Vuoti a perdere!
– Ma in questo mondo conta solo il profitto?
– Ma no! C’è anche il lucro!
(Altan)
Qualche tempo fa (febbraio 2019) si concludeva un intervento sul problema ambientale e di sfruttamento della ex Ilva Arcelor Mittal:
“… solo il cinismo di Arcelor Mittal potrebbe “salvare Taranto”. Secondo una prassi consumata, il gruppo dopo aver succhiato incentivi e sussidi pubblici sembra già alla ricerca di pretesti, ovviamente legato al mercato, per chiudere gli impianti abbandonando al loro destino i lavoratori. Di fatto il suo statuto di co-gerente in leasing e non proprietario, le faciliterà la mossa finale lasciando l’ennesima cattedrale industriale a degradarsi sul posto come una ferita avvelenata…”
Condizione, incentivi e sussidi permangono ancora oggi.
È notizia del 13/11/2022 che la direzione di Acciaierie d’Italia ha dichiarato di sospendere ogni ordine e rapporto con le aziende dell’indotto-appalti. Un indotto di 145 aziende (di cui 45 tarantine) dove sono impiegati circa 2000 lavoratori.
(Quotidiano di Puglia “Tsunami ex Ilva” – 13/11/2022 – pag. 4)
L’azienda, tra l’altro, è in attesa di ricevere due miliardi di euro previsti dai Decreti Aiuti Bis e Ter e versa in condizioni economiche piuttosto disastrate.
Ancora una volta vengono attivati meccanismi di ricatto al fine di riversare tutte le difficoltà economiche sulle spalle dei contribuenti e dell’ambiente.
Presupposto e complemento, dopotutto, delle idee liberiste che continuano ad implementarsi ovunque:
“… lo Stato deve dismettere le sue proprietà in società che svolgono attività economiche, essere improntato a maggiore “responsabilità” nei confronti delle imprese per tutelarne gli affari…”
La ex Italsider venne privatizzata nel 1995 e acquisita dal Gruppo Riva. Nel 2012 fu commissariata e venne posta sotto sequestro tutta l’area a caldo per disastro ambientale. A seguito dell’affidamento a commissari straordinari nel 2017 fu concessa in locazione temporanea, al fine di acquisirla del tutto, al gruppo Arcelor Mittal.
Nel 2019 il nuovo acquirente minacciò di chiudere la fabbrica a seguito della soppressione dello scudo penale legato alle responsabilità inquinanti della fabbrica che il parlamento aveva concesso dal 2012. Per evitare la sua chiusura l’11 dicembre 2020 venne firmato un “Accordo di Investimento” con Invitalia realizzando una partnership pubblico-privata. Tale accordo stabiliva due tranche di investimento pubblico: il primo di 400 milioni entro il 31 gennaio 2021 e l’altro di 680 milioni a maggio 2022 al closing dell’acquisto da parte di AM InvestCo. Società controllata da Arcelor Mittal affittuaria dei rami d’azienda che si faceva carico nell’accordo di un investimento pari a 70 milioni.
Il secondo investimento oltre a prevedere una acquisizione societaria da parte del soggetto pubblico in termini del 60% prevedeva però il suo perfezionamento soltanto attraverso “varie condizioni sospensive” legate ad una modifica del piano ambientale esistente (per sfuggire alle responsabilità dell’inquinamento ambientale procurato) che tenesse conto delle nuove modifiche del piano industriale e la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto nonché di tutte le misure restrittive nei confronti di AM InvestCo. (1)
A seguito di un’ordinanza del sindaco di Taranto, della Regione Puglia, e del Codacons, veniva intimata la chiusura dell’area a caldo, con ordine di spegnere gli impianti, ritenuti fonte di inquinamento, entro 60 giorni; e la prima tranche di finanziamento dei 400 milioni venne sospesa. Per reazione a tale sospensione Arcelor Mittal comunicò il rallentamento della produzione e degli investimenti previsti, non essendo stato adempiuto l’accordo con Invitalia; ma, in seguito, impugnata la sentenza del Tar di Lecce in appello, fu accolto il ricorso di Am e Ilva in Amministrazione Straordinaria, per “mancanze dei presupposti” di “necessità ed urgenza” …. “ponendo a sua base sia gli accertamenti compiuti dal Tar, sia i fatti nuovi sopravvenuti, quali il rapporto sulla valutazione del danno sanitario predisposto da Ara, Asl di Taranto e Press che definisce la situazione inaccettabile”. Vennero rimessi in attività gli impianti che si sarebbero dovuti fermare e fu richiamato il personale dalla cassa integrazione, tralasciando di saldare i debiti insoluti, pari a 35 milioni, alle aziende dell’indotto-appalti.
Il 14 aprile 2021 fu sottoscritto da Invitalia l’aumento di capitale di AM InvestCo Italy S.p.a. attraverso l’acquisizione di azioni ordinarie per 400 milioni come previsto dagli accordi dell’11/12/2020.
