Violenza religiosa nei Consultori

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Nei consultori torinesi sono approdate le associazioni pro vita. È l’esito di un lungo processo che i movimenti antiabortisti hanno compiuto , con il supporto della giunta regionale. Nel 2010 una delibera della giunta Cota aveva previsto la presenza di associazioni pro vita nei consultori ( richiamandosi, con un’interpretazione alquanto faziosa- perchè si privilegiavano le associazioni volte a tutelare la maternità dal concepimento- a quanto disposto all’art.. 2 della legge 194 del ’78: I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita” ).

La Casa delle donne di Torino aveva presentato ricorso al TAR ottenendo l’annullamento della delibera, in quanto non rispondente alle indicazioni della 194 e discriminatoria rispetto ad associazioni non antiabortiste. Sulla scia di altre regioni, in Piemonte l’assessore Marrone ( fratelli d’Italia) da alcuni mesi si è fatto promotore di progetti tesi a limitare la libertà di scelta delle donne in materia di contraccezione di emergenza e di aborto. A gennaio 2021 è stata emessa una determina dirigenziale ed un successivo bando rivolto alle associazioni interessate ad entrare nei consultori, specificando, tra i requisiti richiesti “ la presenza, nello statuto, della finalità della tutela della vita dal concepimento e/ o di attività specifiche per il sostegno alla maternità e alla tutela del neonato”.

Il risultato è che , a giugno, tre associazioni ( centro aiuto alla vita , movimento per la vita, promozione vita di Torino) hanno cominciato ad operare all’interno di consultori, nonostante le proteste delle associazioni femministe e dell’opposizione in giunta regionale e perfino della disapprovazione della sindaca Appendino. In altre regioni ( Marche, Abruzzo, Toscana, Liguria ) si sono avviati o si stanno avviando procedimenti analoghi, che, insieme alle carenze organizzative, alla massiccia presenza di obiettori di coscienza, a campagne di opinione ( che parlano di aborto come omicidio ), all’ostruzionismo sull’aborto farmacologico, minacciano la libertà e l’autodeterminazione delle donne ed il diritto sancito dalla legge 194.

Ma in che modo operano le associazioni pro vita ? Viene predisposto un “percorso informativo” ( per ora leassociazioni non hanno ancora sede fisica all’interno dei consultori) per le donne che intendono abortire, o che stanno decidendo. Il percorso viene presentato come un’ opera di informazione a tutto campo che dovrebbe consentire una scelta consapevole e ragionata, nonchè responsabile…Ma è evidente, e dimostrato, che per convincerle a non abortire, si eserciti una pressione fortissima. A partire dai corsi di formazione per volontarie, tutti i percorsi si sviluppano a partire dalla tesi antiscientifica dell’aborto come soppressione di una vita. Difficile sostenere che una tale premessa possa garantire un’informazione neutrale ed effettivamente utile alla consapevolezza e alla libera scelta delle donne.

L’ idea di fondo, alimentata anche dal senso comune e non necessariamente da posizioni antiabortiste è che l’aborto rappresenti un fatto tragico e sconvolgente per ogni donna, sempre. Le associazioni pro vita , ma forse anche altri, sono insorte di fronte ai recenti manifesti affissi in quaranta città italiane in favore dell’aborto farmacologico, con una sorridente giovane donna che, con nome e cognome, rivendica la libertà e la sicurezza della sua scelta, senza il minimo segno di patimento e struggimento colpevole. E proprio la serenità della ragazza ha scatenato contro di lei una cascata di odio e violenza , alquanto bizzarri in chi dovrebbe diffondere bontà e carità da tutti i pori. Si vede che, dopo la nascita, gli esseri umani perdono valore ed importanza , per certi fanatici.

