Voucher, e se l’errore fosse stato della Cgil?
A distanza di poche settimane dalla legge che ha eliminato i voucher, il Governo fa retromarcia e nella sostanza li ripristina.
La legge 25\2017 che aveva eliminato il voucher era dettata dalla certezza che una consultazione referendaria avrebbe visto soccombere il Governo e due sonore sconfitte, la prima al Referendum costituzionale dello scorso Dicembre, avrebbero sancito la crisi del pd e la caduta di Gentiloni.
Il governo ha solo guadagnato tempo e nel frattempo trovato un accordo con Grillo e Berlusconi per la nuova legge elettorale che smentisce anni di proclami contro i listini bloccati e determina la vittoria del ceto politico dominante che mira direttamente alla sua rielezione.
Furbizia, scaltrezza non sono doti che difettano a Matteo Renzi, una volta disinnescata la bomba referendaria, ha avuto tempo e spazio per costruire, con l’inganno, una nuova proposta di legge che ripristina i voucher.
La Cgil ha lanciato la sua mobilitazione per il 17 Giugno ma le tesi del principale sindacato sono debolissime. Non si tratta solo della violazione dei dettati costituzionali, ci si è fidati del Governo e nel frattempo non si è mosso un dito contro i decreti Madia, i licenziamenti che colpiscono innumerevoli aziende.
In queste settimane la Cgil ha fatto di peggio, sottoscritto una intesa in Alitalia poi smentita dal voto contrario dei lavoratori, abbandonato, per ora, il tavolo di trattativa all’Ilva ma lasciando aperta la porta per un accordo che allo stato attuale cancellerebbe 6400 dei 14 mila posti di lavoro attuali: Sia chiaro che un’eventuale intesa sull’Ilva determinerebbe magari la perdita di un numero inferiore di posti di lavoro rispetto a quelli oggi proposti ma sarebbero numeri comunque rilevanti, senza poi entrare nel merito delle politiche ambientale e siderurgiche (l’esempio Piombino è illuminante e in quel caso la Cgil ha sottoscritto un accordo che non solo ha cancellato posti di lavoro ma si contraddistingue per l’assenza di un piano industriale di rilancio della produzione).
L’attendismo e la subalternità della Cgil sui voucher sono stati un errore, ci si è fidati di un esecutivo che da sempre risponde ai poteri economici e finanziari forti e ai lavoratori riserva licenziamenti e repressione.
La Cgil non vuole rompere con il Governo, l’obiettivo è accordarsi su alcuni punti presenti nella Carta dei diritti, fermare il sistema di relazioni sindacali alla concertazione che con l’accordo sulla rappresentanza del Gennaio 2014 è stata archiviata dal Pd.
Il richiamo quindi al rispetto della Costituzione è legittimo ma politicamente debole (l’art 75 della Costituzione che parla esplicitamente di abrogazione totale o parziale sarà decisamente aggirato anche se nulla vieta al Governo di tornare sui suoi passi., del resto da settimane le associazioni padronali chiedono esplicitamente il ritorno del voucher perché le alternative al buono lavoro erano troppo costose per le aziende.
Forse qualche riflessione andrebbe fatta proprio sui dati Inps dai quali si evince che il voucher era uno strumento utilizzato soprattutto nel centro Nord, poco nel Sud, quindi ben poco utile a rompere la gabbia del lavoro nero, strumento per sostituire rapporti di lavoro a tempo determinato e indeterminato
Teoricamente il Governo dovrebbe tenere conto della volontà dei cittadini e prendere atto che il voucher, anche sotto altre spoglie, non va bene, in pratica nulla osta che in Parlamento approvino una nuova disciplina sul lavoro saltuario.
E’ la contraddizione tipica della democrazia borghese, da una parte riconosce dei diritti ma allo stesso tempo permette anche ai detrattori dei diritti di trovare un escamotage per costruire strumenti legislativi a solo ed esclusivo vantaggio dei padroni.
La questione è quindi un’altra, chi pensava di avere vinto una guerra sul fronte della precarietà dovrà ricredersi ben presto. Da anni assistiamo ad una opera di devastazione del diritto del lavoro all’insegna della riduzione delle tutele individuali e collettive, la cancellazione dell’articolo 18 è il caso piu’ emblematico da ricordare sempre.