L’ingresso del pubblico avrebbe dovuto salvaguardare condizioni di lavoro migliori attraverso una bonifica degli impianti e rispetto delle utilizzazioni dei lavoratori, ma a maggio del 2021 ferie, festività non godute e riposi, nonché assenze per Covid-19 vengono convertite in Cassa Integrazione, e le ore di lavoro straordinario non furono neanche retribuite. (3)
Il 26 giugno 2021 venne negata una proroga ad Acciaierie d’Italia (Am & Invitalia) per la mancanza di messa a norma della batteria 12 della cokeria, prevista per il 30 giugno dall’autorizzazione integrale ambientale. A tale diniego ancora una volta senza esitare il 28 giugno l’Azienda richiede la sospensione in cassa integrazione di 4 mila lavoratori a Taranto e di 981 a Genova. (4)
A gennaio 2022, ripartendo la batteria 12 con l’altoforno 4, Acciaierie d’Italia fa rientrare 34 lavoratori per il riavvio della batteria 12 e 76 lavoratori per lavori di manutenzione sull’altoforno 4. Lavori di manutenzione irrilevanti considerando gli impianti vetusti, ormai sulla soglia dell’efficienza.
Nell’estate 2022, senza che ci fossero altri impedimenti alla produzione, le ferie estive del personale furono tramutate in Cassa Integrazione (a carico dunque di INPS) e in alcuni casi persino le assenze per donazioni sangue. Da parte dell’Ispettorato del Lavoro ad oggi pare non sia stata presa alcuna decisione in merito agli accertamenti dovuti (e compiuti?). (5)
Negli ultimi decreti Dl Aiuti Bis e Ter vengono previsti due miliardi di aiuti, ufficialmente per “produzione del preridotto di ferro con idrogeno da fonti rinnovabili”.
Nel 2020 e nel 2021 l’ex ILVA ha prodotto rispettivamente 3,4 milioni e 4,1 di tonnellate di acciaio. Emettendo in atmosfera nel solo 2020 8,3 Mt di CO2.
Oltre ai gas serra vengono emessi anche diversi inquinanti, tra cui polveri, diossine e idrocarburi policiclici aromatici (alcuni dei quali potenzialmente cancerogeni), principalmente derivanti dalla lavorazione del carbone e dall’utilizzo dei suoi derivati. (6)
Il 10/9/2022 l’amministrazione comunale ha revocato le limitazioni delle lezioni nelle scuole del quartiere Tamburi, a ridosso della fabbrica, durante i cosiddetti “Wind Days”; questo perché sembrerebbero risultare dei miglioramenti del contenimento dei vari inquinanti grazie ai sistemi di ventilazione degli istituti scolastici, grazie anche al ribasso della produzione dell’industria. Ma il benzene è risultato invece aumentato del 131% rispetto al 2019 e del 169% rispetto al 2018. (7)
Negli anni 2020-2021 le medie annue di benzene (cancerogeno certo) risultano in aumento rispetto a quelle registrate nel 2019, in particolar modo nelle centraline di Tamburi-Via Orsini e Via Machiavelli, entrambe classificate come industriali e poste nel quartiere Tamburi a ridosso dell’acciaieria. (7)
Ad oggi Acciaierie d’Italia risulta debitrice di 100 milioni di euro nei confronti delle imprese dell’indotto-appalti, con un pregresso di 300 milioni di bollette insolute con ENI, senza parlare degli impianti inutilizzabili per la scarsa manutenzione e obsolescenza.
Sembra davvero paradossale che si possano accettare tali ricatti per un impianto improduttivo sostenuto da fondi pubblici che arreca soltanto danni e sofferenze al territorio.
D’altra parte risulta inaccettabile che i cittadini subiscano inermi tali imposizioni. La grande mobilitazione a ridosso del sequestro degli impianti del 2012 per “disastro ambientale” sembrava potesse avere degli sviluppi efficaci, seppure circoscrivendo il problema partendo dalla richiesta di chiudere la fabbrica e attivare una bonifica del sito inquinante (l’area occupa 15 milioni di metri quadri, più del doppio della stessa città). Ma tale percorso è risultato nel tempo indebolito e le soggettività appaiono quasi rassegnate, vittime dell’impotenza. In parte per la delusione di aver posto credito verso i 5S, che rivendicavano la chiusura della fabbrica, e d’altra parte, cosa piuttosto rilevante, per non essere stati capaci di far convergere il problema ambientale all’interno del processo di sfruttamento, sia dell’ambiente, sia del lavoro salariato posto come unica fonte di reddito.
In questi ultimi tempi si riscontra soltanto un debole e infruttuoso impegno di alcune associazioni, le cui azioni sono risultate poco efficaci sia verso le istituzioni sia verso una significativa partecipazione cittadina. (8)
L’unica istanza rilevante sembra essere quella dei sindacati che al fine di salvaguardare i posti di lavoro (ma non l’ambiente e il territorio) rivendicano che lo Stato provveda ad elargire i finanziamenti promessi all’azienda, svincolandola magari anche dagli impegni previsti dal piano industriale. Prospettiva miope, sostanzialmente ancillare, destinata al naufragio in tempi non lunghi.
NOTE
(1)https://www.acciaierieditalia.com/it/comunicati-stampa/accordo-arcelormittal-invitalia/
(2)https://www.ilsole24ore.com/art/arcelormittal-arcuri-presto-invitalia-400-milioni-euro-ADQYIVSB
(3)https://www.corriereditaranto.it/2021/05/11/arcelormittal-ferie-e-riposi-in-busta-paga-come-cig/
(4)https://www.agi.it/cronaca/news/2021-06-28/nuova-cassa-integrazione-lavoratori-ex-ilva-13081271/
(6)https://eccoclimate.org/wp-content/uploads/2021/11/Taranto-e-acciaio-primario-in-italia.pdf
(7) https://www.peacelink.it/tarantosociale/a/49210.html
10) https://www.peacelink.it/tarantosociale/a/49225.html
Franco Oriolo
21/11/20220 http://effimera.org
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