Viva lo sciopero dei macchinisti

«Se vuoi sapere dove la scarpa stringe il modo migliore è chiedere a chi l’indossa»: è una suggestiva immagine che pare mutuata dalla saggezza popolare. Forse è così ma la frase citata è una indicazione contenuta nella Guida per la prevenzione del distress lavorativo, linea guida adottata dalla UE nel lontano 1999 ed elaborata da esperti della salute occupazionale. Formalmente adottata dai decisori politici della UE tuttavia rimasta lettera morta anche a causa della tolleranza delle istituzioni e degli organi di vigilanza nei confronti di organizzazioni lavorative che “ignorano” non solo i princìpi elementari della ergonomia ma anche di quella che la scienza medica definisce “fisiologia umana normale”.

I macchinisti Cargo sono costretti a scendere in sciopero (quindi a rinunciare a parte del loro salario…di questi tempi) per rivendicare condizioni di lavoro non usuranti che dovrebbero essere garantiti a priori a tutti, mentre vediamo che il “mondo del lavoro” evolve sempre più drammaticamente verso forme di precariato estremo e di vero e proprio schiavismo.

I macchinisti rivendicano (purtroppo siamo tutti “ridotti” quasi a rivendicare l’aria da respirare) :

  • Carichi di lavoro umanamente sopportabili che rispettino i ritmi fisiologici circadiani
  • Abolizione dei riposi fuori residenza se diurni e riduzione dei notturni (dal punto di vista psicosociale gli RFR evocano il vissuto dell’ora d’aria della persona detenuta)
  • Miglioramento della sicurezza organizzativa e ambientale, fisica e psicologica
  • Barriera contro la invasività del tempo di lavoro nel tempo di vita, abolendo la “disponibilità” ; economisti indipendenti (vedi Claudia Goldin, Harvad, intervistata da La Repubblica di oggi) parlano correttamente di “greedy jobs” (organizzazioni del lavoro “avide”) che negano «il diritto alla disconnessione» e costituiscono la base della discriminazione di genere oltre che del lavoro psicologicamente e fisicamente usurante per tutti (maschi o femmine)
  • Dissociabilità del vigilante su tutti i mezzi di trazione, un meccanismo (il vigilante) fonte di grave distress “inventato” per ridurre il personale (evidente esempio di tecnologia non applicata al miglioramento delle condizioni di lavoro ma alla riduzione dei “costi” dello stesso).

Una domanda sorge spontanea e inevitabile:

SE PER CAPIRE DOVE LA SCARPA STRINGE LA DOMANDA NON E’ STATA POSTA CHI LA INDOSSA, COME E’ STATA REDATTA LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO IN RELAZIONE ALL’ARTICOLO 28 DEL DECRETO 81 DEL 2008 ?

UNA VALUTAZIONE A TAVOLINO FATTA DA DIRIGENTI E DATORI DI LAVORO ?

PROBABILMENTE L’ECCESSO DI DISCREPANZA SALARIALE FRA OSSERVATORI E OSSERVATI, FRA CREDITORI (i lavoratori) E DEBITORI DI SICUREZZA (i cosiddetti datori di lavoro) OFFUSCA TROPPO LA VISIONE CHE QUESTI ULTIMI DEVONO INVECE MANTENERE NITIDA … SE VOGLIONO RISPONDERE AI LORO DOVERI DEONTOLOGICI E COSTITUZIONALI.

Pieno appoggio dunque ai lavoratori di Cargo con l’augurio di una buona riuscita dello sciopero.

Vito Totire

Medico del lavoro e psichiatra, portavoce della «Rete europea per l’ecologia sociale»

14/7/2022 https://www.labottegadelbarbieri.org

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