I padroni non intendono rinunciare al lavoro saltuario o a una disciplina sui cambi di appalto che concretamente non tutela lavoratrici e lavoratori, sarà un luogo comune ma restano i rapporti di forza l’elemento dirimente per conquistare diritti , salario ed occupazione,
Non a caso lo Statuto dei lavoratori e le leggi sull’aborto e sul divorzio non sono figlie di una stagione riformatrice nel Parlamento ma il frutto di anni di lotte e di conflitti che hanno imposto determinate priorità alla classe politica.
Se invece pensiamo di limitarsi ad una azione il cui fine è rimettere nell’agenda parlamentare il tema del lavoro, siamo certi che non andremo lontano.
Il lavoro saltuario in assenza di conflitto torna quindi in auge e in Parlamento discutono del libretto di famiglia con un monte ore predefinito di prestazioni di lavoro, con una piattaforma informatica dell’Inps a cui iscriversi telematicamente e attraverso la quale sarà possibile acquistare un pacchetto di ore lavorative da utilizzare in alcune attività che vanno dalle ripetizioni, al babysitteraggio, dai piccoli lavori domestici alla assistenza domiciliare, praticamente una buona parte delle attività fino a Marco coperte dal voucher
Ogni ora lavorativa costerà 8 euro netti (10 euro lordi), a pagare sarà l’Inps che erogherà il compenso il giorno 15 del mese successivo.
Non ci sono quindi sostanziale differenze tra la proposta del Governo e il vecchio sistema dei voucher, anche uno sciocco capirebbe l’inganno , le poche modifiche portate (un lavoratore con il libretto non potrà superare annualmente il compenso di 5 mila euro, al massimo 2.500 per ogni singolo committente) restringono solo in minima parte la platea degli utilizzatori.
In queste ore stiamo percependo che anche sul fronte delle stabilizzazioni dei precari le promesse del Governo sono state solo funzionali al recupero di una credibilità persa tra i giovani, ma queste promesse sono state sufficienti per guadagnare il silenzio assenso della Cgil sui decreti Madia.
La proposta di legge parla anche di un nuovo «contratto di prestazione occasionale» facilitandone il ricorso per prestazioni occasionali e saltuarie, utilizzabile da datori di lavoro che abbiano piu’ di 5 dipendenti subordinati e a tempo indeterminato, quindi lasciato il voucher si va prefigurando un ricorso ancora piu’ massiccio alla precarietà ormai divenuta l’elemento caratterizzante le politiche del Governo.
E anche in materia di lavoro gratuito con la Legge Minniti siamo passati alla istituzionalizzazione per migranti e autoctoni della prestazione gratuita, per non parlare poi dei tirocini obbligatori nella scuola superiore,
Il nuovo contratto di prestazione occasionale sarà a disposizione per edili, agricoli , appalti di vario genere con il limite delle 280 ore annue a persona e anche in questo caso l’attivazione sarà telematica.
Il pagamento dei compensi , come per il libretto famiglia, sempre attraverso la piattaforma informatica Inps, 9 euro netti all’ora il compenso (con i contributi previdenziali e assicurativi diventano 12,37 euro lordi), tranne che nel settore agricolo che stabilisce il compenso minimo in base al ccnl nazionale.
Il voucher cambia pelle ma nella sostanza resta invariato, faranno passare questa legge per poi accorgersi che resteranno fuori alcuni settori, come lo sport e gli eventi, per i quali non è ipotizzabile solo il ricorso al lavoro gratuito e per questa ragione torneranno alla carica per estendere l’uso del libretto.
Ben venga allora la manifestazione del 17 ma per respingere il ritorno del voucher servirebbe ben altro, per esempio lo sciopero generale e il rifiuto di sottoscrivere accordi contrattuali al ribasso come sta avvenendo da tempo, una risposta ben piu’ incisiva degli appelli al Presidente della Repubblica che non si è fatto remore a sottoscrivere la Legge Minniti.
Ma diciamocelo con estrema franchezza e senza coltivare illusioni dannose: la Cgil ha troppo da perdere e non solo il business dei Caf, della previdenza e della sanità integrativa, un conflitto a tutto campo metterebbe in crisi il Pd e i vertici del principale sindacato italiano non intendono farlo. Una ragione in piu’ allora per spingere verso la costruzione di un modello sindacale conflittuale che sappia, come nel caso dei trasport,i unificare le sigle dentro un rinnovato e variegato percorso di lotte.
Federico Giusti
4/6/2017 http://www.controlacrisi.org/
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