Violenza nel mondo del lavoro: infortuni e femminicidi

L’osservatorio nazionale di Non Una Di Meno ci parla della violenza che accomuna i 3 omicidi sul lavoro al giorno, con le donne uccise, una ogni 3 giorni. E dietro a ogni persona vittima degli omicidi sul posto di lavoro causati da mancata sicurezza, dietro a ogni donna uccisa perché ha detto “no” ci sono affetti, progetti mancati, altre vite distrutte, figli rimasti orfani di cui pochi si fanno carico.

Perché accostare morti sul lavoro e femminicidi? Oltre a essere fenomeni tristemente sempre più emergenti, sono fenomeni che vedono implicati rapporti di debolezza e subalternità.

Si muore a casa per mano di chi ti sta accanto. Ma in genere un femminicidio, lesbicidio, transcidio è sempre l’ultimo di una sequenza di atti, l’esito della sottomissione psicologica ed economica della donna, l’episodio terminale di ripetute sopraffazioni fisiche attestate spesso da regolari denunce che non producono effetti. Troppo spesso una donna che lascia o minaccia di farlo è percepita dall’uomo come una proprietà, da uccidere prima di perderne il controllo e di accettarne l’autonomia.

Intorno alle vittime risalta l’esiguità dei servizi sociali territoriali esistenti e dei Centri Antiviolenza (CAV) che non riescono a rispondere a tutte le richieste di supporto e protezione a causa dei pochi finanziamenti disponibili.

Ci sono lavoratrici o lavoratori che muoiono svolgendo mansioni la cui contropartita sarà un salario spesso non adeguato e dignitoso, magari manovrando macchinari o misurandosi con processi produttivi i cui “ingranaggi” e dispositivi di sicurezza non funzionano o funzionano male.

Si muore di lavoro per l’inadeguatezza o la totale mancanza delle misure di sicurezza, per lo “stato di necessità” che rende disposti a tutto pur di avere un reddito.

La causa delle morti sul lavoro, o meglio degli omicidi sul lavoro è la cultura capitalista che considera il diritto alla salute e alla vita come un ostacolo al profitto, sempre più indifferente rispetto a quelle vite, le vite di operai che continuano a essere sottoposte alla roulette russa del destino e del lavoro precario.

Non solo una cabala di numeri (tre omicidi sul lavoro al giorno, ogni tre giorni una donna uccisa) ma la necessità di sovvertire questa società che accomuna femminicidi e omicidi sul lavoro con un radicale cambio culturale. Numeri che ottengono visibilità quando sono casi eclatanti come è successo il 17 febbraio scorso a Firenze, o come quando a dicembre 2007 alla ThyssenKrupp di Torino morirono 8 operai. Nei femminicidi la donna uccisa ha una visibilità diversa se si tratta di una donna bianca, sposata e incinta, molto meno se è una persona LGBTQIA+ e se è una sex-worker!

E dietro a ogni persona vittima degli omicidi sul posto di lavoro causati da mancata sicurezza, dietro a ogni donna uccisa perché ha detto “no” ci sono affetti, progetti mancati, altre vite distrutte, figli rimasti orfani di cui pochi si fanno carico.

Violenza economica che vede la connessione tra un lavoro produttivo fatto di bassi salari, lavoro intermittente, precario, sfruttato, sottopagato e povero, e un lavoro di cura gratuito che pesa, per oltre il 75%, sulle donne.

Violenza economica sono i ricatti nell’accesso e per il mantenimento del posto di lavoro, il part- time involontario, il disconoscimento delle norme sulla maternità (congedi, allattamento), il ricatto di turnazioni che rendono inconciliabile la funzione genitoriale e di cura, fino alle molestie sessuali vere e proprie che, una volta portate allo scoperto, sfociano in vero e proprio mobbing ai danni di chi denuncia.

Problemi per avere congedi, permessi, e lo smartworking considerato una facilitazione per le lavoratrici che devono lavorare due volte a casa, usando le proprie utenze e facendo anche la casalinga. Nei posti di lavoro pubblici e privati discriminazioni, molestie e ricatti contro le donne e violenza di genere avvengono quotidianamente e non dimentichiamoci che le molestie valgono anche se sei apprendista, precaria. Va denunciato e preteso che sia lui a lasciare il posto di lavoro.

Gli uomini, in genere, occupano posti più importanti. Le donne sono più numerose nei lavori a orario ridotto. Vi sono altre differenze dovute al genere nelle condizioni di lavoro che si ripercuotono anche sulla sicurezza e salute sul lavoro. Per esempio, si trovano più donne in attività precarie e mal retribuite, il che si ripercuote sulle loro condizioni di lavoro e sui rischi a cui sono esposte.

In Italia l’esercito è schierato nelle principali città, mezzi da guerra presidiano musei e strade del centro delle grandi città, ai grandi eventi le persone vengono perquisite per fare prevenzione verso eventuali atti di terrorismo. Incutere la paura del delinquente comune o del migrante questo è quello che quotidianamente i media e il governo/ i vari governi ci propinano.

I vari Governi e il Parlamento non varano alcuna legge speciale, non inviano eserciti di ispettori nelle officine, nei cantieri, nelle ditte manifatturiere e non “arringano” la popolazione sulla difesa della vita di chi lavora.

Non vengono incrementati i finanziamenti ai CAV per i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Vengono invece incrementate le spese per le armi e per le guerre. D’altronde questa società si basa sullo sfruttamento, anche fino alla morte, per avere profitto. 

ABORTIAMO IL PATRIARCATO E IL CAPITALISMO

#8marzo #lottomarzo #scioperoperché

NUDM Livorno

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Immagine di copertina di Ilaria Turini, corteo di Roma del 25 novembre 2023

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