“Vite a giornata”: precarietà ed esclusione dalle cure per i braccianti migranti in Basilicata
Sono i circa 2.000 braccianti migranti in Basilicata, le cui “vite a giornata” scorrono sul territorio di sgombero in sgombero, di ingaggio in ingaggio, in cerca di una sistemazione umana e dignitosa.
È la fotografia scattata dal rapporto “Vite a giornata. Precarietà ed esclusione nelle campagne lucane”.
Tra luglio e novembre 2019 abbiamo offerto cure mediche e orientamento socio-sanitario in 7 insediamenti informali, tra cui l’ex-Felandina. A dicembre 2019 abbiamo passato il testimone all’associazione locale LOE-UISP, della quale fanno parte anche medici volontari, a cui sono stati donati il camper dell’unità mobile, le attrezzature mediche e le scorte di farmaci.
Diritto alla salute negato
L’intervento, in collaborazione con le Aziende Sanitarie Locali, è stato realizzato mediante una clinica mobile che in 5 mesi ha effettuato 910 visite mediche, identificando in 785 casi condizioni mediche legate in particolare alle difficili condizioni di lavoro e di vita. In 1 paziente su 3 sono state riscontrate infiammazioni muscoloscheletriche, mentre 1 su 4 ha manifestato disturbi riconducibili alla situazione insalubre negli insediamenti informali, come problemi gastrointestinali e respiratori, dermatiti e reazioni allergiche.
Sono stati inoltre registrati 51 casi di malattie croniche come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, respiratorie e nefrologiche per la maggior parte indentificate per la prima volta durante le visite con MSF.
La persona che ero una volta non esiste più. Dicono che siamo in Europa, ma mi sembra che qui si viva peggio che in molti posti in Africa. Questa è la periferia invisibile dell’Europa” A. 30 anni, dal Niger
In questo quadro, più di 1 paziente su 2 ha manifestato problemi di accesso al sistema sanitario, sebbene oltre il 30% abbia dichiarato di essere in Italia da più di 8 anni. Sul totale delle persone assistite, solo il 43% era in possesso di una tessera sanitaria in corso di validità, mentre il 27% aveva una tessera sanitaria scaduta e, nonostante avesse un permesso di soggiorno in corso di validità, non era in grado di rinnovarla per barriere amministrative legate all’impossibilità di eleggere una residenza. Il 28% ha dichiarato di non aver mai avuto una tessera sanitaria né un codice STP, solo il 2% era in possesso di un codice STP.
Un paziente di 29 anni, con una grave impotenza funzionale ai polsi dovuta verosimilmente a calcificazioni ossee e aggravata dal lavoro nei campi, non ha potuto ricorrere a una visita specialistica perché la sua tessera sanitaria era scaduta e non poteva recarsi nella precedente località di residenza per rinnovarla. Nonostante fosse in possesso di un regolare permesso di soggiorno, un ostacolo di tipo prettamente burocratico ha impedito il pieno accesso alle cure per questo paziente”. Gianluca Granà Medico
Le raccomandazioni di MSF
Questo intervento in Basilicata evidenzia come il Sistema Sanitario Nazionale non si sia ancora adeguato ai bisogni dei lavoratori soggetti ad alta mobilità e come le barriere amministrative non garantiscano alle persone l’accesso ai servizi di medicina generale.
Sulla base di queste premesse, raccomandiamo alle autorità locali di:
- abbattere le difficoltà di accesso al sistema sanitario attraverso l’attivazione di ambulatori di medicina dedicati nei territori in cui si registra una forte presenza di stranieri, anche a carattere regionale; servizi di mediazione linguistico-culturale nelle strutture sanitarie; programmi di formazione per il personale socio-sanitario sull’approccio interculturale così come indicato nel piano socio-sanitario della Regione Basilicata 2018-2020;
- definire strategie di lungo periodo per garantire soluzioni abitative dignitose alle persone di origine straniera presenti sul territorio, distinguendo fra le soluzioni stagionali e quelle rivolte a coloro che decidono di stanziarsi nella regione.
Storia di S., rifugiato con invalidità motoria
S. ha 29 anni, viene dall’Eritrea ed è un rifugiato politico. Alla nostra équipe ha raccontato che a 12 anni, nel tentativo di fuggire all’arruolamento forzato nel suo Paese, è rimasto coinvolto in un violento incidente che gli ha compromesso l’uso di una gamba. È arrivato in Italia quattro anni fa ed è stato inizialmente ospitato in un centro di accoglienza a Venezia. Qui è stato operato all’anca e gli è stata accertata una parziale invalidità dovuta all’incidente. Una volta uscito dall’ospedale non è più potuto rientrare nel centro di accoglienza e ha vissuto insieme ad un amico, guadagnandosi da vivere lavorando come panettiere.
Nell’estate del 2019 ha perso il lavoro e si è ritrovato in difficoltà, senza alcuna possibilità di pagare l’affitto. Ha chiamato alcuni amici in Basilicata che gli hanno consigliato di raggiungerlo all’ex-Felandina; gli hanno detto che la situazione abitativa non era delle migliori, ma che c’era lavoro. Non aveva altra scelta, ha preso un treno e si è diretto a Metaponto.
Quando è arrivato all’ex-Felandina non poteva credere a quello che vedeva.
La situazione era orribile, le persone vivevano come gli animali, peggio degli animali. C’erano i rifiuti davanti alle case, non c’era il bagno, non c’erano le docce. Non era una situazione umana”.
Intanto per lui anche lavorare nei campi si è rivelato problematico poiché i datori di lavoro, considerando la sua invalidità, non lo assumevano. Si è ritrovato bloccato, senza speranza.
In queste circostanze è avvenuto l’incontro con l’équipe di MSF.
Li ho visti arrivare con il camper alla ex-Felandina. Ho fatto la visita con il dottore e poi ho parlato con l’operatrice socio-sanitaria. Avevo bisogno di aiuto per rinnovare il mio certificato di invalidità. Ero molto scoraggiato, soffrivo per le condizioni di vita lì. Non sapevo cosa fare. Volevo trovare un posto in cui stare, poter studiare, trovare un lavoro”.
Nel frattempo, ad agosto, l’insediamento dell’ex-Felandina è stato sgomberato e S. ha cercato ospitalità da amici a Metaponto continuando a nutrire un forte disagio per l’assenza di prospettive nella sua vita. Lo abbiamo aiutato S. ad accedere al sistema sanitario e lo ha riferito al Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), richiedendo l’inserimento in un progetto di accoglienza. Da ottobre 2019 S. è ospite di un progetto SIPROIMI a Matera dove sta anche svolgendo un corso intensivo per migliorare la conoscenza della lingua italiana. Vuole prendere la patente di guida e trovare un lavoro.
Magari in un panificio, ma qualsiasi altra cosa va bene lo stesso”.
21/1/2020 www.medicisenzafrontiere.it
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