Il principio che stenta ad affermarsi è che le donne possono anche senza per questo essere crudeli, insensibili e mostruose, decidere di abortire senza drammatizzare. Ed in questo caso, la pratica di una procedura indolore e sicura dal punto di vista medico , come l’aborto farmacologico , è un’ottima notizia. Certo, il punto è assai delicato, anche tra chi è favorevole, la tentazione giudicante è sempre presente: si rischia di dedurre , nei casi di assenza di sconvolgimento interiore che “ segna per sempre” ,una spensieratezza o un’insensibilità che non esistono. Ricorrere all’aborto senza farne una tragedia non significa considerarlo un contraccettivo supplementare del quale disporre allegramente. La realtà è molto più complessa ma anche banale : ogni donna ha un diverso approccio al concepimento e alla maternità, ed anche la stessa donna, nel corso della vita, affronta le eventuali gravidanze , che si concludano o no , in modo differente a seconda del contesto e della condizione personale in cui si trova.

I percorsi delle associazioni quindi, si fondano su questo assunto: l’aborto è un crimine, un fatto contro natura e quindi la donna che vuole abortire non può che essere travolta da forze superiori e incontrollabili, costretta dalla miseria o dalla vergogna; oppure, è particolarmente cattiva, insensibile, moralmente indegna, una donna perduta, sconfinatamente egoista. Queste ultime forse vengono abbandonate al loro destino di peccatrici. Ma per le altre, ci sono le volontarie, quelle che cristianamente prendono in carico la persona, non il problema ..la donna diventa un povero essere che ha bisogno di essere accompagnata da una squadra di espertoni che sceglieranno se blandirla e far leva su qualche debolezza ( è una creaturina sacra quella che vuoi uccidere, così tenera , innocente e indifesa, un dono divino).

Quasi tutte le donne e anche molti uomini, di fronte ai neonati si inteneriscono: è una strategia evolutiva quella che induce l’istinto di protezione negli adulti della specie . Ed è anche una precisa spinta culturale quella che , in questo nostro momento storico, fa del bambino uno status symbol. Ma questo è un discorso collaterale. Comunque, come si fa a non immaginarsi la culla, le tutine e tutto il meraviglioso mondo dell’abbigliamento e degli accessori per l’infanzia? Di fronte a un embrione presentato già, sempre e solo come un neonato, è facile smarrirsi. Oppure, le volontarie possono toccare le corde del senso di colpa: oggi ti liberi di tuo figlio, ma domani te ne pentirai, potresti non averne più. Ed anche le eventuali incertezze economiche, si possono prontamente risolvere con i bonus e gli aiuti , sussidi, sostegni.

La politica fa la sua parte, per convincere le famiglie allo slancio patriottico per contrastare la denatalità ed il pericolo di estinzione dell’italica stirpe. Insomma, la donna va aiutata ad evitare il delitto, incoraggiata a ragionare , conti alla mano, sul fatto che alla fin fine, con un po’ di sacrificio, magari, il bambino può tenerlo. Se poi insiste nello scellerato proposito, deve portare su di sé lo stigma della colpa, ed affrontare un altro percorso, fatto di ritardi, difficoltà , ostacoli, sguardi malevoli ed umiliazioni per poter avvalersi del diritto a decidere del proprio corpo e della propria vita, fosse anche in maniera istintiva, non perfettamente razionale e non esplicabile.

Ci sarebbe da ricordare che, molto più che l’aborto, è la nascita di un figlio a cambiare profondamente ed irreversibilmente la vita di una donna, quand’anche decidesse di lasciarlo in ospedale, pratica sicuramente preferibile all’abbandono per strada o all’infanticidio, ma non esente da ripercussioni psicologiche per una persona. In ultimo, qualunque sia il pensiero riguardo all’aborto, giova sempre ricordare che, dietro ai vari movimenti e associazioni per la vita, c’è , in tutta Europa, una destra politica agguerrita e pericolosa, ultracattolica, oscurantista, discriminatoria, nazionalista, omofoba e fascista.

Loretta Deluca

Insegnante Torino. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

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