Vivere in un mondo accessibile è un diritto
«Essere felici o provare soddisfazione rispetto alla propria vita non è un diritto – scrive Asya Bellia nel presente approfondimento -, ma vivere in un mondo accessibile lo è. Ed è verificato che, a parità di altre condizioni, l’accessibilità dell’ambiente fisico è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità»
Nel mondo, le persone con disabilità sono più di un miliardo, e costituiscono il 16% della popolazione. In altre parole, una persona su 6 ha una disabilità. Inoltre, le persone con disabilità sono meno soddisfatte della propria vita, in media, rispetto alle persone senza disabilità.
Spesso, questa disparità viene attribuita esclusivamente a problemi di salute, senza indagare oltre. Gli studi che indagano sulla soddisfazione delle persone con disabilità si focalizzano, per la maggior parte, su fattori individuali, quali: tipo di disabilità, entità delle limitazioni, e, soprattutto, tempo passato da quando la disabilità è sopravvenuta. Il tipo di disabilità non ha influenza sulla soddisfazione, mentre l’entità della limitazione e il tempo passato da quando la disabilità è sopravvenuta hanno un ruolo. Le persone con disabilità maggiormente limitate sono meno soddisfatte, mentre quelle che hanno una disabilità da più tempo sono più soddisfatte.
La soddisfazione rispetto alla propria vita dipende da moltissimi fattori, sia individuali, sia sociali. Se da una parte è comprensibile che si esaminino i fattori individuali specifici che possono influenzare la soddisfazione delle persone con disabilità, non ho potuto fare a meno di notare che i fattori sociali non ricevono altrettanta attenzione.
Per questo motivo, Lorenzo Corsini, professore associato di Politica Economica presso l’Università di Pisa, e chi scrieve [Asya Bellia] abbiamo pubblicato un articolo intitolato Disability and Life Satisfaction: the Role of Accessibility [in italiano: “Disabilità e soddisfazione della vita: il ruolo dell’accessibilità”, testo pubblicato sulla rivista «Journal of Happiness Studies», Volume 25, articolo n. 115, 14 novembre 2024, N.d.R.].
L’articolo usa un modello di disabilità basato sull’approccio delle capacitazioni, nel quale la disabilità è il risultato dell’intersezione tra condizioni di salute, fattori personali (ad esempio età, genere), risorse di cui si dispone (reddito, ausili, assistenza), e fattori strutturali (ad esempio accessibilità, ambiente socio-culturale). Questo insieme di fattori può far sì che le persone con determinate condizioni di salute siano “disabilitate”, ossia possano scegliere tra un numero minore di alternative rispetto al resto della popolazione, e quindi abbiano minori opportunità di raggiungere gli obiettivi che perseguono. Questo stato di cose può contribuire ad una minore soddisfazione.
Consideriamo l’ambiente fisico accessibile se tutte le persone con disabilità, qualunque tipo di disabilità, possono fruirne (autonomamente o con assistenza), senza mettere a rischio la propria sicurezza o essere esposte a livelli elevati di stress.
Per esempio, le persone cieche sono tecnicamente in grado di attraversare al semaforo senza assistenza o accomodamenti specifici. Tuttavia, sono esposte ad un maggior rischio di essere investite rispetto alle persone vedenti se il semaforo non emette segnali sonori o tattili per indicare l’arrivo del verde.
Per fare un altro esempio, ambienti come gli aeroporti possono essere particolarmente stressanti per persone autistiche, per le quali potrebbero risultare inaccessibili, a meno che non ricevano assistenza nell’attraversarli e/o non vengano accompagnate in apposite aree silenziose.
Nonostante gli Stati firmatari della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità si siano impegnati a monitorarne l’implementazione, l’ultimo sondaggio europeo sull’accessibilità risale al lontano 2012. Secondo questo sondaggio, i problemi di mobilità sono quelli che causano più difficoltà alle persone con disabilità in Europa. In particolare, 2 persone con disabilità su 5 hanno difficoltà ad usare i marciapiedi e ad attraversare al semaforo, la stessa proporzione ha difficoltà ad accedere ad edifici o spazi pubblici all’aperto, e un terzo delle persone con disabilità ha difficoltà a prendere taxi, autobus, treni o aerei.
Ma quali sono queste difficoltà? Abbiamo qualche risposta solo per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Innanzitutto, sappiamo che le persone con disabilità tendono a prendere più frequentemente i mezzi pubblici, e viaggiano per distanze più brevi (ma impiegano più tempo a percorrerle), rispetto alle persone senza disabilità. Tra gli ostacoli riportati dalle persone con disabilità che viaggiano, troviamo: zone pedonali non sicure, rischio di danneggiare i propri ausili, e comportamenti inappropriati di conducenti e degli altri passeggeri. In generale, viaggiare per le persone con disabilità è un’esperienza spesso frustrante e stressante.
Nel nostro articolo, usiamo dati su 27 Paesi europei per testare le seguenti ipotesi:
° A parità di altre condizioni, l’accessibilità dell’ambiente fisico è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità.
° Se si considerano le donne e le persone più povere, l’accessibilità è associata ad una riduzione del divario tra la soddisfazione delle persone con disabilità e quella delle persone senza disabilità ancora maggiore.
Entrambe le ipotesi sono verificate. In altre parole, le persone con disabilità sono più soddisfatte della propria vita nei Paesi più accessibili. Inoltre, l’accessibilità è particolarmente importante per le donne con disabilità e le persone con disabilità più povere.
Essere felici o provare soddisfazione rispetto alla propria vita non è un diritto, ma vivere in un mondo accessibile lo è. Vivere in un ambiente in cui l’accessibilità non è una priorità, ed è spesso ridotta ad un “problema tecnico” significa avere accesso a minori opportunità, non solo di realizzare le proprie ambizioni, quelle che contribuiscono alla soddisfazione della propria vita, ma spesso anche di sostentarsi. La mancanza di mezzi di trasporto accessibili potrebbe, per esempio, ostacolare una persona con disabilità nella ricerca di lavoro, o costringerla a lasciare il lavoro.
In una società in cui i montascale guasti vengono riparati dopo mesi (se vengono mai riparati), in cui i cani guida vengono spesso accarezzati senza il consenso della persona che guidano, e nei quali l’accessibilità non è ancora un diritto per le persone neurodivergenti, non c’è da stupirsi che le persone con disabilità siano meno soddisfatte della propria vita rispetto a quelle senza disabilità.
La minore soddisfazione delle persone con disabilità rispetto a quelle senza disabilità è per altro solo la punta dell’iceberg. L’accessibilità è solo una delle tante misure necessarie per rispettare la dignità delle persone con disabilità, garantire loro la stessa libertà di scelta che hanno le persone senza disabilità, e assicurare la loro piena ed effettiva partecipazione ed inclusione nella società sulla base di uguaglianza con le persone senza disabilità.
di Asya Bellia
Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi di Milano.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
10/12/2024 https://superando.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!