggiata la V Flotta Usa. I militari statunitensi presenti negli Emirati Arabi, in Iraq, Turchia, Giordania, Kuwait e Oman sono circa 40.000. Nel Golfo Persico va segnalato il presidio di Camp Lemonnier a Gibuti, sulle coste africane.
Oceano Pacifico
Si tratta di un’area particolarmente sorvegliata dove le basi americane, già presenti nel corso del secondo conflitto mondiale per contrastare il Giappone, hanno assunto nuova rilevanza strategica negli ultimi trent’anni in seguito all’affermarsi del colosso cinese.
Il primo paese per presenza di militari americani nel mondo è proprio il Giappone,con55.000 soldati dislocati in sei importanti basi, fra cui Yokosuka, sede della VII Flotta americana.
La Corea del Sud ospita sei grandi presidi militari fra cui la più imponente base aerea all’estero, Camp Humphreys. L’insieme è vigilato da 28.000 soldati.
Nelle Filippine sono nove i punti di appoggio che gli americani possono utilizzare.
Arricchisce il quadrol’Australia con quattro importanti basi, fra le quali Pine Gap, ritenuta uno dei maggiori presidi terrestri USA. Svolge un ruolo cruciale nel supportare le attività di intelligence e le operazioni militari degli Stati Uniti in tutto il mondo. Ulteriori capisaldi militari sono presenti negli Stati Federati di Micronesia, politicamente indipendenti, ma legati agli Usa da patti militari. A questi vanno aggiunti quelli delle “Isole minori esterne” degli Stati Uniti d’America, tra le quali Guam, nell’arcipelago delle Marianne e l’isola di Wake.
Oceano Atlantico e America del Sud
In quest’area la presenza militare Usa è meno appariscente in quanto la gestione della sicurezza è condivisa con altri partner della Nato, in particolare con il Regno Unito che nell’Atlantico meridionale dispone di basi aeree nelle Isole Falkland, a Sant’Elena, Ascension e Tristan da Cuña. Inoltre a Nord la Danimarca concede all’Air Force Usa la base aerea di Thule in Groenlandia. Nei Caraibi come già detto ci sono consolidati presidi militari a Guantanamo e a Portorico, ai quali si sono aggiunte ultimamente alcune basi in Colombia, considerata partner globale dell’Alleanza Atlantica, forse perché si affaccia su entrambi gli Oceani.
Come dimostra il travagliato presente, una ragnatela di presidi militari e di controlli a cui nulla sfugge, non garantisce la pace fra i popoli e i Paesi, e neppure rapporti di cooperazione e interscambio, i quali soli possono offrire garanzie per il futuro dell’umanità.
Antonio Mazzoni
8/1/2025 https://www.ilmanifestoinrete.it/
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